Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La vicenda dell’indennità ex-legge regionale n. 38/81 si sta trasformando in una truffa ai danni di una parte significativa di dipendenti ed ex-dipendenti della Regione Lombardia. Di questo si tratta ormai e francamente, dopo l’ennesima risposta evasiva e acrobazia istituzionale da parte dell’Assessore Colozzi nella question time di stamattina in Consiglio, occorre chiamare le cose con il loro nome. Anzi, bisogna gridarlo, così forse qualche Assessore si deciderà di querelarci e la vicenda finisce finalmente in tribunale.
Infatti, ormai le strade politiche ed istituzionali sembrano definitivamente ostruite, visto l’incredibile, ostinato e immorale atteggiamento da parte dell’Amministrazione regionale e dell’Assessore Colozzi.
Prima con un’interpellanza scritta (del 3 settembre) e poi con un’interrogazione a risposta immediata abbiamo semplicemente chiesto alla Giunta regionale di chiarire come verrà erogata l’indennità agli ex-dipendenti andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 e a quelli, attualmente in servizio, che non intendono aderire alla possibilità di chiedere l’erogazione anticipata nella misura del 75% del dovuto.
Una domanda semplice e la risposta dovrebbe essere dovuta, considerato che in Giunta i termini per presentare la domanda per l’anticipo scadano il 30 ottobre (in Consiglio sono già scaduti) e informalmente circola la voce ricattatoria (ahinoi sostenuta anche da alcuni funzionari sindacali) che dice più o meno così: “se non accetti il 75% subito, allora dopo devi fare causa alla Regione per avere il dovuto, con tutto ciò che questo comporta in termini di tempo e denaro”. Insomma, prendi il 75% oppure attaccati al tram…
Per una parte dei dipendenti, quelli con relativamente meno anzianità di servizio, questo non è un grande problema, poiché il 75% subito è effettivamente una scelta accettabile. Ma per tutta l’altra parte, quelli che erano andati in pensione dopo il 1 giugno 2000, vedendosi negato illegittimamente un diritto, oppure quelli che andranno in pensione nei prossimi anni, accettare oggi il 75% significherebbe un danno economico rilevante e la violazione di un diritto.
Ecco perché era ed è necessario fare chiarezza e garantire trasparenza. La legge è chiara a questo proposito (o il 75% subito o il 100% quando vai in pensione), ma non lo è la sua applicazione, evidentemente.
Il fatto che l’Assessore Colozzi abbia eluso la risposta a questa domanda nella sua risposta all’interpellanza, pervenuta soltanto il 15 ottobre scorso, e che stamattina in Aula consiliare abbia non solo replicato la non risposta, ma persino aggiunto una curiosa interpretazione retroattiva della norma del 75%, rende l’Assessore pienamente complice e corresponsabile di un’indebita pressione sui dipendenti regionali, che per molti di loro assomiglia a un’autentica truffa.
(Giusto per la cronaca: l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, al quale avevamo rivolto le medesime domanda all’inizio di settembre, non ci ha degnati nemmeno di mezza riga).
A che cosa porta questo clima di pressioni, di cose non dette e di altre cose dette soltanto informalmente (perché dirle formalmente non si può, essendo delle violazioni di legge) lo sappiamo tutti. Ma per capire la vera entità della porcata, basti ricordare che questo clima ricattatorio ha fatto sì che anche dei colleghi già andati in pensione hanno in queste settimane accettato di firmare per il 75% (anche se la norma di legge si riferisce esplicitamente al personale attualmente in servizio…), rinunciando dunque al 100% a loro dovuto, come ha confermato anche la sentenza della Corte di Cassazione del 2008.
Insomma, la stessa Amministrazione che tratta molto generosamente i suoi dirigenti, arrivando persino a varare delle leggi ad hoc, per i suoi dipendenti, invece, dopo decenni di servizio per la pubblica amministrazione, ha solo pesci in faccia e prese per i fondelli.
Qui sotto puoi scaricare:
- la risposta alla nostra interpellanza del 3 settembre
Siamo garantisti e non amiamo le condanne preventive, ma riteniamo che l’azione di contrasto della presenza del crimine organizzato in Lombardia, specie ora che si avvicinano gli appalti di Expo 2015, sia questione troppo seria perché possa essere lasciato spazio a dubbi e zone d’ombra.
