Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
di lucmu (del 30/10/2007, in Casa, linkato 1180 volte)
L’ennesimo provvedimento sulle case popolari, oggi approvato a maggioranza dal Consiglio Regionale, rappresenta un ulteriore passo verso la dismissione di una politica attiva da parte della Lombardia sul problema della casa.
Infatti, ora potrà essere alienato il 20% del patrimonio pubblico, cioé 34mila alloggi su 170mila, di fronte a una situazione che già oggi riesce a soddisfare soltanto il 4% della domanda. E, soprattutto, si introducono nuovi criteri per la determinazione del canone d’affitto, a partire da quello del valore di mercato dell’immobile, con un conseguente aumento generalizzato dei canoni, anche oltre il 200%, che peserà principalmente sulle fasce più deboli e residenti negli edifici più vecchi e degradati. E a tutto questo vanno aggiunte le spese varie a carico degli inquilini, comprese quelle di amministrazione, che ammontano a 1.300-1.500 euro.
Insomma, i cittadini più svantaggiati dovranno sborsare più quattrini, che spesso nemmeno hanno, e in cambio non riceveranno nulla. Anzi, agli enti gestori, Aler e comunali, non viene imposto nemmeno qualche obbligo serio per quanto riguarda la trasparenza e il risparmio, mentre difficilmente ci saranno fondi significativi per le manutenzioni, visto che si tratterà anzitutto di tappare i buchi causati dai drastici tagli - del 75% - attuati dalla Regione un anno fa.
Nonostante la maggioranza abbia infine accolto 8 emendamenti di Rifondazione (sui 39 complessivi), che, per esempio, impongono qualche consultazione con le organizzazioni sindacali degli inquilini e allargano la vigenza del canone sociale anche a stabili di proprietà pubblica finora non considerati (legge 25/80, leggi speciali ecc.), l’impianto di fondo della legge non cambia. Rimane integra la sua natura di semplice e miope operazione di cassa, da scaricare integralmente sulle spalle dei locatari. E rimane dunque confermato anche il nostro giudizio che si tratti di una riforma iniqua, immorale e inefficace.
Per questi motivi, oggi in Consiglio abbiamo espresso voto contrario e da domani appoggeremo le mobilitazioni delle organizzazioni sindacali degli inquilini, che immancabilmente si produrranno in vista dell’applicazione di questa legge sbagliata.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui puoi scaricare gli 8 emendamenti -firmati da Muhlbauer, Agostinelli, Squassina O. (Prc), Monguzzi (Verdi), Storti (PdCI), Squassina A. e Cipriano (Sd)- approvati.
Con la firma dell’accordo di programma per la Tem, tra il Ministro Di Pietro e Formigoni, la grande coalizione delle grandi opere autostradali realizza un ulteriore passo verso la devastazione del territorio e dell’ambiente lombardi.
I cittadini della nostra regione ci guadagneranno ben poco, poiché l’aumento della superficie asfaltata comporterà, come tutte le proiezioni confermano, un incremento del numero di automobili in circolazione, nonché la cronicizzazione di un modello dei trasporti basato per il 70% sul traffico privato su gomma.
Ma soprattutto, la mobilitazione di ingenti finanziamenti per le tre grandi opere autostradali - Pedemontana, BreBeMi e Tem -, nell’ordine di 7-8 miliardi di euro complessivi, non lascerà che briciole per la viabilità ordinaria e per il trasporto pubblico e su rotaia. Un esempio? Poche settimane fa, il Consiglio regionale aveva approvato la relazione dell’indagine consiliare sul sistema ferroviario regionale, che confermava la totale inadeguatezza infrastrutturale e il preoccupante invecchiamento del materiale rotabile. Eppure, alla fine ci si è limitati a chiedere un impegno di soli 150 milioni di euro, nella diffusa consapevolezza che persino questo obiettivo minimalista resta difficile da raggiungere.
Alla Lombardia e ai lombardi non servono ulteriori colate di asfalto, bensì una scelta coraggiosa di cambiamento. Cioè, servirebbe un’unica grande opera: un programma straordinario di investimenti sul sistema ferroviario e sul trasporto pubblico. Tuttavia, sebbene nessuno neghi, a parole, la necessità di scelte del genere, alla fine prevale sempre e comunque il drenaggio di risorse pubbliche verso nuove autostrade. Come mai?
