Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 16 ott. 2007 (pag. Milano)
Questo fine settimana Formigoni ci ha consegnato l’ennesima sceneggiata contro l’impugnativa della legge regionale n. 19, relativa al sistema di istruzione e formazione lombardo, con un inedito atto di “diffida” rivolto al Ministro dell’Istruzione. Ma è dal 28 settembre scorso, quando il Consiglio dei Ministri decise di ricorrere alla Corte Costituzionale, che non passa giorno senza che il Presidente scagli anatemi o si inventi iniziative di ogni tipo, compresa una mobilitazione di piazza autocelebrativa, alla maniera di Ceausescu, che in realtà radunò solo poche centinaia di persone appartenenti all’universo ciellino, ma che l’abile comunicatore riuscì a vendere a una stampa compiacente come il “sostegno del mondo della scuola”.
C’è davvero da chiedersi quanti cittadini lombardi abbiano capito il vero oggetto dello scontro, dal momento che la legge regionale, approvata in fretta e furia il 27 luglio scorso, è un’emerita sconosciuta per i non addetti ai lavori e che tutta la comunicazione pubblica ripropone il cliché del conflitto tra un Governo nazionale conservatore e ostile e una Lombardia dinamica e produttiva. E così, chiunque osi contraddire le scelte di Formigoni e della sua maggioranza, finisce inevitabilmente sul banco degli accusati per attività anti-lombarde.
Certo, un po’ comprendiamo l’ira del Presidente, avendo egli, a suo tempo, incassato la benevola astensione dell’Ulivo lombardo e, presumibilmente, qualche incauta assicurazione che a Roma avrebbero lasciato fare. E, infatti, l’attuale imbarazzo di molti dirigenti del Piddì regionale, accusati di “sudditanza” a Formigoni persino dall’ulivista Riccardo Sarfatti, è sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia, sarebbe un grave errore pensare che il progetto formigoniano sia a questo punto stoppato o che sia sufficiente affidarsi alle iniziative del Governo, il quale ha agito anzitutto per un elementare senso di tutela del quadro normativo vigente, di fronte alla carica destabilizzante della legge lombarda. Formigoni può, infatti, contare su numerosi e significativi appoggi, a partire dai cosiddetti poteri forti, dalla Compagnia delle Opere a Confindustria, nonché sulla palese non ostilità della maggioranza del Partito Democratico. E nessuno starà a guardare, vista la posta in gioco e i consistenti interessi materiali implicati.
Ebbene sì, perché qui non si tratta semplicemente della tendenza all’accentramento di sempre più poteri nelle mani dell’esecutivo regionale, a scapito sia dello Stato che degli Enti Locali, ma soprattutto di un attacco frontale e consapevole alla scuola pubblica e laica. Il cuore del provvedimento è rappresentato dall’istituzionalizzazione del doppio canale morattiano e dall’invasione del campo dell’istruzione tecnica e professionale, per la quale si prevede un sistema analogo a quello disastroso in vigore dal 2001 nella formazione professionale. Cioè, si stabilisce la piena equiparazione tra pubblico e privato nell’accesso ai finanziamenti e una larga autonomia per i singoli istituti, che comprende addirittura la possibilità di poter assumere direttamente e discrezionalmente il personale docente.
In altre parole, una gigantesca operazione di drenaggio di risorse pubbliche verso soggetti privati, come peraltro già avviene nella sanità, e un primo passo verso l’apertura del fronte scuola tout court. Che tutto questo possa essere nell’interesse del mondo imprenditoriale, lo possiamo capire, ma ci pare oltremodo arduo sostenere che debba esserlo anche in quello di studenti, insegnanti e famiglie. Ecco perché in troppi preferiscono nascondersi dietro la cortina fumogena della lite sulle competenze tra Stato e Regione.
Molte componenti del mondo della scuola, dagli studenti medi a diverse organizzazioni sindacali degli insegnanti -Cgil, Rete Scuole, sindacati di base-, si sono già espressi contro la legge regionale, ma ci pare evidente che questo non basti più e che occorra urgentemente un salto di qualità.
