Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
“Labor Blues”, rubrica a cura di Luciano Muhlbauer, sulla free press eretica MilanoX, n° xxvii del 24 marzo 2011.
A Milano l’è dura non soltanto per chi vuole fare musica e cultura indipendente, ma anche per chi si guadagna da vivere vendendo il kebab. Infatti, mentre dei primi si occupa il vice del sindaco, dei secondi si prende poco amorevolmente cura la Lega, che gli immigrati non gli sopporta proprio, né quando non lavorano, né quando lavorano.
L’ultima trovata in ordine di tempo si chiama progetto di legge n. 85, depositato in Consiglio regionale il 9 marzo scorso, ma il vice del presidente, il leghista Gibelli, preferisce la dizione meno prosaica di “legge Harlem”. L’obiettivo della proposta è enunciato chiaramente sin dalle prime righe della relazione di accompagnamento: “La normativa, per ragioni di ordine pubblico e di sicurezza, prevede fra le altre cose la possibilità per i Comuni di evitare l’addensamento di negozi extracomunitari nella medesima zona”.
L’ordine pubblico e la sicurezza non c’entrano niente, ovviamente, ma è l’unica maniera per tentare di giustificare delle norme speciali e discriminatorie per alcuni settori commerciali, selezionati in base al numero di titolari di cittadinanza o origine straniera. D’altronde, quei motivi furono invocati già al tempo della razzista legge regionale contro i phone center, approvata quasi all’unanimità dal Consiglio regionale nel 2006 e dichiarata totalmente illegittima dalla Corte Costituzionale due anni dopo, ma che nel frattempo aveva rovinato economicamente un sacco di gente.
Ma inutile cercare coerenza nel discorso della Lega. A Roma, in nome della libertà di iniziativa economica, plaudono a Marchionne e sostengono la revisione dell’art. 41 della Costituzione, ma qui proclamano la necessità di “limitare talune libertà” nel caso di kebaberie e parrucchieri cinesi. Oppure, allo stesso Pirellone, la Lega ha dato il via libera al progetto di un mega centro commerciale sull’area ex-Alfa, destinato a mettere in crisi l’italianissimo commercio al dettaglio di Rho.
Anzi, a ben guardare la coerenza c’è: non gliene frega niente dei lavoratori, dei consumatori e dei negozi di vicinato, ma soltanto delle loro poltrone e, quindi, dagli all’immigrato per raccattare un po’ di voti. E così, proprio quando il kebab entra nel paniere Istat, la Lega pretende che esca da Milano.
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo originale della “legge Harlem”, cioè il pdl n. 85 del 9 marzo 2011
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 9 dicembre 2010, nell’ambito del dibattito “Dopo la gru”, che ha già visto gli interventi di Alessandro Dal Lago (7 dic.) e Annamaria Rivera (8 dic.).
C’è il dopo-gru, ma a questo punto, c’è anche il dopo-Mohamed Fikri, cioè quel giovane operaio passato in un batter d’occhio dalla condizione di marocchino-mostro da prima pagina a quella di vittima di uno spiacevole errore di traduzione, degno tutt’al più della pagina 12 di la Repubblica e 22 del Corsera.
Certo, due vicende molto diverse tra di loro, ma che in fin dei conti raccontano la medesima storia: quella del rapporto irrisolto -e pertanto pericoloso- della società italiana con la sua componente immigrata. E, aggiungiamo, quella del rapporto altrettanto irrisolto tra progetti politici della sinistra, intesa in senso lato, e questione migrante.
Rapporti complessi, beninteso, dove realtà reale e realtà percepita si mescolano e sono in perenne conflitto tra di loro, con l’aggravante che sul mercato del consenso la seconda costituisce merce preziosissima che prevale sulla prima.
Ma partiamo dalla realtà reale, non tanto in omaggio all’ottimismo biblico del “la verità vi farà liberi”, ma soprattutto perché non vi può essere progetto di cambiamento, e nemmeno sogno o immaginario, che non assuma la materialità delle condizioni di esistenza e delle relazioni sociali come punto imprescindibile di partenza.