Con un’interpellanza depositata oggi in Consiglio regionale, chiediamo quindi al Presidente Formigoni di revocare con urgenza al generale Mario Mori e al colonnello Giuseppe De Donno l’incarico di componenti esterni nel “Comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali”, costituito il 6 agosto scorso su iniziativa dello stesso Presidente.
Il gen. Mori e il col. De Donno sono sotto inchiesta a Palermo e a Caltanissetta per fatti risalenti alla stagione stragista di Cosa Nostra, quando i due alti ufficiali dell’Arma svolgevano funzioni di direzione del Ros. I processi in corso diranno, alla fine, se le gravi e infamanti accuse che sono state mosse loro sono fondate, oppure frutto della fantasia di qualcuno.
Tuttavia, l’esistenza stessa di dubbi tanto gravi sul loro operato, con il conseguente rilievo mediatico, mettono concretamente a rischio la credibilità del Comitato nella sua delicata funzione di vigilanza.
Riteniamo pertanto urgente, opportuna e necessaria la ridefinizione della composizione del Comitato, sostituendo Mori e De Donno con due personalità indicate dalla Direzione distrettuale antimafia, al fine di garantire la necessaria credibilità e trasparenza all’azione di Regione Lombardia nel contrasto al crimine organizzato e al malaffare.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo originale dell’interpellanza
Oggi abbiamo depositato un’interpellanza alla Giunta e inviato una richiesta di intervento alla Presidenza del Consiglio (puoi scaricare ambedue i testi in allegato in fondo a questo post) in relazione alla vicenda dell’indennità ex legge regionale 38/81 dei lavoratori dipendenti di Regione Lombardia.
Infatti, alla fine di luglio, nel quadro della manovra di assestamento di bilancio, la maggioranza ha fatto approvare una modifica di legge che dovrebbe porre fine all’allucinante vicenda che da anni contrappone in sede giudiziaria i dipendenti regionali andati in pensione all’Amministrazione regionale. Ma il condizionale è d’obbligo, poiché la soluzione adottata è irta di ostacoli e di tranelli, per usare un eufemismo, e occorre un urgente intervento chiarificatore per evitare che vengano esercitate pressioni indebite sul personale regionale e molti lavoratori subiscano un danno economico. Insomma, i nodi che avevamo segnalato a suo tempo stanno venendo al pettine.
Tralasciando qui la nostra critica di fondo rispetto al tipo di soluzione imposta, va anzitutto evidenziato che il diavolo non si nasconde tanto nella lettera della legge, quanto invece nell’interpretazione che ne verrà data nella fase applicativa. Nulla di nuovo, per carità, in fondo tutta la triste vicenda era nata non dalla norma in sé, bensì dall’interpretazione creativa e completamente illegittima datane dal governo regionale.
Ma partiamo dalla lettera della norma, così come modificata alla fine di luglio.
Anzitutto va sottolineato che l’emendamento voluto e fatto approvare dal governo regionale non ha abrogato in alcun modo la normativa preesistente, che rimane pertanto in vigore, ovviamente nella interpretazione data dalla sentenza della Corte di Cassazione del 2008. Cioè, a ogni dipendente regionale, al momento del suo collocamento a riposo, deve essere erogata l’indennità ex l.r. 38/81 nella quantità maturata fino al 30 maggio 2000.
La modifica di legge ha invece carattere integrativo, in quanto aggiunge una nuova possibilità per i dipendenti regionali di ruolo. Cioè, i dipendenti in servizio possono optare volontariamente per la possibilità di ottenere subito il 75% dell’indennità (nella quantità maturata fino al 30 maggio 2000) in cambio della rinuncia al 100% nel momento del pensionamento.
Insomma, il nuovo testo di legge consegna a ogni dipendente regionale in servizio, anche se nel frattempo trasferito ad altro ente, una libera scelta: o il 75% subito o il 100% quando vai in pensione.
Tutto semplice, si direbbe. Invece no! Infatti, tra il personale regionale prevale un clima di incertezza e preoccupazione, perché l’amministrazione non si è minimamente preoccupata di informare adeguatamente ed esaustivamente i lavoratori su quello che accadrà. E l’incertezza non è dovuta soltanto al silenzio informativo, ma anche a delle voci, messe in circolazione ad arte, anche da dirigenti, che annunciano sostanzialmente un ricatto: se non accetti il 75% subito, allora al momento della pensione dovrai fare causa alla Regione per avere quanto ti spetta.