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Da quando il governo ha deciso di impugnare presso la Corte Costituzionale la legge regionale n. 19, “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”, non è passato giorno senza che il Presidente Formigoni non lamentasse una presunta lesione della sovranità della Lombardia oppure che i suoi assessori e consiglieri non esibissero liste di attestati di sostegno alla legge, provenienti dal “mondo della scuola, della formazione e del tessuto produttivo”.
In fondo, è sufficiente leggere bene quelle liste per scoprire che si tratta soprattutto di soggetti che ottengono un beneficio, diretto o indiretto, dall’apertura ai privati dell’istruzione tecnico e professionale, come la Compagnia delle Opere o le associazioni padronali. Dall’altra parte, che a Formigoni interessasse ben poco il dialogo con studenti, insegnati e genitori era stato chiarito dalla scelta di far approvare la controriforma gli ultimi giorni di luglio, in maniera semiclandestina, sebbene la legge fosse ancora incompleta.
Ma la migliore smentita della favola del sostegno del “mondo della scuola” al progetto di Formigoni è arrivata dalle migliaia di studenti medi che oggi hanno manifestato a Milano e che hanno fortemente contestato la legge regionale. E così, dopo le proteste da parte di molte organizzazioni sindacali degli insegnanti, come la Cgil, Rete Scuole e i sindacati di base, iniziano a far sentire la loro voce anche i ragazzi.
Ringraziamo sinceramente gli studenti milanesi per la loro operazione verità e auspichiamo che le manifestazioni di dissenso continuino rumorose, vista l’ostinata sordità del governo regionale. Per quanto ci riguarda, invitiamo ancora una volta il centrodestra lombardo ad abbandonare la strada dell’arroganza e a riportare la legge in Consiglio regionale.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 2 ott. 2007 (pag. Milano)
La decisione del Consiglio dei Ministri di impugnare presso la Corte Costituzionale la legge regionale n. 19/2007, “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”, si configura come un atto dovuto, poiché numerosi e palesi sono gli elementi di incostituzionalità.
Le dichiarazioni scomposte del Presidente Formigoni, che accusa il Governo di attaccare la libertà e i diritti di studenti, insegnanti e famiglie della Lombardia, sono inaccettabili e mistificatorie. La verità è che Formigoni sembra considerare i cittadini lombardi degli incapaci di intendere e volere, continuando a vendere la favola che qui si tratti di un semplice scontro sul federalismo “sì” o “no”.
D’altra parte, a dirla lunga è la modalità stessa con cui la legge è stata approvata in Consiglio: il 27 luglio scorso, in semiclandestinità, quando studenti, insegnanti e famiglie erano in partenza per le ferie, nonostante il testo fosse ancora incompleto e pieno di buchi, mancando sia la norma finanziaria, che la definizione dell’offerta formativa.
Ma cos’è che Formigoni vuole nascondere all’opinione pubblica lombarda? Semplice. Il progetto di introdurre il sistema di equiparazione pubblico-privato, già vigente nella sanità, anche nel campo dell’istruzione. Qualora fosse realizzato, questo disegno comporterebbe un finanziamento pubblico diretto, mediante il sistema dellaquota capitaria, alla scuola privata, mentre la scuola pubblica si dovrebbe accontentare delle briciole. Peccato, però, che la Costituzione lo vieti!
È altamente significativo che durante la discussione il centrodestra si era opposto sistematicamente a ogni bilancio dello stato di salute della formazione professionale lombarda. Infatti, in quel campo il sistema pubblico-privato è in vigore da sei anni e il risultato è, a dir poco, preoccupante: la nostra regione detiene il primato nazionale di indagini da parte della Guardia di Finanza. Altro che federalismo e “devoluzione” di risorse dallo Stato alla Lombardia. Qui si tratta del solito e triste gioco di drenare le risorse pubbliche verso alcuni privati.