La verità è che le grandi opere autostradali per qualcuno sono anche un grande affare. E non ci riferiamo soltanto ai soggetti privati interessati direttamente alla realizzazione e alla gestione delle opere, e il cui rischio d’impresa è peraltro ridotto quasi a zero, ma altresì ai vasti appetiti che si stanno scatenando attorno alla vera novità del momento. Cioè, a quelle norme contenute nel progetto di legge della Giunta Formigoni, il n. 226, che permetterebbero di comprendere nella concessione anche opere annesse e connesse, di carattere “insediativo e territoriale”. In altre parole, qualsiasi cosa, dal centro commerciale al residence, purché collocato nelle vicinanze dell’autostrada. Un business di indubbio interesse per alcuni imprenditori, ma che calpesta brutalmente i cittadini e le comunità locali, poiché gli strumenti urbanistici dei comuni verrebbero marginalizzati e resi inoffensivi.
L’odierno accordo per la Tem rappresenta una scelta miope e un grave errore da parte della politica. Pertanto, esprimiamo il nostro accordo con le preoccupazioni di Legambiente, che oggi manifesta sotto la Regione.
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Il progetto di legge 'Norme in materia di trasporto aereo, coordinamento aeroportuale e concessioni di gestioni aeroportuali', approvato oggi in Consiglio regionale, altro non è che un manifesto delle buone intenzioni e quindi ci siamo astenuti.
Il provvedimento, infatti, che presenta peraltro numerosi profili di illegittimità risultando dunque passibile di impugnativa, non avrà alcuna possibilità di incidere concretamente sulle scelte che i grandi vettori faranno rispetto alla spartizione degli slot.
Di fronte al sostanziale caos in cui sono cresciuti gli scali lombardi negli ultimi anni, senza che mai Regione Lombardia si assumesse alcuna responsabilità di programmazione e coordinamento - anzi, si ricordi che qualche assessore si era perfino spinto a parlare di Montichiari come del secondohub regionale! -, ancora una volta non si pensa a una soluzione di sistema in accordo con le altre Regioni settentrionali e con il Governo, ma si sceglie una strada unilaterale che rischia oltretutto di produrre un effetto emulazione per cui ogni Regione perseguirà i propri interessi in contrasto con le altre.
Quello che oggi serve non sono certo le apparizioni televisive del Presidente o qualche legge volantino, bensì un impegno concreto della Regione per contribuire a delle soluzioni possibili, a partire dalla definizione di un piano organico del trasporto aereo e di un piano industriale di Alitalia, che mettano al centro la salvaguardia dei posti di lavoro negli aeroporti lombardi.
dichiarazione congiunta di Luciano Muhlbauer (Prc), Arturo Squassina (Sd) e Carlo Monguzzi (Verdi)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 nov. 2007 (pag. Milano)
Come un pugile suonato. Così è apparsa la sinistra nelle sue varie articolazioni, politica e sociale, governativa e antigovernativa, nelle ore e nei giorni seguiti all'omicidio di Giovanna Reggiani. Pochi hanno conservato lucidità, molti hanno scelto il silenzio e altri hanno vacillato. E, diciamoci la verità, il riferimento non è soltanto a dirigenti e nomi noti, ma anche, e forse soprattutto, agli uomini e alle donne che fanno la sinistra nella realtà quotidiana.
Ebbene sì, perché ormai, quando si parla di sicurezza e immigrazione, può essere molto più difficile reggere la discussione con il tuo vicino di casa, che non affrontare lo scontro politico nelle istituzioni. Infatti, se in questi giorni si fosse svolto un referendum popolare sul cosiddetto pacchetto sicurezza, i “no” sarebbero stati ridotti alla dimensione di una specie in via di estinzione.
La misura del disastro politico e civile che si consuma in Italia e in Europa sta tutto qui, cioè nel fatto che le destre hanno conquistato l’egemonia culturale. E così, sempre più spesso risuona la domanda “stai con gli italiani o con gli immigrati?” e a fartela è magari un lavoratore o un inquilino delle case popolari. Insomma, non di borghesi e ricchi si tratta, ma di gente nostra, dei nostri referenti sociali.
Il securitarismo xenofobo non è soltanto populismo o furbizia elettorale, ma è anzitutto un paradigma di lettura della realtà, capace di scomporre e ricomporre identità sociali e culturali e di fornire nuovi nemici e colpevoli. È l’ideologia della guerra tra i poveri, che mette al riparo potenti, furbetti e profittatori, mentre istiga alla competizione violenta per gli spazi e i beni alla base della piramide sociale.