Voci e interpretazioni palesemente contrarie alla legge e alla sentenza della Cassazione, ma che diventano credibili alla luce dei precedenti e del persistente silenzio ufficiale.
Ma non è soltanto questione di legalità, trasparenza e un minimo di decenza nel rapporto tra dirigenza e lavoratori, ma anche di soldi. Infatti, dal punto di vista del bilancio regionale è sicuramente vantaggioso erogare il 75% di quanto dovuto, invece del 100%, ma non lo è necessariamente per i dipendenti. In altre parole, il 75% subito può essere una soluzione interessante per quanti/e sono ancora lontani dalla pensione, considerato che verosimilmente hanno maturato pochi anni di indennità e che non c’è rivalutazione della somma, ma non lo è sicuramente per quanti/e andranno in pensione nei prossimi 10 anni circa, che con il 75% subirebbero un danno economico considerevole e certo. E vista l’aria che tira per i lavoratori in questo periodo, non ci sembra proprio il caso
Ecco perché abbiamo chiesto con la nostra interpellanza un urgente intervento da parte dell’Assessore competente, Colozzi, perché l’amministrazione comunichi ai dipendenti regionali in servizio chiaramente l’interpretazione corretta da dare alla norma, cioè che chiarisca una volta per tutte che la libertà di scelta è garantita e che nessuno e nessuna sarà costretto a spendere denaro e tempo per vedere rispettato un suo diritto, e che convochi tutte le rappresentanze sindacali, sia firmatarie che non firmatarie degli accordi, al fine di definire le procedure applicative atte a garantire trasparenza e rispetto della legalità. Inoltre, chiediamo che venga garantita la medesima informazione a tutti gli ex dipendenti regionali, andati in pensione dal giugno 2000 in poi, e a tutti i dipendenti nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre mille!), come peraltro stabilito dal nostro ordine del giorno approvato dal Consiglio.
qui sotto puoi scaricare l’interpellanza alla Giunta e la lettera alla Presidenza del Consiglio
Una generosa sanatoria per una trentina di alti dirigenti regionali, il cui concorso era stato dichiarato illegittimo dal Tar e dal Consiglio di Stato, e pesci in faccia per i lavoratori dipendenti della Regione. Questa è la morale di due norme di legge contenute nelle pieghe della manovra di assestamento di bilancio, approvata ieri sera dalla maggioranza del Consiglio Regionale.
Due norme che riflettono un’unica filosofia: quella dei due pesi e delle due misure, a seconda della distanza gerarchica degli interessati dal vertice politico della Regione. Due norme che sono la conseguenza diretta di contenziosi legali persi dalla Giunta Formigoni, davanti alla magistratura amministrativa per quanto riguarda la prima, davanti alla magistratura ordinaria per quanto riguarda la seconda.
Peccato davvero che chi governa in Lombardia non ce la faccia proprio ad adeguarsi alle sentenze della magistratura, come invece devono fare i comuni mortali, ma che abbia scelto un’altra strada. Ne è scaturito un pasticcio normativo di dubbia moralità e legittimità.
E così, la vicenda dei dirigenti si è risolta con una norma di sanatoria non solo retroattiva, ma anche ad personam, nella misura in cui produce effetti concreti soltanto su quel singolo concorso. Si tratta, in altre parole, di una norma giuridicamente traballante, che mette a rischio la legittimità anche di tutti gli atti amministrativi firmati dai dirigenti in questione.
I dipendenti regionali, invece, hanno ricevuto un trattamento molto meno comprensivo. In questo caso si tratta dell’integrazione regionale alla liquidazione (ex-l.r. 38/81), che esisteva fino al 30 maggio 2000, quando entrò in vigore la nuova disciplina nazionale. A suo tempo, il governo regionale diede un’interpretazione assai stravagante della nuova situazione normativa, interpretandola retroattivamente.