E la realtà ci dice alcune cose fondamentali. Primo, la società multietnica, multiculturale eccetera non è un disegno politico o un complotto, bensì un dato di fatto, che si sostanzia nella presenza nel nostro paese di 5 milioni di uomini e donne immigrati e in un 10% del totale dei lavoratori dipendenti (il 16% in Lombardia).
Secondo, questa nuova presenza è un dato irreversibile. Ne è prova inconfutabile, sebbene ampiamente ignorata, l’avvento della cosiddetta seconda generazione, cioè i figli e le figlie di genitori immigrati, nati e/o cresciuti qui. A Milano, ad esempio, prendendo in considerazione soltanto quanti regolarmente residenti, gli stranieri rappresentano il 15,3% dei milanesi, ma se ci limitiamo alla fascia d’età tra 0 e 17 anni, allora la percentuale sale al 21%. Chiaro?
Insomma, la realtà reale consiglierebbe a chiunque di impegnarsi per l’integrazione o, come preferiamo noi, l’inclusione, visto che, dati alla mano, il futuro si costruisce insieme oppure il futuro si annuncia molto difficile. Eppure, chi esercita responsabilità pubbliche e chi gestisce l’informazione mainstream tende a fare l’esatto contrario, come si è visto anche nei nostri casi di riferimento.
Mohamed Fikri era stato immediatamente espropriato del suo nome e cognome e trasformato in “marocchino” o “extracomunitario” assassino. Con rapidità incredibile sono spuntati gli idioti con i loro cartelli, immediatamente ripresi e rilanciati da schiere di giornalisti, che invocavano la cacciata di marocchini e simili dalla Padania. Un clima nauseabondo, dove l’importante era poter inveire contro “gli extracomunitari”, mentre il destino di Yara e la sofferenza della famiglia erano ridotti a mero contorno.
La protesta sulla gru di Brescia e quella sulla ciminiera a Milano, invece, un qualche risultato positivo l’ha prodotto, aprendo una finestra sulla realtà reale e svelando a un paese disattento e disinformato cosa fosse quella tanto chiacchierata sanatoria per badanti del 2009. Cioè, un grande inganno, fatto di speranze frustrate, di operai travestiti da badanti per tentare di fuoriuscire dal ricatto della clandestinità e del lavoro nero, di imprenditori e intermediari truffatori e di un Ministro degli Interni ingannevole, che prima dice una cosa e poi fa fare il contrario al suo capo della polizia.
Insomma, una finestra troppo scomoda perché potesse rimanere aperta troppo a lungo. Andava chiusa e bisognava anche punire in maniera esemplare chi aveva osato rompere il silenzio. Per questo ci sono state le espulsioni lampo, in un momento dove nella realtà reale le espulsioni sono praticamente ferme causa mancanza fondi, come denunciato, nel disinteresse generale, dal capo dei giudici di pace di Milano, Dattolico, il 1° settembre scorso.
Le proteste della gru e della ciminiera potevano essere gestite meglio? Si poteva evitare qualche espulsione-rappresaglia? Probabilmente sì, ma questo non avrebbe cambiato il dato di fondo, cioè l’indifferenza diffusa e la manifesta impermeabilità del potere.
Il punto è che non esiste ancora una visione politica della sinistra che includa la questione migrante, che la assuma come parte integrante e fondante della propria identità e progettualità e che, dunque, la traduca in azione politica incisiva. Continua, invece, a prevalere l’oscillazione tra due estremi, ambedue perdenti: la subalternità al discorso della destra e la sterile invocazione ideologica.
Per tentare di rimettere in connessione tra di loro la realtà reale e quella percepita, occorre anzitutto mettere in connessione tra di loro i soggetti sociali, le loro lotte e i loro discorsi e percorsi per uscire dalla crisi. Cioè, gli operai metalmeccanici, gli studenti, i movimenti in difesa dei beni comuni e, ovviamente, i movimenti dei migranti.
Questa ci pare l’unica strada realista, il resto rischia semplicemente di confermare e aggravare la miseria dell’esistente.
La convalida del provvedimento di trattenimento presso il Cie (ex-Cpt) di via Corelli per Abdelkader, il ragazzo marocchino sceso ieri dalla ciminiera di via Imbonati, purtroppo non sorprende.
