Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 11/05/2011, in Politica, linkato 3083 volte)
Moratti e la destra sono in difficoltà e quindi disposti a qualsiasi porcheria. Lo sapevamo e, infatti, oggi al primo e unico faccia a faccia televisivo, che va in onda su Sky, la Moratti è passata agli attacchi personali, alle bugie più sfacciate e, per giunta, senza che Pisapia avesse la possibilità di replicare.
Ecco cos’è successo. Le rigide regole del faccia a faccia prevedevano che Pisapia parlasse per primo e che, quindi, l’ultima parola spettasse alla Moratti. E quell’ultima parola l’ha usato per dare del “ladro” a Pisapia, sostenendo che lui “è stato riconosciuto colpevole dalla Corte di Assise del furto di un veicolo utilizzato poi per un sequestro e il pestaggio di un giovane. Poi è stato amnistiato''. Peccato però che sia tutto falso, visto che in realtà Pisapia fu vittima di un errore giudiziario e, infine, assolto con formula piena per non aver commesso il fatto.
O per dirla con la sentenza della III Corte d’Assise d’Appello di Milano del 1985: “In conclusione non vi è prova – né vi sono apprezzabili indizi – di una partecipazione del Pisapia, sia pure solo sotto il profilo di un concorso morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l’imputazione di furto, dalla quale l’appellante va pertanto assolto per non aver commesso il fatto”. Chiaro?
Insomma, da codarda ha tirato fuori la sua bugia all’ultimo secondo, pensando così di far passare sui media la storiella di “Pisapia ladro”. E poi, da che pulpito! Proprio lei, che come candidati consiglieri si porta dietro i Lassini (“fuori le Br dalle Procure”), i Clemente (“che muoia come un cane” rivolto al commerciante che non voleva pagare il pizzo) e gli Osnato (indagato per tangenti e turbativa d’asta), senza parlare degli abusi edilizi del suo figliolo che pensava di sanare con il nuovo Pgt e tralasciando tutte le vicende giudiziarie del suo capo Silvio.
Bene ha fatto Giuliano Pisapia a rifiutare di stringere la mano a questa signora alla fine del “confronto” televisivo e a presentare poi querela per diffamazione aggravata. E bene faremo noi ad andare in massa alle urne per cacciare via la bugiarda!
 
Luciano Muhlbauer
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare l'originale del dispositivo della sentenza di primo grado e delle motivazioni di assoluzione della sentenza di secondo grado

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Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale online Paneacqua il 17 maggio 2011
 
Si percepiva che qualcosa stava cambiando, si respirava un clima diverso e nuovo. Un po’ di colore cercava di farsi largo nel grigiore e nelle solitudini di una città sfregiata dal ventennale dominio berlusconian-leghista. Una voglia di risorgere, di riconciliare Milano con se stessa o semplicemente di riconquistare il sorriso, prima ancora di quell’esigenza, divenuta ormai corporea, di calare il sipario su sciura Letizia e il suo vice De Corato, che cominciava a straripare da piazze piene all’inverosimile, come non si era mai visto in occasione di elezioni comunali a Milano. Nell’ultima settimana di campagna elettorale era un crescendo continuo, dai 20mila giovani che hanno riempito piazza Duca D’Aosta per il concerto Milano libera tutti fino ai 40 o 50mila di piazza Duomo, venerdì sera.
In mezzo c’è stata pure l’infamata della Moratti, con la bugia del Pisapia “ladro”, trasformatasi poi in Pisapia “amico dei terroristi”. Ma nemmeno questo agguato, realizzato nel più puro stile berlusconiano, ha modificato il corso degli eventi, anzi, l’ha accelerato e reso più netto.
Quindi, ce l’aspettavamo ormai che il ballottaggio fosse alla portata, ma, francamente, che il risultato del primo turno potesse essere addirittura 48,04% (315.862 voti) per Pisapia e 41,58% (273.401 voti) per la Moratti, questo no. Ce lo impedivano la storia di vent’anni di sconfitte e, soprattutto, la nostra scaramanzia. E, a tutto questo, va aggiunto che non si è verificato nemmeno la temuta forbice tra il voto al candidato Sindaco e quello ai partiti della sua coalizione, che invece hanno retto benissimo, trainati da Giuliano Pisapia.
La disfatta della destra è stata omogenea in tutta la città. La Moratti, che prende peraltro meno voti della sua coalizione, è rimasta dietro Giuliano Pisapia in tutte le zone della città, compreso il centro storico. Ed è impressionante il calo di consensi delle destre rispetto ad un anno fa (elezioni regionali), ben superiore a quello che ha portato via il terzo polo: l’insieme della coalizione di centrodestra è sceso dal 51% (261.859) al 43,28% (257.777), il Pdl dal 36,01% (184.896) al 28,74% (171.222) e la Lega dal 14,49% (74.403) al 9,63% (57.403). E tutto questo in presenza di un aumento significativo dell’affluenza alle urne rispetto all’anno scorso, di quasi 7 punti, cioè 70mila elettori in più!