Insomma, la Regione decise, in aperta violazione della legge, che quanti sarebbero andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 di tale integrazione non avrebbero ricevuto nemmeno un euro, con tanti saluti agli anni già maturati. Ne seguirono, ovviamente, centinaia di contenziosi legali, che infine approdarono in Corte di Cassazione, dove si chiarì una volta per tutte (sentenza del 4 luglio 2008) che la retroattività non era ammessa e che la Regione doveva erogare quanto maturato fino alla fatidica data del 2000.
A questo punto tutto doveva considerarsi risolto. Invece no! A distanza di un anno il governo regionale ha escogitato la seguente norma di legge: a tutti i dipendenti regionali in attività verrà erogato subito, previa richiesta individuale, solo il 75% di quanto maturato fino al 30 maggio 2000. E nemmeno una parola su quanti sono già in pensione o su che cosa accadrà a coloro i quali non firmeranno la richiesta “volontaria”.
Anzi, a peggiorare la situazione, nel frattempo diversi alti funzionari della Regione hanno provveduto a far circolare tra il personale la voce che chi non accetta il 75% adesso, il giorno in cui andrà in pensione dovrà fare causa alla Regione per avere quanto gli spetta in base alla legge e alla sentenza di Cassazione. Cioè, un ricatto bello e buono, che discrimina anzitutto quanti andranno in pensione nei prossimi anni.
Con due nostri emendamenti abbiamo proposto di fuoriuscire dall’incertezza e dalle ambiguità. Nulla da fare: respinti. Abbiamo poi chiesto almeno un atto formale che smentisse quelle voci: nessuna reazione, silenzio di tomba.
Ma che qualcosa non quadrasse in questa vicenda, in fondo l’ha dovuto riconoscere lo stesso Assessore Colozzi, accogliendo in Aula un nostro ordine del giorno che impegna la Regione a informare “adeguatamente e esaustivamente” sulla nuova normativa anche quanti già andati in pensione dopo il 30 maggio 2000 (oltre 600), nonché tutti i lavoratori nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre 1.000).
Siamo francamente sconcertati dall’atteggiamento del centrodestra al governo in Regione Lombardia, che da una parte è disposto a fare carte false pur di non rifare un singolo concorso per dirigenti, mentre dall’altra non trova nulla di strano nel trattare come nemici i dipendenti che quotidianamente fanno funzionare l’istituzione. Quanto poi al rispetto della legalità, meglio lasciar perdere.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
in allegato puoi scaricare il nostro Ordine del giorno approvato dal Consiglio Regionale
C’era una volta la legge regionale n. 38 del 1981, una sconosciuta per la quasi totalità dei cittadini lombardi, ma non così per migliaia di lavoratori dipendenti dell’amministrazione regionale, poiché essa garantiva loro una “indennità di anzianità” che veniva corrisposta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, in quanto integrazione regionale alla liquidazione erogata dall’Inpdap (l’istituto previdenziale della pubblica amministrazione, cioè l’Inps dei pubblici dipendenti).
A questo punto, ne siamo consapevoli, quanti non sono lavoratori dipendenti di Regione Lombardia saranno fortemente tentati di abbandonare la lettura di questo testo. Invece, se avete un po’ di tempo e voglia, continuate lo stesso, perché questa storia, alla pari di altre, è paradigmatica di come funzionino le cose nell’amministrazione governata da ormai 15 anni da Roberto Formigoni.
Ebbene, per tornare al nostro argomento, le norme che regolavano quella “indennità” avevano per definizione una natura transitoria, visto che erano finalizzate alla “omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale” in attesa che lo Stato definisse sul piano nazionale la disciplina del trattamento di fine rapporto (Tfr) per i pubblici dipendenti. E quindi, a partire dal 30 maggio 2000, con l’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20/12/1999, la Regione –Giunta e Consiglio- pose fine a quella indennità.
In seguito, questo nuovo stato di cose sarebbe stato formalizzato con l’abrogazione degli articoli 16, 17 e 18 della l.r. n. 38/81, come stabilito dall’articolo 92 della l.r. n. 20/2008 (ex l.r. n. 19/2004).