La posta in gioco è dunque molto alta, di indubbia valenza strategica, e il tempo stringe terribilmente, come evidenzia l’accelerazione di questi giorni dopo un anno di crescendo incessante di fatti e fattacci. E allora dobbiamo tornare al nostro pugile suonato, cioè a noi stessi.
In ultima analisi, non ci sono che due possibili strade da imboccare. La prima è quella già scelta dal Piddì veltroniano, che postula il superamento storico di ogni ipotesi di alternativa e il primato del governo dell’esistente a ogni costo, compreso il cedimento politico e culturale.
L’altra strada è sicuramente più faticosa, perché è quella della ricostruzione della sinistra e di un orizzonte di cambiamento sociale. E questo significa, oggi e qui, sottrarsi all’abbraccio securitario e reagire, assumendosi anche la responsabilità di scelte non facili e controcorrente. Ma, beninteso, questo non basta, perché l’incitamento al razzismo non avviene nel vuoto, bensì in una situazione di disagio sociale diffuso, di precarietà del lavoro e delle esistenze e di degrado urbano. Ed è qui che la sinistra è ormai troppo assente, spesso anche fisicamente, e non riesce più né a organizzare vertenze e conflitti, né a offrire prospettive di cambiamento credibili.
Insomma, se non vogliamo arrenderci all’aria che tira, ma nemmeno fare la fine di chi dice no al securitarismo, ma poi non ha alternative da offrire, c’è urgente bisogno di un fatto nuovo a sinistra, che non sia un semplice e inutile assemblaggio di ceti politici, ma una sorta di ripartenza dal basso, assumendo come bussola le condizioni e i bisogni dei ceti popolari e un po’ meno gli equilibrismi istituzionali.
Ma appunto, il tempo rimasto è poco e se non vogliamo finire sul tappeto, occorre agire subito.
allegato articolo versione pdf
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 13 nov. 2007 (pag. Milano)
Ai giudici della prima corte d’appello di Milano è mancato oggi il coraggio di rimuovere la grave anomalia giuridica che aveva segnato sin dall’inizio il procedimento per i fatti dell’11 marzo e portato, l’anno scorso, all’inaudita carcerazione preventiva per quattro mesi di 25 ragazzi e ragazze, peraltro incensurati.
Certo, siamo contenti per le due assoluzioni, ma la conferma della sentenza di condanna a quattro anni di reclusione per 15 ragazzi è un segnale negativo e preoccupante. Ebbene sì, perché sono stati giudicati colpevoli non per quello che ognuno di loro ha fatto in quella giornata, bensì per essere stati presenti sul luogo degli scontri.
“Devastazione e saccheggio” è infatti l’accusa. Cioè un reato collettivo, la cui codificazione risale al periodo fascista e che è stato applicato pochissime volte nella storia dell’Italia repubblicana e democratica e soltanto in casi limite. Ma non basta, perché agli imputati è stato contestato il “concorso morale”. In altre parole, tu eri alla manifestazione e, anche se non hai fatto nulla di particolare, ti condanno lo stesso, come se tu fossi l’autore diretto di tutto quello che è successo.
Oggi, è stata confermata l’anomalia giuridica e non è stato ristabilito quel principio basilare dello stato di diritto che afferma che la responsabilità penale è personale. Così 15 ragazzi e ragazze pagano il prezzo di un folle teorema accusatorio, che evidentemente nessuno trova il fegato di smontare nel luogo deputato, cioè nelle aule del tribunale.
E, infine, aggiungiamo preoccupazione a preoccupazione. Appena tre settimane fa, i Pm del processo di Genova, per vicende legate alla contestazione del vertice del G8 del 2001, avevano chiesto oltre 200 anni di carcere per 25 ragazzi. Questi non hanno ammazzato nessuno, né hanno rapinato banche o ville. Semplicemente erano stati arrestati nel corso degli scontri e, visto che servono capri espiatori, vengono ritenuti colpevoli di tutto e di più. L’accusa è, ovviamente, di concorso in “devastazione e saccheggio”.