Si aggiunga, inoltre, che Berlusconi, il quale aveva chiamato al referendum su se stesso, candidandosi come capolista e chiedendo una valanga di preferenze, ha invece dimezzato le sue preferenze rispetto a 5 anni. Peraltro, lo segnaliamo per i cultori della materia, non è andata molto meglio neanche al vicesindaco De Corato, campione di sgomberi, provocazioni e parole inutili.
Infine, facendo un excursus extra-milanese, va sottolineato che la Lega non è andata bene praticamente da nessuna parte, compreso il caso più che simbolico di Gallarate (Va), dove la Lega intendeva sperimentare il suo “piano B”, contrapponendosi direttamente al Pdl. Lo stesso Bossi si era speso parecchio nella campagna elettorale del suo candidato sindaco, ma è finita che al ballottaggio vanno il candidato del Pdl e quello del centrosinistra!
Dalla parte della coalizione di centrosinistra (Pd, Sel, FdS ecc.), invece, tutti i partiti tengono o crescono rispetto all’anno scorso, con l’eccezione dell’IdV, che scende dal 7,60% al 2,54%, pagando probabilmente il prezzo della sua estraniazione dalle primarie.
Il Movimento 5 Stelle, da parte sua, si è attestato, a nostro modo di vedere, al sotto delle sue potenzialità (3,22% Calise, 3,43% la lista), perché la massima “sono tutti uguali” fatica davvero a funzionare con un candidato come Pisapia.
Ma eccoci alla madre di tutte le domande: come si spiega questo (quasi) miracolo a Milano? Con la parabola discendente del berlusconismo sul piano generale, con Giuliano Pisapia o con altri fattori?
In primo luogo, è nostra convinzione che la distinzione tra piano nazionale e piano milanese ha senso fino a un certo punto. Cioè, è senz’altro vero che il voto evidenzia una stanchezza generale rispetto al berlusconismo, ma è altrettanto vero che il berlusconismo e il leghismo sono creature politiche nate a Milano, che qui trovano la loro roccaforte e il loro cuore, anche simbolico.
In altre parole, Milano è il luogo che ha sperimentato fino in fondo il potere politico, economico e culturale delle destre ed è, quindi, questo il luogo che può porvi fine, che ha la responsabilità di farlo. Se le destre perdono Milano, allora si apre la strada perché perdano anche il governo del paese. In questo senso, i destini di Milano e quelli del resto dell’Italia sono strettamente legati ed è Milano che oggi può/deve indicare la via d’uscita.
In secondo luogo, è nostra assoluta convinzione che senza Giuliano Pisapia candidato Sindaco oggi non saremmo qui a discutere di tutto questo. Senza nulla togliere agli altri candidati delle primarie o ad altre ipotesi che erano in campo, apertamente o meno, prima delle primarie, nessun altro candidato avrebbe potuto coalizzare uno schieramento politico così ampio, né a raccogliere consensi così trasversali, tra periferia e centro, tra giovani e anziani. Giuliano ha raccolto consensi tra i ceti popolari, ma anche tra la borghesia milanese (che sembra, almeno in alcune sue parti non irrilevanti, abbandonare la nave berlusconiana) e li raccoglie tra i movimenti, così come tra i moderati.
Molti avevano pensato (e qualcuno forse non ha smesso nemmeno ora) che alcune caratteristiche di Giuliano fossero delle debolezze e degli ostacoli. È un uomo di sinistra e rivendica di esserlo (oddio!), è un uomo mite e fa scrivere pure sui manifesti elettorali “la forza gentile”, non è un oratore nato e non è a suo agio nelle risse televisive. E così, prima avevano pronosticato che avrebbe perso miseramente le primarie e, poi, che la sua candidatura a Sindaco fosse un regalo per le destre e un suicidio per il centrosinistra. Giuliano e i fatti si sono incaricati di smentirli tutti.
Ebbene sì, perché le “debolezze” di Giuliano erano in realtà la sua forza. In città lo conoscono in tanti, dai salotti alle piazze, per la sua storia e per il suo essere “antropologicamente” diverso (ha ragione Berlusconi) dalla Moratti, da De Corato o da Salvini. Proprio per quello ha potuto fare quello che ha fatto. Aveva, insomma, la credibilità e l’umiltà necessarie per coagulare attorno a sé un vasto schieramento politico, sociale e culturale. Ha definito un blocco o, meglio, ha iniziato a definire un blocco sociale plurale che può sostenere il risorgimento milanese.
Ma la lezione di Giuliano è anche e soprattutto politica: l’alternativa alle destre non si costruisce al tavolino del politicismo, né sacrificando la sinistra per rincorrere il centro (o peggio). Anzi, occorre immergersi tra le persone in carne ed ossa, mostrandosi per quello che si è, puntando sull’unità e su un programma trasparente ed alternativo. E crederci! Così, Giuliano Pisapia è riuscito a mettersi in sintonia con la voglia di cambiamento che a Milano covava e cova sempre più forte.
Ma ora dobbiamo guardare avanti. Tra due settimane si vota per il secondo turno. Loro si stanno leccando le ferite, ma la partita non è ancora chiusa. Tenteranno ogni cosa pur di non perdere Milano. Quindi, noi non dobbiamo fermarci nemmeno per un secondo, dobbiamo guardare avanti, sempre con i nervi saldi, continuare a girare sul territorio, parlare con le persone, convincerli di votare di nuovo, se hanno già votato Pisapia, o di votare per prima volta Pisapia.
Ce la possiamo fare, quindi facciamolo!
 