L’obiettivo su cui sparare è evidentemente la scuola pubblica: lo confermano gli stessi atti della Giunta lombarda, come la formale impugnativa, alcuni mesi fa, presso la Corte Costituzionale, dell’articolo 13 deldecreto Bersani, che appunto stabilisce che l’istruzione tecnica e professionale è parte integrante del sistema nazionale di istruzione.
Che il centrodestra cerchi di nascondere la realtà ai lombardi possiamo al limite capirlo, poiché sta nei suoi interessi. Ma che il Partito Democratico lombardo si sia immediatamente preoccupato di sostenere le ragioni di Formigoni, rivendicando una co-paternità della legge e riducendo il tutto a questioni “tecniche”, è semplicemente pazzesco. Davvero, la sete di alleanze variabili è diventata così forte da sacrificare persino la verità?
Auspichiamo che la Corte Costituzionale, cioè l’organo deputato, possa decidere al più presto sui quesiti di illegittimità. Per quanto ci riguarda, continuiamo la nostra opposizione contro l’attacco alla scuola pubblica, libera e laica e invitiamo tutti i soggetti interessati, dagli studenti agli insegnanti ai genitori, a far sentire la loro voce.
Bene hanno fatto la Flc-Cgil nazionale e la Cgil Lombardia a chiedere al Governo di impugnare la legge regionale n.19, relativa al “sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”, approvata a colpi di maggioranza e in semiclandestinità il 27 luglio scorso, con il voto contrario dei consiglieri regionali di Prc, PdCI, IdV, Verdi e Sinistra Democratica.
Sin dal principio, abbiamo combattuto con forza il progetto formigoniano che riteniamo estremamente pericoloso per la scuola lombarda e carico di conseguenze negative sul piano nazionale. Infatti, non si tratta soltanto della riproposizione della Riforma Moratti in salsa padana e di un’ulteriore pioggia di denaro pubblico a favore della scuola privata, ma di un vero e proprio attacco contro l’unitarietà del sistema nazionale di istruzione.
La legge regionale voluta e imposta dal centrodestra lombardo, dunque, oltre a essere sbagliata nel merito, è palesemente illegittima sul piano costituzionale. Cosa che, insieme ad altri, abbiamo detto e ridetto in ogni sede istituzionale, senza che la maggioranza se ne curasse minimamente. Ma siccome siamo ostinati, dopo l’approvazione della legge, Rifondazione Comunista ha richiesto un parere specialistico allo studio legale milanese che fa capo al noto costituzionalista Prof. Avv. Vittorio Angiolini.
Ebbene, proprio in questi giorni ci è pervenuto il parere che conferma autorevolmente quanto da noi sostenuto, cioè che la legge regionale presenta seri problemi di incostituzionalità. Illegittimo è il finanziamento pubblico diretto alla scuola privata mediante il meccanismo della “quota capitaria” e illegittime sono le norme regionali che invadono il campo dell’obbligo scolastico, dei percorsi formativi e delle certificazioni dei risultati raggiunti.
Abbiamo già provveduto a interessare i livelli nazionali, affinché il Ministro dell’Istruzione Fioroni venga puntualmente informato. Di fronte ai serissimi e documentati dubbi di legittimità, Rifondazione Comunista ritiene imprescindibile che il Governo proceda a impugnare presso la Corte Costituzionale questa legge.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 luglio 2007 (pag. Milano)
Luglio è un mese maledetto. Ci portò via la scala mobile e ora ci consegna l’accordo che innalza l’età pensionabile e conferma la Legge 30. Ma anche il Presidente della Lombardia, Formigoni, ha pensato bene di approfittare delle particolari proprietà di luglio e così, nella disattenzione pubblica generale e con le scuole chiuse, venerdì 27 il Consiglio regionale ha approvato la legge sul nuovo “sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia”.