Non possiamo che sperare che i giudici genovesi siano più coraggiosi e lungimiranti di quelli milanesi, che oggi hanno perso l’occasione di applicare una giustizia giusta”.
allegato articolo versione pdf
La storia siamo noi! - appello
Perché un evento storico come la mobilitazione contro il G8 del 2001, di straordinaria potenza e di innovazione delle forme di partecipazione politica, non venga riscritto nelle aule di tribunale.
Per impedire che 25 persone a Genova e 13 a Cosenza paghino, con secoli di carcere e milioni di euro, la volontà di rivalsa sul fatto che 300.000 persone scesero in piazza nel 2001 contro i padroni del mondo.
Perché questi processi con imputazioni assurde e anacronistiche, come il reato di "devastazione e saccheggio" e con le loro prossime sentenze, non diventino un'ipoteca sulla libertà di manifestare di tutti i movimenti.
Perché Genova, come nel 2001, si faccia portatrice di un mondo senza frontiere, contro ogni forma di razzismo, contro politiche securitarie ed espulsioni di massa che mettono a rischio le libertà di tutti.
Le promozioni di De Gennaro e di molti altri dirigenti delle forze dell'ordine coinvolti nei fatti di Genova, la sicura prescrizione dei processi contro i poliziotti imputati per il massacro della scuola Diaz e le torture della caserma di Bolzaneto, l'archiviazione del processo per l'omicidio di Carlo Giuliani, così come la bocciatura della commissione parlamentare d'inchiesta sulla gestione dell'ordine pubblico in quelle giornate, rappresentano un'ulteriore offesa ai movimenti e uno schiaffo alla città di Genova.
Invitiamo a ripartire da Genova per mobilitarci contro chi devasta la nostra storia e saccheggia le nostre vite.
Chiediamo a chi di competenza che siano rimossi tutti gli ostacoli per un accesso a tariffa sociale dei servizi delle F.S. come sempre stato per simili occasioni fino al 2006.
*Prime adesioni in ordine alfabetico
Altragricoltura - Associazione Sinistra critica - Cobas - Cobas scuola Genova - Comitato Piazza Carlo Giuliani - Comitato Verita' e Giustizia per Genova - CUB Liguria - Federazione Genova Pdci - Forum sociale ponente genovese - Forum per la Sinistra Europea - Socialismo Xxi -Forum Ambientalista - Giovani Comuniste/i – Legambiente - Lila (Lega italiana per la lotta all'Aids) - Noi quelli di via Tolemaide - Rete Artisti contro le guerre - Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti - Rifondazione Comunista - Supportolegale
Alessandra Mecozzi, Responsabile Internazionale Fiom - Antonio Caminito, segretario Fiom Genova - Enrica Bartesaghi, Presidente CVGG - Gianni Rinaldini, Segretario Generale Fiom - Giorgio Cremaschi/Rete 28Aprile Cgil - Giorgio Airaudo, Segretario Fiom Torino - Giuliano Giuliani - Haidi Giuliani - Luciano Muhlbauer, Consigliere reg Prc Lombardia - Marco Bersani (Attac Italia) - Nicola Nicolosi "Lavoro e società" CGIL - Paolo Beni Presidente Nazionale Arci - Raffaella Bolini, Presidenza Nazionale Arci - Rita Guglielmetti , Segreteria regionale CGIL - Vittorio Agnoletto, Associazione Prima Persone - Walter Massa, Gabriele Taddeo, Laura Testoni, Arci Genova
Concentramento manifestazione ore 14.30 P.zza del Principe
Per aderire scrivi a lastoriasiamonoi@sanbenedetto.org
La Comunità San Benedetto raccoglie fondi per la preparazione dell'iniziativa. Aiutaci anche tu! @ Conto Corrente Postale n. 15149164 intestato a Associazione Comunità San Benedetto al Porto Genova, causale "Per il 17 novembre"
@ Ufficio stampa 340.4599197
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 15 nov. 2007 (pag. Milano)
Per i giorni 13, 14 e 15 novembre il circolo Arci La Scighera ha ricevuto l’ennesima ordinanza di chiusura dalla polizia locale di Milano. Succede, direte. Cosa vuoi che sia, penserete, in una grande città capita che l’annonaria accerti qualche infrazioni, dia multe eccetera. E invece no, qui non siamo di fronte all’ordinaria amministrazione e, se avete qualche dubbio, rileggetevi l’appello “Una mobilitazione per la libertà di associazione”, promosso dall’Arci Milano, che sembra piuttosto un grido di dolore e di allarme.