È come se si dovesse pagare una tassa a quegli esponenti politici della destra, come il vicesindaco De Corato o il Presidente del Consiglio regionale Boni, che reclamano da tempo una sanzione esemplare per chi osa protestare contro una sanatoria che ha truffato migliaia di lavoratori e lavoratrici immigrati.
Esponenti politici, beninteso, che sanno essere duri e implacabili con i deboli, ma che si mostrano troppo spesso accondiscendenti verso i poteri forti e i mille intrallazzi berlusconiani.
Chiediamo alle istituzioni e al Ministero degli Interni di non dare ascolto agli sciacalli e, dunque, di non procedere ad una espulsione lampo, che sarebbe a tutti gli effetti un atto di vendetta.
Ebbene sì, perché ripetere nel caso di Abdelkader l’espulsione lampo del cittadino egiziano conosciuto come Mimmo, espulso in maniera coatta prima ancora che il suo ricorso, regolarmente depositato, potesse essere discusso, sarebbe non una dimostrazione di forza, bensì di debolezza.
Non occorrono vendette, che sanno tanto di ipocrisia, bensì un gesto che dimostri che le istituzioni vogliano affrontare la squallida vicenda delle truffe ai danni di tantissimi lavoratori immigrati e non mettere la polvere sotto il tappeto.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
De Corato sbaglia su tutta la linea. Così come ieri non c’è stata alcuna “fuga” dall’ospedale San Paolo, oggi non c’è alcun bisogno di buttare benzina sul fuoco, invocando show down drammatici in via Imbonati. Anzi, proprio oggi è il momento di sostenere il dialogo aperto tra rappresentanti degli immigrati che protestano, associazioni e Prefettura.
Riteniamo irresponsabile che amministratori pubblici propongano ricostruzioni fantasiose su quello che è avvenuto ieri all’ospedale San Paolo, soltanto per rendere più difficile e, forse, sabotare il confronto in atto in Prefettura.
Infatti, ieri non è successo assolutamente nulla che potesse assomigliare a una “fuga”. Nei confronti dell’immigrato ricoverato al pronto soccorso del San Paolo non vi era alcun provvedimento restrittivo da parte delle autorità competenti e la sua dimissione, secondo quanto ribadito dall’ospedale, è avvenuta rispettando tutte le procedure. Insomma, il tutto è avvenuto nel pieno rispetto della legalità.
Da parte nostra, confidiamo negli accertamenti che la magistratura eventualmente vorrà fare rispetto alla vicenda del San Paolo.
Rinnoviamo pertanto il nostro appello alle istituzioni di favorire e sostenere il confronto in atto, sottoposto a scossoni e tensioni ogniqualvolta si intravede un passo in avanti.
E non lo diciamo per buonismo, ma perché dovrebbe essere interesse condiviso, anzitutto da parte di chi occupa posizioni di responsabilità, accertare i casi di truffa nell’applicazione della sanatoria ed evitare che in via Imbonati qualcuno si faccia male.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
L’odierna espulsione coatta di Mohamed, cittadino egiziano, fermato lunedì scorso in occasione di un pacifico presidio davanti al Consolato d’Egitto di Milano, è avvenuta con procedure irritualmente veloci e senza che il suo avvocato potesse fornirgli l’assistenza dovuta.
Questa espulsione, come già le nove precedenti di cittadini stranieri fermati al presidio di Brescia, si configura pertanto non come una “riaffermazione del principio della legalità”, come sostiene il Vicesindaco De Corato, ma piuttosto come un atto di rappresaglia politica dello Stato contro quanti stanno denunciando la sanatoria truffa.
Invitiamo pertanto Prefetto e Questore di Milano ad ignorare la richiesta di De Corato, che oggi chiede di fermare ed espellere anche i cittadini stranieri che protestano in via Imbonati a Milano, e a favorire invece una soluzione pacifica e concordata, che non solo è possibile, ma anche necessaria, a fronte del gran numero di lavoratori stranieri truffati.