Il tutto iniziò in aprile, quando la Giunta regionale inondò le città lombarde con cartelli pubblicitari che annunciavano la nuova legge, anche se l’iter in Consiglio non era nemmeno iniziato. Cioè, una spesa di mezzo milione di euro, attingendo illegittimamente ai fondi europei (Fse), per propagandare quella che allora era una semplice proposta del centrodestra. I metodi spicci avrebbero poi caratterizzato anche i lavori in Commissione, dove il progetto di Formigoni si confrontava con altri due, uno del Prc e l’altro dell’Ulivo. La parola d’ordine era “fare presto” e, di conseguenza, le 80 audizioni si consumarono in un batter d’occhio e alla fine è stato approvato un Pdl sostanzialmente identico alla proposta iniziale, pieno di buchi e rinvii –dalla norma finanziaria all’offerta formativa- e che, comunque, non potrà entrare realmente in vigore prima dell’anno scolastico 2008-2009. Insomma, una storia iniziata male e finita peggio.
Ma, in fondo, il metodo adottato si spiega con il merito del provvedimento, il cui rilievo è inversamente proporzionale al livello di attenzione che la sua approvazione ha suscitato. La tesi di fondo che ispira la legge è che alla Regione compete non soltanto la formazione, ma altresì l’istruzione tecnica e professionale. Non a caso, già alla fine di maggio Formigoni ha impugnato presso la Corte Costituzionale l’articolo 13 del decreto Bersani, che appunto riafferma la competenza statale.
Tuttavia, non siamo soltanto di fronte alla solita offensiva “federalista”, che da queste parti si traduce in un crescente accentramento di potere nelle mani del Presidente-Principe, a discapito sia dello Stato che degli enti locali, bensì a un attacco bello e buono alla scuola pubblica. Il nuovo sistema regionale, infatti, si basa sulla piena equiparazione tra pubblico e privato e sul finanziamento attraverso la quota capitaria, che assegna le risorse in base al numero di studenti, e il “buono scuola”, che è accessibile soltanto alle famiglie delle scuole private. Va aggiunto, inoltre, che ogni istituto sarà libero di assumere il proprio personale come meglio crede, senza dover ricorrere a fastidiose graduatorie. Insomma, un’istruzione che si fa mercato e terra di conquista per un privato che campa sui sussidi pubblici.
L’idea di scuola che propone la filosofia formigoniana è la medesima che ispirò la Riforma Moratti. E così l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni non è vissuto come un’opportunità, in una regione dove la dispersione scolastica è in aumento e la mobilità sociale bloccata, bensì come una banale opportunità per rilanciare il doppio canale morattiano. Una concezione della scuola profondamente classista, dove non conta formare cittadini, ma produrre braccia per il mercato. Gli studenti che provengono dai ceti popolari o dall’immigrazione, a meno che non siano particolarmente “capaci e meritevoli”, saranno così destinati all’avviamento precoce al lavoro.
Non bisogna essere dei geni per capire che una siffatta controriforma non lascerà indifferente il quadro nazionale, dove l’immobilismo governativo e la mancanza di risorse offrono il fianco a quanti, non solo a destra, vogliono rilanciare la Riforma Moratti. Ancora più grave appare, dunque, la scelta della benevola astensione da parte del Partito Democratico lombardo, condita con attacchi espliciti contro i “conservatori” di sinistra che vogliono abrogare la Moratti.
I consiglieri regionali della sinistra hanno votato contro una legge inaccettabile, che compromette l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, mettendo in discussione anche la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione.
Regione Lombardia irrompe nell’istruzione con l’obiettivo di riprodurre quella divisione tra scuola di serie A e di serie B introdotta a suo tempo dalla riforma Moratti e abrogata, come primo atto dopo l’insediamento, dal Governo dell’Unione.
Lo fa andando ben oltre le proprie competenze e ignorando completamente le normative nazionali vigenti. Tanto che la legge approvata si presta a rilievi di illegittimità tali da poter essere impugnata dal Governo.
Comunicato stampa congiunto di Muhlbauer, Agostinelli, O. Squassina (Prc), Monguzzi, Saponaro (Verdi), Storti (Pdci), A. Squassina (Ds)
Dopo mesi di silenzi e di rifiuti, e soltanto dopo le proteste in Aula degli ultimi giorni, l’Assessore Rossoni ha finalmente risposto all’interpellanza dei consiglieri di Rifondazione Luciano Muhlbauer, Mario Agostinelli e Osvaldo Squassina, relativa alla campagna pubblicitaria del nuovo “sistema di istruzione e formazione” della Lombardia realizzata nei mesi di aprile e maggio.