 
Calma e gesso! Può suonare un po’ banale e forse anche ripetitivo, visto che un appello del genere l’avevamo già formulato un mesetto fa su questo blog. Ma non lo è affatto, poiché mancano solo pochi giorni al voto e la destra tenta ormai il tutto per tutto pur di non perdere Milano. E di questo tutto fa parte anche la provocazione e la ricerca ossessiva e sistematica dell’incidente e del fattaccio pur di accreditare le proprie bugie sul conto di Pisapia.
Siamo rimasti scossi un po’ tutti dalla violenza dell’offensiva di Berlusconi, post-fascisti e Lega contro Giuliano e diversi di noi si sentono anche disorientati. Beninteso, questo è perfettamente comprensibile, perché siamo umani ed il contrasto tra la nostra bella euforia del 16 maggio e la brutalità della loro campagna d’odio è davvero eclatante. Eppure, comprensibile o no, dobbiamo armarci di santa pazienza, mobilitare la nostra intelligenza e, soprattutto, non cadere nel tranello.
La loro campagna ha due obiettivi: primo, cercare di motivare quella parte del loro elettorato che al primo turno si era astenuta e, secondo, disorientare e fiaccare il nostro elettorato, perché non tutti quelli e quelle del primo turno tornino a votare al secondo. È un obiettivo quasi disperato, visti i numeri, ma proprio per questo sono disposti a qualsiasi cosa, perché ora non hanno più nulla da perdere. Anzi, rischiano di perdere l’unica cosa che gli interessa davvero, cioè il potere.
Non rispetteranno più alcuna regola, scritta o non scritta, e dobbiamo saperlo. L’occupazione quasi militare dei Tg né è stato esempio lampante.  Le accuse, gli insulti e le bugie sono e saranno senza freni e limite: da “zingaropoli” a Pisapia “estremista" e “amico della sinistra dei centri sociali”, dalla Milano “mecca di gay e clandestini” fino all‘esilarante “Pisapia è, metaforicamente parlando, un Anticristo. Che le Scritture descrivono come personaggio suadente.”, lanciato dalla rivista ciellina Tempi (non è una battuta, andate a vedere qui). Ci sono e ci saranno promesse di ogni tipo, anche quelle più incredibili e pazzesche: Ministeri a Milano, no tax area, abolizione dell’Ecopass, condono per le multe (sono 600mila le cartelle esattoriali già spedite dalla Polizia Locale milanese tra gennaio ad oggi e quindi nemmeno condonabili senza un’apposita legge nazionale) eccetera.
C’è tutto questo, ma gli manca qualcosa: il fattaccio da esibire, appunto. E se non c’è tentano di inventarselo, come nel caso della madre dell’assessore Rizzi, che sarebbe stata aggredita ieri da un sostenitore di Pisapia. Le frange di picchiatori dietro Giuliano ‘il mite’, strilla il Giornale. Non è vero niente, non si trova traccia di quell’aggressione nemmeno nei verbali delle forze dell’ordine, ma chi se ne frega!
La verità è banale e suona così: con tutti i soldi e il potere mediatico che hanno è però maledettamente difficile convincere i milanesi che Pisapia sia in realtà il lupo travestito da agnello e il capo dell’estrema sinistra violenta, se poi manca l’inquadratura giusta.
Per questo provocano, cercando l’incidente. In questi giorni sono arrivate segnalazioni a valanga che lo testimoniano. Troppo lungo elencarle. Molte sono vere, altre sono piuttosto il frutto del nervosismo che si è fatto largo dalle nostre parti, specie sui territori, tra i volontari, tra quelli che si sbattono ogni giorno per la campagna di Giuliano. Comunque sia, il clima è questo e, in ultima analisi, è il clima che conta.
Ebbene, se il gioco della destra è questo, cioè provocare, innervosire, cercare lo scontro e il fattaccio, allora noi non dobbiamo stare al gioco. Giuliano Pisapia oggi l’ha detto in maniera biblica: “porgere l’altra guancia”. Ognuno e ognuna di noi lo dica come gli pare, ma il punto è sempre questo: non dobbiamo accettare provocazioni, né farci innervosire. Calma e gesso, dunque! Sangue freddo, nervi saldi, occhi aperti eccetera eccetera.
A volte è dura, lo so, perché c’è un limite agli insulti e alle prese per il sedere che uno/a può sopportare, ma lo dobbiamo fare per una buona causa, cioè per sgomberare da Palazzo Marino Moratti, De Corato, Salvini e tutta la destra che da 18 anni sta soffocando Milano.
Insomma, se loro fanno così è perché hanno paura e perché sanno che stanno per perdere. E noi, se vogliamo finire il lavoro iniziato al primo turno, dobbiamo essere all’altezza dello scontro, tenere duro e mobilitare tutte le nostre energie quest’ultima settimana per riportare al voto quelli e quelle che hanno votato per Pisapia al primo turno e per convincere chi non l’ha ancora fatto a farlo il prossimo fine settimana.
E lo dobbiamo fare seppellendo le loro provocazioni con il nostro sorriso.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
A Milano sta succedendo qualcosa, indubbiamente, e quel 48% per Giuliano Pisapia al primo turno ne è una fedele rappresentazione. Ma attenti, non dobbiamo pensare che sia già tutto fatto, che ormai il ballottaggio sia soltanto una formalità, perché in questi ultimi dieci giorni la destra ha lavorato, seminando veleni, paure e bugie, attivando le clientele con promesse e favori e utilizzando strutture anche pubbliche per la propaganda elettorale.
Beninteso, non penso che siano riusciti a capovolgere il mondo, poiché il vento e l’onda sono buoni, ma se noi commettiamo l’errore di rilassarci o peccare di presunzione, allora finiamo per darci una zappa sui piedi. In altre parole, perché quello che sta succedendo a Milano succeda davvero, dobbiamo impegnarci fino all’ultimo minuto, cioè fino alle ore 14:59 di lunedì 30 maggio, per portare al voto per Giuliano quelli e quelle che lo hanno votato al primo turno e poi anche altri che invece non l’avevano ancora votato.
Sottovalutare l’avversario è sempre cattiva politica. Ne sanno qualcosa quei ciclisti che dopo aver dominato in modo incontrastato la gara si fanno superare allo sprint, a pochi metri dal traguardo. La Moratti, Berlusconi e la Lega, la destra che governa Milano da 18 anni, insomma, aveva preso una bella botta due settimane fa. Ci avevano messo qualche giorni per riprendersi, ma poi sono partiti, incattiviti, senza più regole e limiti. La bugia della Moratti sul Pisapia-ladro-d’auto-e-amico-dei-terroristi, a confronto, sembrava quasi roba da oratorio.
Zingaropoli islamica, prostituzione a go go, Al Qaeda in Duomo e il Soviet a Palazzo Marino, la moschea più grande dell’Europa, anzi moschee in ogni quartiere, l’invasione di “due milioni di rom” (copyright De Corato), stanze del buco in tutta la città eccetera. C’era pure un Pisapia-Anticristo (Tempi) e la storiella di Pisapia che vuole sopprimere i cani più vecchi del canile, che gira da una settimana. Tutto ciò farebbe ridere se non fosse così immensamente triste.
Oltre alle balle e alle calunnie c’erano però anche le promesse, in pieno stile Lauro (Napoli, anni ’50, vi ricordate?). Invece dei pacchi di pasta si promette di togliere le multe, anche se quelle multe la Moratti non le può togliere, per il semplice motivo che ci vorrebbe una legge dello Stato (come le aveva spiegato la Corte dei Conti già un anno fa). Insomma, mente sapendo di mentire.
Ma la più eclatante delle promesse è senz’altro l’annuncio in zona Cesarini che da ottobre i residenti di Milano (ma non quelli di Sesto o di Rho) non dovranno più pagare l’Ecopass. Ma come? Fino a metà maggio l’Ecopass era la prova lampante del buon governo morattiano e ora, invece, il sindaco uscente si vanta di averlo abolito? In altre parole, la destra cerca di salvarsi in extremis non solo omettendo le tante cose non fatte, ma addirittura prendendo le distanze dalle poche cose fatte.
Infine, ci sono state anche le drammatizzazioni e le provocazioni, la ricerca sistematica ed ossessiva dell’incidente o del fattaccio. Ed è accaduto ancora ieri notte. Comunque, se non arrivava, allora si trasformava il nulla in un’aggressione, com’era accaduto l’ultimo fine settimana, che ha rappresentato forse il culmine della campagna d’odio della destra.
La loro offensiva è stata violenta e volgare, ma non è riuscita ad avvelenare il clima tra di noi, tra quanti e quante sostengono Giuliano Pisapia. E questo è forse il principale dei loro fallimenti e la più bella delle nostre vittorie. Si è visto già martedì scorso: prima l’accoglienza trionfale di Giuliano in Bocconi e poi le migliaia di bici, come non si era mai visto, che hanno attraversato Milano per Giuliano Sindaco. Uno segno inequivocabile dell’aria che tira, così come lo è il clamoroso flop del concerto per la Moratti di ieri sera in piazza Duomo.
Insomma, siamo stati bravi, tutti e tutte, dai movimentisti più incalliti ai moderati più puri. Abbiamo tenuto a freno i nervi e, soprattutto, non abbiamo mai perso l’entusiasmo e il sorriso. Anzi, la creatività ha prodotto un’ironia bellissima, come la canzone Pisapia Canaglia o il video Il favoloso mondo di Pisapie. E l’onda è cresciuta ancora e ci fa dire, appunto, che a Milano sta succedendo qualcosa. Insomma, saremmo dei pazzi a non tenere duro fino all’ultimo secondo. Questa volta, il lavoro iniziato va finito! Per riposare ci sarà tempo, dopo lunedì.
 