Fin qui tutto bene e regolare, ma c’è un piccolo particolare che aveva fatto infuriare i dipendenti regionali e portato a un gran numero di contenziosi legali. Cioè, l’amministrazione formigoniana, tanto per non smentirsi mai, ha dato un’interpretazione un po’ troppo creativa della legge, per usare un eufemismo, interrompendo non soltanto l’ulteriore maturazione dell’indennità, come norma e logica vorrebbero, bensì l’erogazione tout court. In altre parole, i dipendenti andati in pensione dopo la fatidica data del 30 maggio 2000, anche se avevano già maturato molti anni di trattamento previdenziale integrativo, non ricevevano nemmeno un euro e le relative quantità economiche accantonate rimanevano dunque nelle casse della Regione.
Ne seguirono, appunto, numerosi ricorsi da parte di neopensionati che chiedevano che venisse loro corrisposto quanto maturato fino al 30 maggio 2000. Alcuni persero, perché la causa era impostata male, ma la maggior parte trovava ascolto dai giudici. Poi, un caso arrivò fino in Corte di Cassazione, visto che la Regione preferisce sperperare risorse pubbliche nei contenziosi legali, piuttosto che riconoscere di avere torto marcio.
E la Cassazione, con sentenza n. 18501 del 4 luglio 2008, ha chiarito una volta per tutte la questione: cioè, l’indennità in questione ha natura retributiva, l’abrogazione della precedente normativa “non produce effetto retroattivo, ma trova applicazione soltanto per l’avvenire (per il periodo successivo, cioè, al 30 maggio 2000)” e, pertanto, la Regione deve corrispondere quanto maturato fino al 2000.
Con questa sentenza, arrivata dopo otto anni di rifiuto ostinato della Regione di applicare la legge, si è aperta ovviamente una nuova fase, che ci porta diritto all’oggi. Cioè, alla norma pasticcio inserita nell’Assestamento di bilancio 2009, che sarà discusso in Consiglio regionale nei giorni 28-30 luglio. Ma andiamo con ordine.
Il 12 giugno scorso la Giunta regionale e la maggioranza delle rappresentanze sindacali, ad esclusione dei delegati di SdL intercategoriale e Slai-Cobas, hanno firmato un accordo sulle modalità di riconoscimento dell’indennità ex l.r. 38/81. Lo stesso accordo, con gli stessi firmatari sindacali, è stato poi siglato anche in Consiglio il 18 giugno. Nessuna consultazione dei lavoratori sull’accordo è stata effettuata. Infine, il 1° luglio il contenuto dell’accordo era già stato tradotto in una proposta di modifica di legge (art. 7, comma 24 del Pdl n. 398 “Assestamento al bilancio”) che qui di seguito riportiamo integralmente:
24. Alla legge regionale 7 luglio 2008 , n. 20 ”Testo unico delle leggi regionali in materia di organizzazione e personale” è apportata la seguente modificazione:
a) All’art. 92, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente comma:
“1 bis. L’indennità di cui al comma 1 e’ erogata, prima della cessazione del rapporto di lavoro, su richiesta dell’interessato, ai dipendenti di ruolo della Regione Lombardia che, alla data del 30 maggio 2000, avevano maturato almeno un anno di servizio, non risultano collocati a riposo ancorché siano stati trasferiti ad altri enti. La somma erogata, a soddisfazione integrale del diritto, è pari al settantacinque per cento della differenza tra un dodicesimo e un quindicesimo dell’ottanta per cento della retribuzione annua lorda alla data del 30 maggio 2000 moltiplicata per il numero di anni utili ai fini dell’indennità di premio di servizio con termine al 30 maggio 2000. All’onere si provvede con gli stanziamenti previsti all’UPB 7.2.0.1.174 “Risorse Umane” del bilancio di previsione 2009 e bilancio pluriennale 2009-2011.”
Ma, ovviamente, soltanto gli addetti ai lavori avranno capito qualcosa. Ecco dunque la traduzione della soluzione prospettata dal governo regionale:
1. a tutti i dipendenti in servizio, anche se nel frattempo trasferiti ad altri enti, che alla data del 30 maggio 2000 avevano almeno un anno di anzianità è riconosciuto il 75% della somma maturata fino al 30/05/2000 e l’erogazione sarà immediata, ma su richiesta dell’interessato;
2. l’accettazione volontaria del 75% subito estingue ogni debito della Regione nei confronti del lavoratore;
3. tutti coloro che sono andati in pensione tra il 31 maggio 2000 e l’entrata in vigore della nuova norma non sono contemplati e finiscono dunque nell’incertezza giuridica.