La risposta è francamente sconcertante e conferma tutti i sospetti di uso illegittimo di soldi pubblici. Infatti, la campagna pubblicitaria è costata 500 mila Euro ed è stata finanziata con fondi europei (Fse).
Insomma, per promuovere, alla vigilia del voto amministrativo, quella che ai tempi era una semplice proposta di legge del centrodestra, nemmeno ancora giunta in Consiglio, si sono utilizzati i fondi dell’Ue.
Un abuso bello e buono! Da parte nostra, muoveremo tutti i passi formali per chiedere l’intervento della Corte dei Conti. Questo incredibile fatto getta ulteriori ombre sul pdl sull’istruzione e la formazione in discussione in Consiglio proprio oggi, cioè il 27 luglio, quando le scuole sono chiuse e le famiglie in ferie.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 24 luglio 2007 (pag. Milano)
Luglio sta volgendo alla fine, le scuole sono chiuse e studenti, famiglie e insegnanti si apprestano a godersi le vacanze. Difficile che in un momento del genere possa esserci qualche attenzione a quello che accade nel Consiglio regionale lombardo. Eppure, è proprio per il giorno venerdì 27 luglio che il centrodestra ha imposto la discussione in Aula della sua controriforma del “sistema educativo di istruzione e formazione professionale” in Lombardia.
Una vera e propria porcata, visto che tutta questa improvvisa fretta non può trovare alcuna giustificazione valida. E’ evidente che una riforma di tale entità, anche se fosse approvata ora, non potrebbe produrre effetti concreti prima dell’anno scolastico 2008/2009, a meno che non si voglia sostenere che sia possibile rivoluzionare l’istruzione lombarda nel mese di agosto. A riprova di quanto affermato, basti ricordare che nel corso dell’approvazione definitiva del Pdl in Commissione, la maggioranza ha dovuto modificare in extremis due articoli (21 e 22), poiché questi facevano riferimento a due allegati semplicemente inesistenti. Si trattava delle definizioni dell’offerta formativa e del repertorio regionale, senza le quali la legge non può funzionare nemmeno in via ipotetica, e che ora dovrebbero essere prodotti entro il mese di ottobre.
Per capire la ragione di questo procedere alla maniera dei ladri di polli, bisogna dunque guardare al merito dell’operazione formigoniana. In primo luogo, il centrodestra intende rilanciare in salsa padana la Riforma Moratti, proponendo un modello di scuola basato su canali differenziati e sulla vecchia ricetta dell’avviamento precoce al lavoro per gli studenti provenienti dai ceti popolari, peraltro in netto contrasto con gli obiettivi dell’innalzamento dell’obbligo d’istruzione a 16 anni, introdotto dal Parlamento nell’autunno scorso. In secondo luogo, si vorrebbe estendere anche all’istruzione tecnico-professionale il sistema di piena parificazione tra pubblico e privato già vigente nella formazione professionale lombarda sin dal 2001 e che tanti danni ha provocato. Il finanziamento di tale sistema sarebbe garantito attraverso il meccanismo della quota capitaria -destinato agli istituti- e la generalizzazione del buono scuola -destinato alle famiglie delle scuole private-. I singoli istituti sarebbero, inoltre, liberi di selezionare il proprio personale docente come meglio credono, senza ricorrere a fastidiose graduatorie. Infine, tale progetto apre un palese conflitto di competenza con lo Stato -la Lombardia ha già impugnato l’articolo 13 del decreto Bersani-, mentre contestualmente marginalizza il ruolo di Province e Comuni. Insomma, il solito federalismo alla lombarda, che potremmo tradurre con la formula “tutto il potere a Formigoni”.