Luciano Muhlbauer
 
COME SI VOTA:
in fondo, il ballottaggio è una cosa semplice semplice. Ci sono soltanto due opzioni (A o B, Pisapia o Moratti) eppure c’è confusione, dovuta probabilmente alla presenza sulla scheda anche dei simboli dei partiti della coalizione che sostiene il candidato sindaco (vedi facsimile allegato).
Alla confusione naturale si aggiunge però anche la confusione generata ad arte da informazioni volutamente false, come quelle propinate oggi dalle inserzioni a pagamento sulle freepress in distribuzione in metropolitana, come Leggo o City. Infatti, una pagina intera dedicata al quesito “come votare”, a firma di “www.comune.milano/amministrative 2011”, che afferma che una croce messa sul simbolo di una o più liste collegate al sindaco prescelto sia un “voto non valido”. Questa affermazione è falsa!
 
Come si vota dunque:
  1. Mettendo una croce sul nome del candidato Sindaco, cioè Giuliano Pisapia. Dite a tutti e tutte di fare così!
  2. Comunque, se qualcuno mette la croce non sul nome di Pisapia, ma su un simbolo di partito collegato a Pisapia, allora questo voto per Pisapia è valido lo stesso! Questo invece dovete dirlo a tutti gli scrutatori, presidenti di seggio o rappresentanti di lista che conoscete, perché le false info messe in giro servono esattamente a fare confusione lì e fare, dunque, invalidare voti buoni!
 
Per approfondimenti, anche di carattere normativo, andate sulla pagina dedicata del sito di Pisapia (clicca qui).
 
I seggi sono aperti domenica 29 maggio, ore 8:00 – 22:00, e lunedì 30 maggio, ore 7:00 – 15:00.
 
Cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il facsimile della scheda
 

Scarica Allegato
 
Volevo scrivere qualcosa immediatamente, appena arrivato a casa da piazza Duomo, dopo la bellissima festa del 30 maggio. Ma non ce l’avevo fatta, troppo tardi, troppa stanchezza. E non ce l’ho fatta nemmeno ieri, perché il telefono squillava in continuazione e, soprattutto, la mia mente assomigliava a un frullatore in piena attività. Ma poi mi hanno chiamato dal Manifesto, dicendomi che volevano intervistarmi. E così, mi hanno costretto a mettere in fila qualche primissimo ragionamento, risolvendomi en passant anche il problema di che cosa mettere qui sul blog. Eccovi dunque l’intervista, così come pubblicata oggi su il Manifesto:
 
Intervista / DOPO UNA BELLISSIMA PRIMAVERA MERITIAMO UN'ESTATE MERAVIGLIOSA
«Giuliano ha rotto la cappa che opprimeva i milanesi»
di Giorgio Salvetti – Milano

Piove o tira vento, Luciano Muhlbauer è sempre presente. Da anni, all'alba o a notte fonda, non c'è presidio, sgombero, sciopero, mobilitazione anche di quattro gatti, senza che Luciano sia lì a cercare di fare il possibile per dare una mano, portare solidarietà, far ragionare anche i più testardi senza mai farli sentire soli. Sempre in mezzo alle persone e alla società ma con ben chiaro in testa il quadro politico generale. Fino allo scorso anno è stato consigliere regionale del Prc e alle ultime regionali è stato l'uomo più votato a sinistra. E' una delle colonne dello staff di Pisapia. Vederlo correre a gestire l'enorme festa in piazza Duomo è stata una delle immagini-simbolo della nuova Milano che verrà.
 
Come stai il giorno dopo?
Sono felicemente distrutto per una fatica dovuta a una grande gioia. Non credo di esagerare se dico che ho sentito un assaggio di liberazione. Mentre aspettavo i primi dati ho incrociato il mio ex preside di facoltà con i capelli bianchi. Ci siamo guardati e in un attimo abbiamo realizzato che quando la destra prese il potere a Milano non ero ancora laureato. E' passata una vita. Ho pensato: o oggi o mai più.
Poi la festa in Duomo, e tu dovevi fare in modo che andasse tutto bene in quel casino?
E' stato uno splendido caos creativo. Siamo abituati alle simpatiche pecche delle cose organizzate da militanti e volontari, ma l'altra sera è stato davvero incredibile. Il palco piccolo, solo un pezzo di quello del Giro d'Italia, sembrava un fortino assediato da una marea affacciata a piccolissime transenne. Tutti si sono dati da fare perché filasse tutto liscio: a un certo punto ho visto Gino Strada correre a soccorrere una ragazza svenuta! Una serata indimenticabile, un'immagine della grandissima forza creativa e spontanea che Milano sa esprimere e con cui ha saputo battere la macchina rabbiosa del centrodestra.
Tu che hai vissuto da vicino l'evoluzione politica e sociale della città, come leggi questa straordinaria primavera milanese? Che cosa è davvero successo a Milano?
E' successo che c'è stato l'uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Milano viveva sotto una cappa opprimente fatta di rancore, paure e facce sempre incazzate. Un amico di ritorno da Istanbul mi disse: «Là sì che i giovani hanno spazi e possibilità...» , e questo dice come si sentivano i milanesi. Tutta la città soffriva il senso di soffocamento che gli veniva imposto ma non riusciva a trovare un strada, un sentiero per uscirne. Giuliano Pisapia si è messo a disposizione di questo bisogno di liberazione e di questa voglia di partecipazione. Sono convinto più che mai che solo lui poteva farlo, perché per la sua storia era l'unico in grado di far esprimere insieme tutta la città, dai militanti del movimento alla borghesia illuminata. E poi il suo carattere, il suo modo di porsi così poco studiato, da assoluto anti eroe, quella è stata la sua forza. I milanesi lo hanno sentito come uno di loro, non come un politico. Non a caso tutti lo chiamano semplicemente Giuliano.
Questi i meriti di Pisapia e della sinsitra, e i demeriti della destra?
Hanno perso il contatto con Milano e con i loro elettori. Berlusconi in fase declinante ha voluto fare un referendum perdente su di sé. Hanno agitato le solite paure con ancora più forza e hanno fatto una serie di autogol. Ma cos'altro potevano fare? Non avevano altro da dire, chiusi in un angolo senza più sogni o aspettative, vero o false, da offrire. Non è un caso che la Moratti negli ultimi giorni si sia dovuta dissociare anche dalle poche cose che aveva fatto, come l'Ecopass. Il centrodestra ha smesso di comprendere le città. Da nord a sud. Noi possiamo dire con orgoglio che da Milano abbiamo dato un contributo determinante per cambiare il vento in tutto il paese. Qui è nato il berlusconismo e solo qui poteva e doveva finire. Abbiamo fatto la nostra parte, adesso bisogna concludere l'opera a livello nazionale.
Cosa deve fare il centrosinistra?
Dopo tanti anni di rincorse al centro o a destra che hanno prodotto infinite sconfitte, queste elezioni dimostrano che si è vinto riscoprendo quello che siamo ma anche tenendo conto di tutte le peculiarità della coalizione. Non si vince puntando al centro del palazzo ma al centro delle donne e degli uomini, lavorando nella società. Il berlusconismo sta finendo ma non è finito e chissà quanti danni può ancora fare. La vittoria nelle città impone l'urgenza ma anche la possibilità di proporre una alternativa al berlusconismo in tempi brevi. Altrimenti l'alternativa la proporrà qualcun'altro da un altro lato.
Milano però si aspetta subito un segnale che il vento è cambiato davvero.
Sappiamo che tutto quello che abbiamo fatto fino a qui è stato la parte più facile. Prima di tutto bisogna capire quanti buchi di bilancio sono stati fatti. Certo, tutti parlano della giunta. Bisogna dare subito il messaggio a tutti i milanesi che questa non è stata solo un bella campagna elettorale. Penso alla mobilità, ai giovani e all'economia, alla rete wi-fi. Ma soprattutto questa città ha bisogno di respirare, di riscoprire la voglia di stare insieme nelle piazze, a sentire musica. Sono cose semplici che da anni non si potevano fare. Dopo una bella primavera bisogna dare alla città un'estate meravigliosa.