In Commissione II (Affari Istituzionali), competente per l’argomento, abbiamo sollevato dubbi sostanziali sulla correttezza della norma e chiesto delle modifiche, in particolare sottolineando la stravaganza del principio che il 75% possa soddisfare integralmente il diritto al 100% e contestando l’esclusione dei pensionati dalla norma, peraltro in palese contrasto con la sentenza della Cassazione.
Non che ci fossero molti spazi di discussione in Commissione, come peraltro accade sempre quando l’ordine dal Pirellone ha carattere tassativo. Anzi, è stata respinta in maniera irrituale anche la nostra richiesta di procedere all’audizione delle parti sindacali, sia firmatarie che non dell’accordo, e le informazioni aggiuntive richieste sono ad oggi arrivate soltanto dal Consiglio, ma non dalla Giunta, dalla quale dipende la stragrande maggioranza degli aventi diritto.
Comunque sia, di fronte alla nostra insistenza, i dirigenti delle amministrazioni del Consiglio e della Giunta presenti in Commissione hanno dovuto infine ammettere che effettivamente non si possono escludere coloro i quali hanno cessato il rapporto di lavoro dopo il 30 maggio 2000, ma che l’amministrazione intende procedere con “transazioni” extra-legge per soddisfare il diritto acquisito… Cioè, con una modalità priva di certezza, trasparenza e controllo.
Insomma, un grande pasticcio, dalla dubbia legittimità, a concreto rischio arbitrarietà e pieno di incertezze applicative.
In Aula presenteremo quindi alcuni emendamenti e ordini del giorno per garantire a tutti i dipendenti, in attività o collocati a riposo, il soddisfacimento del loro diritto. Anzitutto, ri-chiederemo che l’indennità maturata vada corrisposta al 100%. In secondo luogo, che il diritto dei pensionati dopo il 30 maggio 2000 (oltre 600) venga riconosciuto in legge e non con meccanismi arbitrari. E, infine, che venga garantita un’informazione completa anche ai dipendenti nel frattempo trasferiti ad altri enti (oltre 1.000).
qui sotto puoi scaricare le note delle amministrazioni di Giunta e Consiglio con le informazioni chieste da noi in Commissione
Che la Giunta Formigoni fosse poco rispettosa delle pronunce della magistratura lo sapevamo già, ma che addirittura provasse ad annullare una sentenza del Consiglio di Stato per mezzo di una legge retroattiva, non l’avevamo ancora visto.
Perché oggi pomeriggio, in Commissione II (Affari Istituzionali), è successo proprio questo. A pochi minuti dal voto finale sull’Assestamento di bilancio 2009, che andrà in aula nell’ultima settimana di luglio, come il classico coniglio dal cilindro è saltato fuori un emendamento che con il bilancio non c’entra nulla, e che interviene su una vicenda che riguarda una trentina di alti funzionari dell’Amministrazione regionale, assunti nel 2006 in base a un concorso illegittimo.
Questi dirigenti sono tuttora in servizio e appongono la loro firma su atti amministrativi di primaria importanza nonostante il Consiglio di Stato, respingendo tre mesi fa un ricorso di Regione Lombardia, abbia confermato la sentenza di primo grado già emessa dal TAR nel 2008, in cui il concorso e le conseguenti assunzioni erano state dichiarati illegittimi.
La ragione dell’illegittimità sta nel fatto che il bando non era stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, ma soltanto sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia, precludendo così la partecipazione ai cittadini italiani che in quel momento si trovassero in un’altra regione del paese.
Ebbene, mediante l’emendamento presentato oggi si modifica la legge regionale n. 20/2008 (Testo unico sul personale), introducendo il principio che d’ora in poi i bandi di concorso devono essere pubblicati soltanto sul bollettino regionale e, soprattutto, che questa nuova norma ha valenza retroattiva. Cioè, come per magia, il concorso illegittimo diventa legittimo e la condanna della magistratura amministrativa si trasforma in un’assoluzione.
Un emendamento talmente ardito e disinvolto da suscitare perplessità persino tra gli stessi commissari del centrodestra, dopo il nostro intervento. Quindi, su richiesta dell’opposizione e con una decisione unanime, la Commissione ha incaricato l’ufficio legale del Consiglio regionale di fornire un parere legale prima della discussione in aula.