Al Vicesindaco De Corato piace giocare alla guerra, specie sulla pelle degli altri, ma qui occorre partire dalla consapevolezza che il problema sollevato dalle proteste di Brescia e Milano è reale e coinvolge migliaia di lavoratori immigrati e che non esistono soluzioni militari a un problema di equità e giustizia.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
L’intervento violento da parte delle forze dell’ordine contro la protesta dei migranti a Brescia, con tanto di fermi e feriti, tra immigrati, italiani e persino giornalisti, è assolutamente ingiustificato e ingiustificabile.
Non esiste soluzione militare ai problemi sollevati dai migranti a Brescia e a Milano.
Può piacere o meno che dei lavoratori immigrati salgano su una gru a Brescia o su una ciminiera a Milano, ma il loro gesto non è il frutto di un improvviso attacco di follia, bensì la conseguenza dei problemi mai risolti e della disperazione umana che ne deriva.
Chiediamo pertanto ai responsabili dell’ordine pubblico delle due città e, soprattutto, al Ministro degli Interni, che in queste ore appare come il vero ispiratore dell’atto di forza, di sospendere le operazioni di Brescia e di non avviarle a Milano e di riaprire, invece, il confronto sul merito dei problemi, che riguardano molte migliaia di persone.
Esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori immigrati, costretti da sanatorie truffe, leggi fallimentari e disfunzioni burocratiche a un’esistenza di clandestinità o di lavoro nero.
Ed esprimiamo solidarietà a quanti e quante sono stati colpiti dall’odierno intervento repressivo, in particolare ai collaboratori dell’emittente bresciana Radio Onda d’Urto, che sin dall’inizio della vertenza garantisce l’informazione sulla protesta a Brescia.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
per aggiornamenti sulla situazione a Brescia, ti consigliamo di seguire il sito di Radio Onda d’Urto: www.radiondadurto.org
cliccando sull’icona qui sotto, puoi scaricare l’appello a sostegno della lotta dei migranti che si trovano sulla ciminiera in via Imbonati a Milano:
I capi del Pdl e della Lega di Milano, il Sindaco e il Vicesindaco del capoluogo lombardo e tutti gli altri illustri esponenti delle istituzioni locali e nazionali, che in queste ultime settimane hanno animato l’incredibile gazzarra sulle 25 case ai rom di via Triboniano, dovrebbero semplicemente chiedere scusa ai cittadini e alle cittadine.
Lo farebbero, se gli fosse rimasto ancora un briciolo di dignità, perché la realtà che sta emergendo, dopo settimane di politica politicante ed urlante, ci consegna la fotografia di un’ignobile montatura elettorale, fatta da bugie, prese per i fondelli e violazioni di regole ed accordi sottoscritti.
L’ultimo atto di questa imbarazzante e disgustosa commedia l’abbiamo letto stamattina su il Giorno di Milano, che accanto al solito ritornello decoratiano del “verranno sgomberati”, riporta le dichiarazioni del Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, il quale dichiara, invece, che il campo di via Triboniano non verrà sgomberato. Anzi, trattandosi di un campo regolare e non abusivo, sgomberarlo “sarebbe come intervenire in una casa privata; si commetterebbe reato”. In altre parole, bisogna trovare soluzioni concordate.
E bene ha fatto, dunque, la Casa della Carità a pubblicare sul suo sito web finalmente la dettagliata e documentata cronistoria degli ultimi mesi. Nulla di nuovo, beninteso, nel senso che non rivela certo segreti, ma in cambio mette in fila quei fatti, coperti e nascosti da settimane di fango.
Infatti, i 25 (venticinque) appartamenti non sono stati sottratti ai milanesi in graduatoria per una casa popolare, poiché vuoti, abbandonati e bisognosi di ristrutturazione. E quindi, la Giunta regionale ha deliberato il 5 agosto scorso, all’unanimità, dunque Lega compresa, di toglierli da patrimonio Erp dell’Aler. La ristrutturazione sarebbe stata gestita dal Comune di Milano e finanziata da un apposito stanziamento di 300mila euro del Ministro Maroni.
Riassumiamo. Il Triboniano è un campo comunale e regolare e suoi residenti sono regolari e quindi non possono essere sgomberati. Quindi, volendo liberare l’area, visto che si trova sulla traiettoria dell’Expo, il Comune, la Regione e il Ministero degli Interni, gestiti tutti quanti dalle stesse forze politiche, cioè Pdl e Lega, hanno deciso di concordare con la Casa della Carità un piano, al fine di trovare soluzioni alternative e negoziate per le 104 famiglie riconosciute del Triboniano.