Milano, 1 giugno 2010
 
 
Domenica e lunedì si vota per i referendum. Voteremo per tutti e quattro i referendum nazionali, visto che ieri la Corte Costituzionale ha fatto naufragare anche l’ultima furbizia del Governo, che voleva impedire ai cittadini e alle cittadine di esprimersi liberamente sull’energia nucleare. A Milano, poi, voteremo anche per i cinque referendum cittadini “consultivi di indirizzo”.
In questa sede ci risparmio, ovviamente, una dettagliata argomentazione della mia posizione favorevole ai quesiti referendari, poiché considero questo blog da sempre sufficientemente schierato sul merito delle questioni sollevate (beni comuni, energia pulita, uguaglianza davanti alla legge, temi ambientali). Mi limito pertanto a ribadire il miei sì ai 4 referendum nazionali (per l’acqua pubblica, per fermare le centrali nucleari e per abrogare l’ennesima legge ad personam di Berlusconi) e a dire che penso di votare sì anche ai 5 quesiti milanesi, che sono certamente soltanto di carattere consultivo e sicuramente non perfetti, ma ritengo che un responso positivo dell’elettorato aiuterebbe non poco il nuovo Sindaco ad indirizzare la politica cittadina verso una maggior sensibilità all’ambiente, allo sviluppo del trasporto pubblico e al contrasto della cementificazione.
Detto e ribadito questo, arriviamo però al punto vero. Cioè, come hanno dimostrato le truffe governative tese a far saltare dei quesiti all’ultimo momento (sul nucleare anzitutto) e lo scandaloso boicottaggio informativo sulle tv, la vera partita si gioca sul quorum (serve il 50% più uno di affluenza alle urne perché il referendum sia valido), visto che ormai tutti danno per scontato che i “sì” prevarranno sui “no”. Ecco perché è decisivo, da parte nostra, usare questi ultimi giorni per convincere più persone possibili ad andare alle urne e per far circolare una corretta informazione su che cosa è in gioco con questi referendum. Quest’ultimo aspetto, poi, è ancora più importante per quanto riguarda Milano, perché gli elettori milanesi si troveranno in mano ben 9 schede e la maggior parte neanche lo sa!
Quindi, nel rinnovarvi l’invito pressante ad andare a votare e convincere anche altri ed altre a farlo, eccovi di seguito le informazioni su quando, come e cosa si voterà domenica e lunedì.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
QUANDO votare
Le urne sono aperte domenica 12 giugno, dalle 8:00 alle 22:00, e lunedì 13 giugno, dalle 7:00 alle 15:00.
 
COME votare
Occorre, come già al ballottaggio di due settimane fa, un documento d’identità e la tessera elettorale. Se avete smarrito quest’ultima durante i festeggiamenti per la vittoria di Pisapia, allora dovete andare in Comune a farvene rilasciare una nuova (i milanesi trovano tutte le info al riguardo qui).
Votare è semplicissimo, perché basta mettere su ogni scheda (4 per i referendum nazionali e 5 per quelli milanesi) una X sull’opzione prescelta, cioè sul SÌ (ricordo che nel caso dei referendum nazionali votare “sì” significa abrogare le norme sottoposte a referendum, mentre nel caso di quelli consultivi cittadini votare “sì” significa rispondere affermativamente alla domanda posta sulla scheda).
In allegato a questo post trovate dei facsimile delle schede.
 
COSA si vota
 
Referendum nazionali (riporto le denominazioni sintetiche, così come formulate dall’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte Suprema di Cassazione):
 
referendum popolare n. 1Scheda di colore rosso - Modalità e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione; il quesito prevede l'abrogazione di norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati.
referendum popolare n. 2Scheda di colore giallo - Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norme; il quesito propone l'abrogazione delle norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l'erogazione dell'acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore.
referendum popolare n. 3Scheda di colore grigio - Abrogazione dei commi 1 e 8 dell'articolo 5 del dl 31 marzo 2011 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2011, n. 75. Abrogazione parziale di norme; il quesito propone l'abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare.
referendum popolare n. 4Scheda di colore verde - Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale; il quesito propone l'abrogazione di norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.
 
Referendum cittadini consultivi di indirizzo (Comune di Milano):
 
Referendum n. 1 - Scheda di colore marrone - richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per ridurre traffico e smog attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di “ecopass” e la pedonalizzazione del centro:
“Volete voi che il Comune di Milano adotti e realizzi un piano di interventi per potenziare il trasporto pubblico e la mobilità “pulita” alternativa all’auto, attraverso l’estensione a tutti gli autoveicoli (esclusi quelli ad emissioni zero) e l’allargamento progressivo fino alla “cerchia ferroviaria” del sistema di accesso a pagamento, con l’obiettivo di dimezzare il traffico e le emissioni inquinanti?
In particolare gli interventi richiesti sono:
a. il raddoppio entro il 2012 dell’estensione delle aree pedonali, sia in centro che in periferia, comprendendo per lotti l’intera area della Cerchia dei Navigli a partire dal “Quadrilatero della moda”;
b. il raddoppio entro il 2012 delle aree a traffico moderato (zone a 30 Km/h) e la realizzazione di interventi per la sicurezza stradale dei quartieri residenziali;
c. la realizzazione entro il 2015 di una rete di piste ed itinerari ciclabili integrati e sicuri di almeno 300 km ed il raddoppio entro il 2012 degli stalli di sosta per le biciclette;
d. la protezione e “preferenziazione” di tutte le linee di trasporto pubblico entro il 2015, in modo da aumentarne velocità e regolarità;
e. l’introduzione in tutta la città, a partire dalle aree periferiche, di un servizio diffuso diurno e notturno di “bus di quartiere” in collegamento con le principali fermate del trasporto pubblico, senza costi aggiuntivi rispetto al titolo di viaggio;
f. l’estensione sull’intero territorio cittadino del servizio di bike sharing, raggiungendo 10.000 bici entro il 2012 e del servizio di car sharing raggiungendo 1.000 auto elettriche entro il 2012;
g. il prolungamento dell’orario di servizio delle linee metropolitane fino alle ore 1.30 tutte le notti;
h. il potenziamento del servizio taxi mediante il ripristino del secondo turno che garantisca fino a 8 ore aggiuntive di servizio (“seconda guida”);
i. il ripristino del divieto di circolazione e carico e scarico merci nella Cerchia dei Bastioni nelle fasce orarie di picco del traffico mattutine e pomeridiane e la promozione di un sistema di trasporto condiviso con veicoli elettrici;
j. l’estensione della regolamentazione della sosta in tutta l’area compresa all’interno della “cerchia filoviaria” e nelle aree circostanti gli assi delle metropolitane, con esclusione del pagamento dei soli residenti e per i veicoli ad emissioni zero;
k. incentivi a sostegno del trasporto pubblico”.
 