Chiediamo alla Giunta regionale di ritirare immediatamente l’emendamento salva-dirigenti e di sanare la situazione nel quadro della legalità, adeguandosi dunque alla sentenza della magistratura amministrativa.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo dell’emendamento votato oggi in Commissione II
L’Assessore Colozzi ha risposto alla nostra interpellanza del 18 maggio scorso relativa al concorso interno all’amministrazione regionale, finalizzato a selezionare 10 (dieci) dipendenti inquadrati nella categoria C che passeranno alla categoria professionale superiore, cioè la D. La stranezza che aveva motivato la nostra interpellanza consisteva essenzialmente nel fatto che con la prima prova d’esame, de facto una sorta di preselezione, sono stati bocciati 257 candidati su 268. In altre parole, a sostenere la prova d’esame vera e propria rimangono soltanto 11 candidati per 10 posti…
Ebbene, l’Assessore Colozzi ora ci risponde che è tutto regolare e che non c’è nessun problema. Non c’era da aspettarsi nulla di diverso, ovviamente, considerato che l’Amministrazione regionale di solito tende a non rispettare nemmeno le sentenze della magistratura, amministrativa o ordinaria che sia, a lei sfavorevole (vedi, per esempio, il caso del concorso per dirigenti).
Tuttavia, a leggere bene la risposta alla nostra interpellanza, salta agli occhi l’argomentazione debole e a tratti grottesca. Anzitutto, l’Assessore dedica addirittura due paragrafi alla negazione dell’esistenza di una preselezione. Beninteso, lo sapevamo anche noi che la prima prova d’esame non si configurasse come una preselezione in senso formale e tecnico, ma noi avevamo posto un problema sostanziale.
In secondo luogo, l’Assessore sfida persino il ridicolo quando scrive che “il numero di candidati ammessi al colloquio, comunque superiore a quello dei posti da coprire, appare congruo ed è la risultante della prima prova d’esame e dell’applicazione dei criteri descritti che risultano parimenti congrui”. Certo che è “superiore”, perché 11 è più di 10, ma definirlo “congruo” è perlomeno un azzardo, se non una presa per i fondelli.
Qui sotto puoi scaricare il testo integrale della risposta all’interpellanza:
L’aveva detto il Tar nel 2008 e lo ha confermato il Consiglio di Stato il mese scorso: quel concorso del 2006 per 20 posti di dirigenti della Regione Lombardia era illegittimo e pertanto da annullare. Eppure, tutti i dirigenti regionali assunti sulla base del concorso in questione continuano ad essere regolarmente in servizio e a firmare atti, anche di grande rilevanza amministrativa.
Infatti, la Giunta regionale non intende accettare nemmeno la sentenza d’appello del Consiglio di Stato, da essa stessa voluta, e, anzi, rilancia con un ricorso alla Corte di Cassazione “per difetto di giurisdizione”, come deciso con la delibera di Giunta del 20 maggio scorso.
Ma c’è un piccolo problema: fino alla sentenza d’appello era assolutamente legittimo che i dirigenti così assunti continuassero nelle loro funzioni, poiché il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3006/08, aveva sospeso l’effetto della sentenza del Tar fino all’appello. Ma ora non risultano esserci basi giuridiche e quindi tutti gli atti firmati dai dirigenti provenienti da tale concorso sono a rischio illegittimità.
Riteniamo l’atteggiamento da parte della Giunta regionale perlomeno curioso. Non solo non si tiene conto che il Consiglio di Stato ha smontato proprio il cuore della tesi difensiva della Regione, cioè che in virtù del riformato titolo V della Costituzione essa non dovesse più pubblicare i bandi di concorso sulla Gazzetta Ufficiale, ma si espongono a rischi di legittimità una lunga serie di atti amministrativi.
Abbiamo pertanto presentato un’ulteriore interpellanza all’Assessore Colozzi sul concorso, la terza dopo quelle sul medesimo argomento del 2006 e del 2008, al fine di avere spiegazioni esaurienti e per sollecitare la Giunta regionale a rispettare la sentenza del Consiglio di Stato e pertanto procedere all’indizione di un nuovo bando.