A tal fine, sono già stati firmati, dai rappresentanti del Sindaco e del Ministro, alcuni accordi, relativi all’ingresso negli appartamenti dei primi 11 nuclei familiari.
Ma poi, qualcuno si è ricordato della campagna elettorale e del bilancio disastroso dell’amministrazione Moratti e ha pensato bene di riesumare un po’ di campagna razzista contro i rom, che funziona sempre.
A questo punto, però, il re è nudo e non rimangono che due strade. La prima ci porta fuori dalla democrazia e dalla Costituzione e consiste nel fissare formalmente il principio che in Italia c’è un’etnia a cui è inibito l’accesso ad alcuni servizi e diritti. La seconda è quella di porre fine alla gazzarra, assumersi le proprie responsabilità e trovare delle soluzioni.
La scelta sta unicamente alla Moratti, a De Corato e a Maroni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Il 14 settembre di due anni fa fu assassinato Abba Abdoul Guibre. Era notte e fu ucciso a sprangate dai proprietari di un bar, padre e figlio, in via Zuretti, all’angolo con via Zuccoli, zona nord-est di Milano.
Gli assassini avrebbero poi spiegato la loro aggressione, dicendo che Abba e i suoi amici avevano rubato un pacchetto di biscotti nel bar, ma era quel loro grido “negri di merda”, che aveva accompagnato il pestaggio, a fornire una spiegazione molto più convincente.
Infatti, Abba aveva la pelle nera. Figlio di una famiglia di immigrati del Burkina Faso, era cresciuto a Cernusco s/N, hinterland milanese. Era dunque un milanese, uno di quei nuovi cittadini solitamente definiti “seconda generazione” e completamente ignorati dalla politica cittadina. Ma, appunto, aveva anche la pelle nera e quindi bastava un presunto furto di biscotti per provocare una morte a 19 anni.
Sono passati due anni, ma sembra un secolo. L’omicidio di Abba avrebbe dovuto aprire una seria riflessione sul clima che si respira in città, ma è successo il contrario. All’indomani dell’omicidio vi erano persino voci di rappresentanti istituzionali del centrodestra che tentavano di giustificare gli assassini. Poi, visto come stavano le cose, si passò rapidamente alla tesi dei futili motivi e all’autoassolutorio “il razzismo non c’entra”. Infine, esaurite anche le vicende processuali, arrivò il silenzio. La Milano ufficiale, istituzionale ha archiviato il caso, come uno dei tanti fatti di cronaca. O meglio, ha insabbiato il caso per non doversi guardare in faccia.
E così, a ricordarsi di Abba a Milano sono rimasti in pochi. Nel frattempo il clima che si respira in città, in regione e nel paese è notevolmente peggiorato. È diventato ormai finanche difficile tenere aggiornato l’elenco degli orrori, in una città dove si fa campagna elettorale a suon di coprifuochi, sgomberi e crociate contro le moschee.
Ma forse vale la pena di citare l’ultimo degli orrori in ordine di tempo, perché una cosa del genere non l’avevamo ancora vista: una scuola pubblica dipinta ed ornata con i simboli di un partito politico. È successo ad Adro (Bs) e il partito si chiama Lega Nord.
A furia di chiudere gli occhi e di sdoganare xenofobia e razzismo, alla fine il cerchio si chiude e si arriva di nuovo a riproporre il puzzolente vecchiume: uno stato, un partito, una razza.
Noi non ci stiamo a chiudere gli occhi, a stare zitti o a guardare dall’altra parte. E non vogliamo dimenticare.
Per questo partecipiamo e invitiamo tutti e tutte a partecipare alle iniziative che si terranno in questo periodo in memoria di Abba e contro il razzismo, consultabili sul sito Abba Vive!, a partire dal presidio in via Zuretti, martedì 14 settembre, dalle ore 18.00.