Referendum n. 2 - Scheda di votazione di colore azzurro - richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per raddoppiare gli alberi e il verde pubblico e ridurre il consumo di suolo:
“Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a: ridurre il consumo di suolo destinando almeno il 50% delle grandi superfici oggetto di riqualificazione urbanistica a verde pubblico ed escludendo l’assegnazione di diritti edificatori a fronte della realizzazione di “servizi” che comportino consumo di suolo; preservare gli alberi e le aree verdi esistenti; garantire il raddoppio del numero di alberi e dell’estensione e delle aree verdi e la loro interconnessione entro il 2015, assicurando che ogni residente abbia a disposizione un giardino pubblico con aree attrezzate per i bambini a una distanza non superiore a 500 metri da casa?”.
 
Referendum n. 3 - Scheda di votazione di colore viola - richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per conservare il futuro parco dell’area EXPO:
“Volete voi che il Comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito EXPO e la sua connessione al sistema delle aree verdi e delle acque?”.
 
Referendum n. 4 - Scheda di votazione di colore blu - richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per il risparmio energetico e la riduzione della emissione di gas serra:
“Volete voi che il Comune di Milano adotti il piano per l’energia sostenibile ed il clima che lo impegni negli obiettivi europei di riduzione di almeno il 20% delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra nel dimezzamento delle principali emissioni inquinanti connesse al riscaldamento degli edifici?
All’interno del piano devono essere previsti i seguenti interventi:
1. la conversione entro il 2012 di tutti gli impianti di riscaldamento alimentati a gasolio degli edifici comunali;
2. la conversione degli impianti di riscaldamento domestico alimentati a gasolio fino alla loro completa eliminazione entro il 2015;
3. la previsione della classe energetica di massima efficienza come standard di costruzione per tutti i nuovi edifici e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili;
4. la promozione e la diffusione del teleriscaldamento, utilizzando fonti rinnovabili e tecnologie ad alta efficienza, al fine di raggiungere almeno 750.000 abitanti equivalenti entro il 2015;
5. la concessione di incentivi per la demolizione e ricostruzione (“rottamazione”) degli edifici a maggiore inefficienza energetica e privi di valore storico e architettonico attraverso premi volumetrici”.
 
Referendum n. 5 - Scheda di colore rosa - richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per la riapertura del sistema dei Navigli milanesi:
“Volete voi che il Comune di Milano provveda alla risistemazione della Darsena quale porto della città ed area ecologica e proceda gradualmente alla riattivazione idraulica e paesaggistica del sistema dei Navigli milanesi sulla base di uno specifico percorso progettuale di fattibilità?”
 

Cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare i facsimile delle schede dei 4 referendum nazionali e dei 5 referendum consultivi milanesi (ATTENZIONE: il facsimile della scheda n. 3 del referendum popolare nazionale è ancora quello vecchio, perché non è ancora disponibile il facsimile della scheda rifatta in base alla riformulazione della Cassazione, poi confermata ieri dalla Corte Costituzionale).
 

Scarica Allegato
 
Il quorum c’è ed i “sì” sono praticamente un plebiscito. In altre parole, nel nostro paese l’acqua deve rimanere pubblica, il nucleare non tornerà e il “legittimo impedimento” di Berlusconi non sarà più legittimo.
Un risultato straordinario, ottenuto nonostante lo spudorato boicottaggio informativo e comunicativo da parte del Governo. E anche una continuazione ideale dell’ondata di partecipazione dal basso che due settimane fa aveva mandato a casa i governi cittadini della destra di Milano, Napoli, Cagliari e altre città.
La vittoria dei “sì” è un’indubbia e pesante sconfitta politica per il Governo e le destre, checché ne dicano ora, poiché vengono abrogate delle leggi volute, scritte ed approvate da loro.
Ma la vittoria dei “sì” è anche molto di più, perché l’approvazione dei quesiti sull’acqua e sul nucleare rappresenta una scelta di merito politico che va ben oltre gli schieramenti. Cioè, vengono bocciate delle opzioni politiche che spesso hanno trovato –e tuttora trovano- consenso anche in settori del centrosinistra. Anzi, per dirla tutta, le principali privatizzazioni dell’acqua nel nostro paese erano state avviate proprio da amministrazioni di centrosinistra.
E questo significa, se vogliamo leggere quanto avvenuto tra le elezioni amministrative e il referendum con un minimo di sano ottimismo, che il movimento di opinione e di partecipazione che sta crescendo in Italia non chiede soltanto di cacciare Berlusconi, ma anche di costruire delle politiche chiaramente alternative a quelle liberiste ed oligarchiche imperanti.
Beninteso, con questo non vogliamo dire che sta per sorgere il sol dell’avvenire -figuriamoci-, né che ora il baricentro del centrosinistra si sia spostato magicamente a sinistra, ma molto più semplicemente che la cosa si fa seria, che ora abbiamo una possibilità.
Vi sembra poco? A me sembra moltissimo. Il resto, come sempre quando si è di fronte a una possibilità, dipende da noi, da quello che sapremo fare o non fare.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 14/07/2011, in Politica, linkato 1269 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale online Paneacqua il 14 luglio 2011
 