Un attacco frontale alla scuola pubblica, una riproposizione nemmeno tanto mascherata della devolution in materia scolastica e la solita pioggia di denaro a favore di un privato che campa sulle sovvenzioni pubbliche. Impensabile che un siffatto progetto possa essere approvato senza problemi e conflitti, se soltanto il dibattito si svolgesse alla luce del sole e con le scuole aperte. Ecco la ragione vera per la quale si tenta di farlo di nascosto, il 27 luglio, quando i cittadini lombardi sono occupati in altro.
Facciamo dunque appello a tutte le organizzazioni del mondo della scuola a far sentire la propria voce. Ma chiediamo anche all’Ulivo in Regione di abbandonare la linea della benevola astensione e di battersi unitariamente contro la porcata estiva di Formigoni.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di luglio/agosto 2007
La situazione di incertezza e difficoltà che vive la scuola pubblica italiana, anche a causa dei tagli della Finanziaria e dell’immobilismo governativo rispetto al quadro legislativo morattiano, consente ai tanti nemici dell’istruzione pubblica e laica di riprendere l’iniziativa.
A dare il via non è a caso il Presidente della Regione Lombardia, Formigoni, il quale ha presentato un progetto di legge regionale sul “sistema educativo di istruzione e formazione”, che rappresenta insieme un progetto federalista dal sapore devoluzionista e incostituzionale, nonché un autentico rilancio per la via dei fatti del disegno di una scuola al servizio del mercato, anzi essa stessa mercato.
La proposta del centrodestra lombardo fa leva sui pasticci del riformato Titolo V della Costituzione e pretende di esercitare unilateralmente tutte le competenze concorrenti (a fine maggio la Regione ha impugnato l’articolo 13 del decreto Bersani), istituendo de facto il doppio canale, con l’istruzione liceale e quella tecnico-professionale che si allontanano sempre di più. In altre parole, torna il vecchio avviamento al lavoro e la canalizzazione precoce a partire dal 14° anno di età.
Il sistema si basa sulla piena di equiparazione tra istituzioni formative pubbliche e private, che dovranno quindi accreditarsi presso la Regione per ottenere risorse sulla base del principio della quota capitaria. Inoltre, alle famiglie verrà riconosciuto un “buono” da spendere presso l’operatore che ritengono e gli istituti potranno assumere direttamente il personale docente e non docente, senza dover ricorrere a fastidiose graduatorie.
Per capire meglio cosa dobbiamo aspettarci, conviene brevemente ricordare due precedenti lombardi. In primo luogo, il nuovo sistema pubblico-privato è in vigore per la formazione professionale sin dal 2001. Ebbene, il primo effetto fu che tra il 2000 e il 2004 il numero degli enti formativi balzò da 282 a 1143. Un esercito di enti privati, spesso erogatori di un unico corso in tutto l’anno scolastico, che senza trasparenza e controllo effettivo si accaparrava i miliardi del fondo sociale europeo, dequalificando l’intero sistema. In secondo luogo, nel 2001 fu introdotto anche il “buono scuola”, cioè un sussidio pubblico, che nel solo anno scolastico 2005/2006 assorbì 43 milioni di euro di fondi regionali. Ma, e sta qui lo scandalo, il 99% è andato a famiglie i cui figli frequentano la scuola privata e il 63% beneficiari dispongono di un reddito dichiarato che si colloca nella fascia tra 35 e 180mila euro annui.
Ebbene, mentre scriviamo il progetto di legge, in alternativa al quale Rifondazione ha presentato un proprio Pdl, è tuttora in discussione nella competente Commissione consiliare, anche se il centrodestra ha già esplicitato l’intenzione di farlo approvare dall’Aula nella seduta del 30-31 luglio, cioè con le scuole chiuse e i cittadini partenza per le ferie. Non sappiamo, dunque, quale sarà la situazione nel momento in cui questo articolo verrà letto, così come sappiamo se saremo in grado di bloccare l’ultima provocazione formigoniana, piovuta in Commissione a fine giugno.