È stata sgomberata la baraccopoli rom di via Rubattino. E come al solito, oltre il 90% delle quasi 200 persone normalmente presenti, bambini compresi, è finita a vagare per le strade della metropoli e riemergerà in qualche altro tugurio malsano.
Sono gli sgomberi senza alternative e senza senso, che amano tanto De Corato e la Lega, specie in campagna elettorale, e che si disinteressano perfino del destino dei bambini attualmente inseriti nelle scuole della zona.
Abbiamo letto, infatti, con vivo stupore le dichiarazioni del Prefetto Lombardi, rilasciate all’agenzia Omnimilano, che sostengono che lo sgombero sia stato effettuato prima dell’inizio dell’anno scolastico proprio “per consentire ai servizi sociali del Comune di assistere la popolazione scolare”.
In realtà, ci risulta che i servizi sociali si siano limitati, come peraltro abitualmente accade, a proporre soluzioni emergenziali alle sole donne con minori. E, come sempre, la risposta all’ipotesi di divisione del nucleo familiare tende ad essere negativa nel 90% dei casi.
Non ci risulta, invece, alcun censimento o interessamento specifico degli operatori dei servizi sociali presenti rispetto ai minori inseriti nelle scuole della zona. Peraltro, De Corato, nel suo lungo comunicato di rivendicazione, non menziona nemmeno l’esistenza di bambini tra gli sgomberati.
E così, come al solito anche in questo caso, stamattina gli unici presenti a preoccuparsi di non perdere i contatti con i bimbi e di tentare di garantire la continuità del percorso scolastico sono stati e sono gli insegnanti e i genitori delle scuole della zona, che non da oggi si impegnano volontariamente in quel senso.
Insomma, De Corato e il Comune se ne fregano e poi ci devono pensare i cittadini volontari. E nel frattempo, a quanto pare, si raccontano pure delle favole al Prefetto.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Milano ha bisogno di luoghi di culto islamici. Non in omaggio al famigerato buonismo e nemmeno perché lo dice Tettamanzi, ma semplicemente perché lo esige il buon senso e il buon governo.
Milano ha bisogno che possano esistere legalmente e formalmente delle moschee perché a Milano c’è un numero significativo di lavoratori e residenti di fede musulmana. Secondo gli ultimi dati della Camera di Commercio, sul territorio del comune di Milano sarebbero attive oltre 1.500 ditte i cui proprietari sono di religione islamica.
Chi oggi sostiene, come la Lega e De Corato, che Milano non ha bisogno di una moschea o propone assurdi e pericolosi referendum, dovrebbe spiegare invece ai milanesi qual è l’alternativa e che futuro intende costruire per la città.
Perché non consentire che possano esistere legalmente dei luoghi di culto non significa affatto che i fedeli non si riuniscano per pregare, ma unicamente che lo facciano dove capita, dalle cantine ai marciapiedi, fino ai capannoni eccetera eccetera. Ed è esattamente quello che succede a Milano da tempo, come ben sanno Lega e Pdl che governano la città da 17 anni.
Dire che ci si oppone all’esistenza legale di moschee e contemporaneamente capeggiare le campagne contro le “moschee abusive” è ipocrita e irresponsabile. È ipocrita perché tanto le “moschee abusive”, in assenza di quelle legali, esistono comunque ed è irresponsabile perché non offre una via d’uscita condivisa e condivisibile e, pertanto, avvelena il clima e coltiva i rancori.
Chi dice sempre e comunque soltanto dei “no”, oggi deve parlare chiaro. Deve chiarire se ritiene che ci debba essere una pulizia etnico-religiosa, per cui tutti i musulmani vadano espulsi da Milano e dall’Italia. Ebbene sì, perché questa sarebbe l’unica alternativa reale, sebbene da incubo, all’esistenza di luoghi di culto islamici.
Se invece la Lega, De Corato e la Moratti non sono favorevoli all’espulsione di massa su base religiosa, allora devono spiegare cosa intendono fare perché i milanesi di fede islamica possano praticare legalmente e alla luce del sole la loro fede.
E lo devono fare ora, all’inizio della campagna elettorale e senza la pericolosa furbizia dei referendum. Lo devono fare perché governano Milano da 17 anni e non possono continuare a prendere per i fondelli i milanesi.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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