Tutti uniti, tutti responsabili, tutti coesi in nome della nazione strapazzata e delle richieste dei mercati. E così, la mega manovra da oltre 70 miliardi di euro sarà approvata in un lampo, senza inutili discussioni e sterili proteste. Le banche centrali e i commissari europei applaudono, le agenzie di rating annuiscono e gli speculatori, per ora, tornano ad occuparsi dei Pigs (Portogallo-Irlanda-Grecia-Spagna).
Insomma, a sentire la vulgata massmediatica del momento, l’abbiamo scampata bella. Siamo stati bravi. Persino il governo, ormai in avanzato stato di putrefazione politica, ha dato prova di apparente serietà e l’opposizione ha finalmente dimostrato di essere fit to govern, come direbbero gli anglosassoni. Anzi, si ricomincia pure a parlare di governi tecnici, di transizione, di unità nazionale e chi più ne ha più ne metta, tanto la questione è non andare al voto subito e condividere a 360 gradi la responsabilità dei sacrifici.
Già, perché ci sono i sacrifici e quelli toccano ai soliti noti. E questa volta sono proprio una bella botta, che colpisce un tessuto sociale ed economico già indebolito da anni di crisi e misure anticrisi. Evitiamo qui di fare l’elenco dettagliato dei tagli e dei balzelli, perché basta ricordare i titoli per capire chi pagherà il conto.
Tra interventi sulle pensioni, ticket sanitari, tagli alle agevolazioni fiscali e blocchi sempre più lunghi degli stipendi nella pubblica amministrazione, ai quali vanno aggiunti i micidiali effetti differiti dei tagli alle Regioni e agli enti locali, è evidente che la manovra massacra il reddito e le condizioni di vita di chi vive del proprio lavoro, fisso o precario che sia, e di chi il lavoro neanche ce l’ha.
“Ci dispiace, ma non possiamo farci niente, ce lo chiedono i mercati”, è il refrain che ricorda tanto il TINA (There is no alternative) di thatcheriana memoria, ma stranamente tutti si dimenticano poi di spiegare chi sono questi benedetti “mercati”. Infatti, lungi dall’essere posti anonimi dove agiscono mani invisibili, i mercati sono luoghi dominati da concretissimi interessi e poteri, con tanto di nome e cognome. Ne volete uno, tanto per rompere l’omertà? Eccovelo: Raymond Dalio, reddito annuo di 2,5 miliardi di dollari (secondo Fortune), fondatore di “Bridgewater Associates”, il più grande hedge fund al mondo, il quale dispone di una massa attiva di 92 miliardi di dollari.
Sono uomini come Dalio che decidono cosa succede nelle borse, chi vive e chi muore. E con loro ci sono anche quegli archetipi del conflitto di interessi che si chiamano agenzie di rating. Basta un cenno di “Moody’s”, di “Fitch” o di “Standard & Poor’s” e interi Stati sovrani rischiano la rovina. E il punto non è sapere se abbiano sempre ragione o torto nei loro giudizi, bensì che dispongano di quel pazzesco potere che gli permette di autoavverare le loro profezie, a prescindere dal fatto che abbiano ragione o torto.
In altre parole, in quei mercati non risiedono le soluzioni, bensì parte significativa dei problemi. Anzi, proprio la follia e l’insostenibilità di un siffatto governo dell’economia mondiale è la prova dell’urgenza di un radicale cambiamento. Beninteso, non siamo degli ingenui e sappiamo bene che non basta affermare queste cose perché la realtà cambi e che, invece, occorrerà una lotta titanica e una cooperazione sul piano europeo ed internazionale. Ma da qualche parte bisogna pure cominciare. O no?
E insistiamo con questo quesito, perché tutto questo unanimismo nasconde troppe cose non dette. Anzitutto, perché a nessuno sfugge che l’insieme delle misure anticrisi, identiche in tutta Europa, tendono a ridisegnare complessivamente il modello sociale del dopoguerra, in senso classista, liberista ed escludente. E con esso, ovviamente,  anche il modello politico, che assume tratti sempre più autoritari nel rapporto tra governo e popolo, sebbene in un quadro formalmente democratico. Se volessimo trovare un paradigma ispirato all’attualità, allora potremmo trovarlo in Val di Susa.
E non è affatto un caso che il vento del cambiamento che abbiamo respirato in primavera, con le elezioni amministrative ed i referendum, fosse caratterizzato da una massiccia domanda di democrazia e partecipazione e da una volontà manifesta di riappropriazione della sfera pubblica e, in ultima analisi, del proprio futuro. E non è nemmeno un caso che quella caratteristica la troviamo anche nei movimenti in giro per l’Europa, da Atene a Madrid, o per il Maghreb e il Medio Oriente.
Insomma, oggi e qui la questione è cosa vogliamo fare di fronte alla crisi economica e politica, in che direzione vogliamo lavorare. Per semplificare all’estremo, di direzioni di marcia possibili ce ne sono due. Una è quella indicata dai movimenti e sommovimenti che fanno concretamente quel famoso vento che è cambiato, che mettono in discussione le politiche economiche depressive e che esprimono una straordinaria potenzialità democratica, sia in termini di salvaguardia di beni comuni e diritti, che di partecipazione attiva. La seconda, invece, è quella indicata dalla politica dell’union sacrée attorno al governo dell’esistente e al patto con i poteri economici e finanziari dominanti.
Ed è bene essere consapevoli che le due strade non sono compatibili e tendono a confliggere, come stanno dimostrando proprio gli avvenimenti di questi giorni. In primo luogo, è stata proprio la logica dell’unità e coesione nazionale a fare da levatrice all’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria di due settimane fa, il cui obiettivo è palesemente la normalizzazione della Fiom e il restringimento della democrazia sui luoghi di lavoro.
In secondo luogo, la pesante stretta nella manovra economica sugli enti locali, compresa la norma che inserisce nel patto di stabilità interno il criterio delle “dismissioni di partecipazioni societarie” (leggi: privatizzazioni), inciderà in maniera significativa sulle esperienze di governo locale nate in primavera. Un esempio ante litteram di che cosa questo significhi l’abbiamo avuto proprio ieri a Milano, quando il Sindaco Pisapia ha confermato l’accordo sulle aree per l’Expo, così com’era stato elaborato dalla Moratti e da Formigoni, cioè consentendo la valorizzazione delle aree con la loro trasformazione da agricole in edificabili.
Beninteso, questo esito era nell’aria da settimane, perché dopo i tre anni spesi dalla destra unicamente per farsi la guerra sulla gestione dell’affare immobiliare dietro l’Expo, si era ormai giunti al dunque e l’unica alternativa possibile (a parte un’improbabile decisione di non fare più l’Expo) era trovare in extremis le non poche risorse finanziarie aggiuntive che permettessero di realizzare il progetto dell’orto globale, come chiesto dall’assessore Boeri. Considerato che difficilmente Governo e Regione avrebbero messo mano al portafoglio, avrebbe dovuto pensarci il Comune di Milano, che però deve già fare fronte agli enormi buchi di bilancio lasciati dall’amministrazione precedente, nonché ai tagli dei fondi in arrivo da Roma.
Insomma, con la leva dei soldi e delle compatibilità finanziarie imposte dal centro, che sarebbe poi l’esatto contrario del tanto reclamizzato federalismo, si riesce a mettere la camicia di forza agli enti locali, espropriando i cittadini-elettori della loro sovranità. Ma ricatto o no, chi a primavera ha votato per il cambiamento, ora si aspetta dei fatti in coerenza con il suo voto e non si accontenta della spiegazione razionale delle difficoltà del momento. Un bel problema in prospettiva, con questa manovra, perché se uccidi la speranza non rimane che la smobilitazione oppure il rifugio in forme di contestazione difficilmente riconducibili a un progetto capace di esprimere un’alternativa al potere esistente.
Insomma, tra le vittime programmate di questo tutti uniti sulla manovra non troviamo solo le condizioni di vita delle fasce sociali che vivono del proprio lavoro, ma anche la stessa speranza di cambiamento, che a quanto pare suscita preoccupazione non soltanto a destra. E quindi vi è una ragione in più per non farsi incantare dall’union sacrée.
 