Infatti, il centrodestra ha presentato una versione modificata della sua proposta di legge, che contiene una serie di novità dirompenti. Con un colpo di mano, il centrodestra tenta ora di abrogare tutte le leggi regionali vigenti in materia (diritto allo studio, edilizia scolastica ecc.) –con la sola esclusione della normativa sul buono scuola…-, assegnando alla Giunta regionale tutti i poteri decisionali. In altre parole, una ipercentralizzazione in una sorta di Ministero regionale dell’istruzione, a scapito non soltanto dello Stato, ma anche degli enti locali.
Sarebbe un grosso errore sottovalutare la mossa di Formigoni. Qui non si tratta di un semplice affare lombardo, bensì del tentativo di aprire un varco su scala nazionale, approfittando dell’inerzia governativa, dell’assenza di mobilitazione sociale e delle troppe ambiguità in settori non marginali del Partito Democratico. La via delle Regioni per riproporre l’attacco alla scuola pubblica, libera e laica è oggi quella più insidiosa e, se non si svilupperà un’iniziativa politica, istituzionale e sociale all’altezza, rischia pure di essere quella vincente. E, non dimentichiamolo, come “danno collaterale” ci troveremo un ulteriore concentrazione di potere nelle mani di un Presidente che assomiglia sempre di più a un moderno principe.
Che la Giunta Formigoni intenda ridisegnare unilateralmente e su base autonomistica e privatistica l’insieme del sistema dell’istruzione e della formazione professionale è ormai cosa risaputa. Altrettanto nota è la nostra netta opposizione al progetto del centrodestra. Ma quello che probabilmente non si sa, e che noi riteniamo di gravità inaudita, è quanto sta avvenendo in questi giorni.
Infatti, terminate in tempo record le oltre 50 audizioni con soggetti sociali e istituzionali, il centrodestra ha presentato in Commissione VII una versione modificata della sua proposta di legge, che da una parte ignora la quasi totalità delle osservazioni avanzate in sede di audizione e, dall’altra, contiene una serie di novità dirompenti. Cioè, con una sorta di colpo di spugna, il centrodestra intende abrogare in toto praticamente tutte le leggi regionali in materia di istruzione e formazione attualmente in vigore, sostituendole con poche righe di rimando a futuri e non meglio specificati criteri, che saranno individuati dal governo regionale.
Ci riferiamo, per esempio, all’abrogazione della l.r. n. 31/80, che disciplina gli interventi regionali a sostegno del diritto allo studio nella scuola primaria e secondaria, e a quella della l.r. n. 70/80, relativa agli interventi per l’edilizia scolastica. Mentre, guarda caso, rimarrebbe esclusa dalla furia abrogazionista unicamente la normativa sul cosiddetto buono scuola, che ogni anno gira decine di milioni di euro dal bilancio regionale alla scuola privata. Inoltre, andrebbe ricordato che questa operazione di azzeramento legislativo comporta altresì l’eliminazione di ogni sede di concertazione con le parti sociali.
Se tutto questo è allarmante dal punto di vista del merito, poiché prefigura l’intenzione di istituire una sorta di Ministero regionale dell’istruzione che accentra tutti i possibili poteri in materia scolastica, dal punto di vista del metodo siamo francamente nel regno della pura e semplice pirateria istituzionale e del disprezzo per le più elementari regole democratiche.
Infatti, basti qui sottolineare che ai Comuni e alle Province, che gestiscono i -pochi- fondi assegnati dalle due leggi regionali in questione, non era stato detto nulla al riguardo nel corso delle audizioni. E che in Commissione VII la maggioranza di centrodestra aveva negato la discussione della proposta di legge di modifica della 31/80 presentata da Rifondazione, perché “l’argomento non c’entrava”.
Insomma, il metodo e il merito si danno la mano. Diventa sempre più evidente quello che interessa veramente a Formigoni. Altro che federalismo e preoccupazione per il futuro degli studenti lombardi! Qui si tratta semplicemente della volontà di concentrare nelle mani del Presidente della Regione sempre più potere, a scapito dello Stato, degli enti locali e dei cittadini. Sarà per questo che il centrodestra vuole far approvare questo scempio nella seduta del Consiglio Regionale del 31 luglio, con le scuole chiuse e i cittadini in partenza per le ferie?
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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