Riteniamo quest’ultimo un passo necessario non solo alla luce di quanto già detto, ma anche per tutelare l’istituzione dalle troppe dicerie già in circolazione, che a questo punto potrebbero assumere nuova credibilità. L’accanimento della Regione si spiegherebbe cioè con la vicinanza a Comunione e Liberazione di molti dirigenti assunti in questo modo e con la presenza tra di loro del figlio di un Assessore, nonché cognato del Presidente Formigoni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’interpellanza
I concorsi, a guardarli bene, a volte sorprendono, specie nella Regione governata da Formigoni. E questo è sicuramente il caso del concorso qui in esame.
Non è che ci siano in gioco posti di lavoro ben retribuiti, di livello dirigenziale o simili, anzi in realtà non è in gioco nemmeno un solo nuovo posto di lavoro, ma soltanto una “progressione verticale” per dieci (10) lavoratori. Cioè, si tratta di una “selezione interna”, riservata al personale di ruolo della Giunta Regionale della Lombardia, dove i vincitori del concorso passeranno dalla categoria C a quella D. In altre parole, i vincitori avranno un modesto incremento salariale e qualche riconoscimento professionale. Poca cosa, si direbbe, ma chi conosce la realtà lavorativa e retributiva dei dipendenti regionali, molto lontana dalla leggenda nera spacciata da Brunetta, sa che quel poco può significare anche molto.
Infatti, per sole 10 progressioni hanno presentato domanda ben 332 lavoratori e di questi 268 hanno sostenuto la prima prova d’esame, in realtà una pre-selezione utile a scegliere quei candidati che avrebbero poi partecipato alla prova vera e propria. Una pre-selezione basata su due questionari, uno di carattere cognitivo e l’altro consistente in un test “psico-attitudinale”.
Ma eccoci alla sorpresa, o meglio all’anomalia: soltanto 11 candidati su 268 hanno superato la pre-selezione (ricordiamo che sono 10 le progressioni in palio). Un tasso di bocciatura del 96%, ottenuto peraltro con dei test poco idonei ad accertare le competenze professionali dei candidati. E, come se non bastasse, pare che ben due terzi di quanti hanno superato la prima prova appartengano al medesimo ramo dell’amministrazione regionale, cioè alla Direzione Generale Presidenza.
Insomma, tutto ciò può essere ovviamente la semplice conseguenza del caso e di qualche scelta sbagliata della Commissione esaminatrice, che ha attribuito ai test “psico-attitudinali” un peso eccessivo, ma quando si presentono della anomalie e si sollevano degli interrogativi, allora è giusto e doveroso chiedere delle spiegazioni.
Per questo, oggi abbiamo presentato un’interpellanza all’Assessore competente, con la quale chiediamo appunto delle spiegazioni urgenti. Ci pare che queste siano dovute, anzitutto ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno partecipato al concorso.
qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’interpellanza
Oggi la nostra regione ha raccolto i primi frutti avvelenati seminati dal nuovo Statuto della Lombardia: con un atto di arroganza politica e istituzionale Formigoni ha avocato a sé tutte le nomine nei consigli d’amministrazione degli enti controllati dalla Regione.
Infatti, il nuovo Statuto, approvato otto mesi fa con un voto bipartisan Centrodestra-Pd, aveva certificato la realtà del presidenzialismo sui generis e squilibrato vigente dalle nostre parti, prevedendo dunque che anche le nomine negli enti, aziende, agenzie e soggetti partecipati dalla Regione non fossero più competenza dell’assemblea legislativa, bensì della sola Giunta.
Ma si sa, la fame viene mangiando, e così il governo regionale ha pensato bene di forzare nella seduta di oggi l’approvazione di un provvedimento che traducesse questo principio statutario in legge, senza peraltro attendere la ridefinizione complessiva della normativa sulle nomine. Un atto di arroganza talmente palese che la richiesta preliminare dell’opposizione di non procedere alla discussione è stata respinta, nel segreto dell’urna, per un solo voto: 34 a 34.
Oggi Formigoni e Cl si sono portati a casa un bel regalo di natale, cioè poter nominare nei consigli d’amministrazione degli enti regionali chi vogliono senza più fastidiose discussioni e votazioni nel Consiglio e annessa pubblicità. Un pessima giornata invece per il Consiglio, ridotto a una corte del principe, e per i cittadini lombardi, che dovranno rinunciare a un’ulteriore fetta di trasparenza.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
|
|
|