 
Non ha sorpreso, in fondo, ma ha fatto impressione lo stesso vedere ieri sera al Tg quella conferenza stampa dei firmatari delle “proposte delle parti sociali”, dove il capo di Confindustria, Emma Marcegaglia,ha parlato a nome di tutti, compresa la Cgil.
Non ha sorpreso il patto tra banche, imprese e sindacati e il “documento comune” (vedi allegato) con le proposte da presentare a Governo e opposizione, perché le premesse c’erano già tutte, dalla firma dell’accordo interconfederale sulla rappresentatività del 28 giugno scorso fino al clima da unità nazionale attorno alla pesantissima manovra economica di qualche settimana fa.
Ma, appunto, fa impressione lo stesso. Un po’ per i tempi, perché colpisce la rapidità con la quale hanno trovato piena conferma le preoccupazioni e le critiche circa la firma della Cgil dell’accordo del 28 giugno, allora da troppi respinte con sufficienza. E un po’ perché quella iniziativa certifica l’inconsistenza –e quindi l’inesistenza- dell’alternativa politica al quadro esistente.
Insomma, basta uno sguardo al documento comune delle parti sociali, al quale il Governo ha risposto con i suoi otto punti (vedi sempre allegato), per capire qual è l’indicazione politica che ne viene fuori. Cioè, allo stato esiste un ampio consenso tra le “parti sociali” (segreterie dei sindacati confederali, vertici degli imprenditori e management delle banche) rispetto alla necessità di liberarsi di Berlusconi, considerato ormai ingombrante e cotto, e di definire un quadro di governo, dello Stato e della crisi, che abbia ampie basi bipartisan e che non si discosti dalle linee strategiche indicate dalla Commissione Europea.
In sintesi, il quadro politico post-berlusconiano prevede larghe intese e non è in discussione chi deve pagare la crisi e i costi della speculazione finanziaria (cioè: redditi da lavoro dipendente, risparmi famiglie, welfare, servizi pubblici). A questo proposito, è altamente significativo che proprio ieri Marchionne sia intervenuto a distanza, essenzialmente per collocarsi in quel nuovo quadro.
Certo, nulla è e nulla sarà lineare e scontato, perché Berlusconi non è uomo da mettersi da parte così facilmente, perché le contraddizioni tra i firmatari del patto e i loro alleati politici sono sempre presenti, perché la crisi non accenna a fermarsi e produce instabilità eccetera eccetera.
Ma, comunque sia, dobbiamo prendere atto che in questo momento la situazione è questa e che, quindi, dobbiamo guardare all’autunno con la consapevolezza che c’è poco da sedersi sugli allori della primavera e molto, invece, da lavorare e costruire.
 
di Luciano Muhlbauer
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il documento comune delle parti sociali del 4 agosto (ABI, ALLEANZA COOPERATIVE ITALIANE (CONFCOOPERATIVE, LEGA COOPERATIVE, AGCI), ANIA, CGIL, CIA, CISL, CLAAI, COLDIRETTI, CONFAGRICOLTURA, CONFAPI, CONFINDUSTRIA, RETEIMPRESE ITALIA (CONFCOMMERCIO, CONFARTIGIANATO, CNA, CASARTIGIANI, CONFESERCENTI), UGL, UIL, nonché il documento presentato dal Governo.
 

Scarica Allegato
 
di lucmu (del 31/08/2011, in Politica, linkato 1349 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 agosto 2011
 
“Nessuno aveva nulla da obiettare sui privilegi dei nobili di Francia, fin quando essi assicuravano un governo alla nazione”. Forse quelle parole di Voltaire non dicono tutto, ma indubbiamente illuminano il nocciolo della questione. Cioè, ieri come oggi, questione morale e questione politica sono inscindibili. Anzi, il dilagare dell’immoralità pubblica è direttamente proporzionale all’intensità della crisi politica.
Ecco perché non ha senso discutere della questione morale come se fosse una cosa separata. Sarebbe soltanto un esercizio di ipocrisia e di autoassoluzione. E questo vale in generale e vale anche per il caso Penati, comunque vada a finire la sua vicenda giudiziaria.
Già, perché quei “dimettiti” e “rinuncia a” sparati ormai a raffica all’indirizzo di Penati, dopo la reticenza iniziale, non convincono. In fondo, Filippo Penati non è proprio una meteora. Anzi, è stato Sindaco, Segretario provinciale, Presidente della Provincia, coordinatore della Segreteria nazionale, candidato alla Presidenza regionale e vicepresidente del Consiglio regionale.
Ma soprattutto è stato l’ispiratore, il simbolo e il capofila di quel Pd del Nord, che postulava la risalita della china in terra nemica mediante un’operazione culturale che portasse i democratici ad assomigliare sempre di più all’avversario e ad integrarsi sempre maggiormente nel sistema di potere esistente. Ed ecco, dunque, il Penati che parlava come la Lega e De Corato, coltivava rapporti ravvicinati con Cl ed annessi, emetteva scomuniche contro la cultura del 68 e, ovviamente, definì una politica delle alleanze incentrata sulla rincorsa del centro e sulla rottura a sinistra.
Molto difficile, dunque, sostenere che il caso Penati riguardi soltanto Penati. Beninteso, il punto non è processare il Pd, come vorrebbe la destra. Infatti, anche nel periodo di massima forza del penatismo vi fu chi dentro il Pd dissentì e si oppose, così come fuori dal Pd vi fu chi non si oppose e, anzi, condivise. No, il punto è un altro ed è tutto politico. Cioè, occorre finirla con quella tragica rimozione della politica, perché a disintegrare ogni presunta “diversità” e a costruire il brodo di coltura dell’affarismo fu proprio la concezione penatiana della politica. E, peraltro, senza nemmeno realizzare l’obiettivo che doveva giustificarla, cioè la risalita della china. Anzi, il penatismo è stato foriero di sconfitte ed arretramenti.
L’esempio forse più lampante sono senz’altro le elezioni regionali del 2010. Penati non solo ha rotto il fronte dell’opposizione a Formigoni, estromettendo Rifondazione, senza però riuscire ad arruolare l’Udc, ma soprattutto ha realizzato un risultato assolutamente negativo, collocandosi ben 10 punti sotto quello del compianto Riccardo Sarfatti del 2005.
Soltanto un anno più tardi Giuliano Pisapia avrebbe vinto le elezioni a Milano, con una politica che era l’esatto opposto di quella di Penati. Anche per questo, risultano più che stucchevoli i tentativi di coinvolgere Pisapia, specie se provengono da esponenti dello stesso centrosinistra.
Sarebbe un errore straordinario se il Pd insistesse nella rimozione della questione politica, magari illudendosi di salvare il salvabile. È vero il contrario, semmai, e basta guardarsi attorno. La primavera dei sindaci e dei referendum sembra già lontana, le due manovre finanziarie hanno un segno classista esplicito e il Governo sembra redivivo e capace di sopravvivere a questo autunno, mentre l’opposizione parlamentare si azzuffa addirittura sullo sciopero generale.
Insomma, o il Pd trova la lungimiranza di cogliere l’occasione per un rinnovamento politico serio oppure il prezzo lo pagheremo tutti noi, con altri Penati e nuove sconfitte.
 
 
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