Infatti, da un po’ di tempo, specialmente da quando il vicesindaco De Corato dispone anche della delega alla sicurezza, cioè impone ai vigili urbani i suoi orientamenti, c’è un vero e proprio pressing della polizia locale sui circoli Arci della nostra città. E così, piovono controlli, accertamenti, multe e chiusure temporanee, spesso determinate da ragioni futili. La disparità di trattamento è peraltro palese, poiché non si registra un attivismo analogo rispetto, per esempio, agli esercizi di tipo commerciale.
Insomma, pare proprio che il vicesindaco non si accontenti più di fare la guerra ai centri sociali, ma che la lista dei nemici da colpire si sia pericolosamente allungata. Un segno dei tempi che corrono, visto che ora se la prende con un’associazione che solo a Milano e provincia vanta oltre 50mila soci. E di questi, guarda caso, 6500 sono tesserati proprio al circolo La Scighera.
Tuttavia, non prendiamocela soltanto con De Corato, che ci mette certamente molto di suo, ma che non è un guerriero solitario. Egli è piuttosto la punta più avanzata e militante di una visione della città che considera entità ostile ogni forma di aggregazione e socialità non riducibile ai meri precetti del mercato ed estranea al discorso culturale dominante. In altre parole, è un intero pezzo di città che viene considerato ostile.
Tutto ciò è già sufficientemente grave di per sé, poiché esplicita una concezione del governo della cosa pubblica al servizio di interessi politici particolari, ma rischia di diventare ancor più devastante se consideriamo il contesto attuale, segnato dal dilagare di nuove solitudini urbane e dall’imbarbarimento della vita sociale. Ovvero, le continue scorrerie istituzionali contro spazi e aggregazioni autorganizzati dei cittadini, siano essi giovani, meno giovani o anziani, tendono ad eliminare ogni antidoto a un modello di città, fatto su misura per i cosiddetti interessi forti e regolato dalle campagne securitarie.
Ebbene sì, perché di questo stiamo parlando, della città che c’è, di quello che rischia di diventare e di quello che invece potrebbe essere. Questo è il terreno del confronto e dello scontro e De Corato e i suoi dimostrano di averlo capito benissimo, mentre dalle nostre parti la consapevolezza fatica a farsi largo. Certo, quando si sgombera o si minaccia qualche attestato di solidarietà arriva sempre, ci mancherebbe altro, ma in fondo ognuno cerca di resistere singolarmente, di spezzare l’assedio separatamente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e tutte.
E allora, ci pare sia necessario iniziare a ragionare in maniera diversa, dando un po’ meno peso a quello che ci differenzia e mettendo in comune i nostri guai, ma anche le nostre buone pratiche ed esperienze. Il tema lo conosciamo e anche la posta in gioco.
I tre giorni di mobilitazione del circolo Scighera possono essere un’occasione, non solo per partecipare e far sentire la sacrosanta solidarietà, ma chissà, forse anche per iniziare a discutere e sperimentare nuovi percorsi. Tanto, non finisce qui.
per saperne di più
allegato articolo versione pdf
Il 15 novembre scorso il Parlamento europeo ha approvato, a larga maggioranza, una risoluzione relativa alla direttiva europea n. 38/2004, cioè quella che regola il diritto alla libera circolazione e al soggiorno dei cittadini dell’UE e che era stata invocata, nelle ore seguenti l’omicidio di Giovanna Reggiani, per giustificare il “pacchetto sicurezza” e il clima di caccia al rom e al romeno.
Ebbene, la lettura della risoluzione è molto illuminante. Non solo esprime la preoccupazione del Parlamento europeo rispetto al clima xenofobo innescato da molti esponenti politici italiani, ricordando il dovere di lotta contro la discriminazione e il razzismo, con particolare riferimento alle popolazioni rom, ma rammenta altresì lo spirito e la lettera della direttiva stessa. In questo senso, vengono stigmatizzate alcune dichiarazioni del commissario europeo Franco Frattini di quei giorni e, soprattutto, ribadisce che la direttiva europea non consente la possibilità di espulsione di cittadini europei in base alle sole condizioni sociali ed economiche dei soggetti.
Insomma, una smentita bella e buona di quanto vanno dicendo e proponendo il centrodestra e buona parte del Piddì veltroniano.
qui puoi scaricare la Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007
di lucmu (del 19/11/2007, in Lavoro, linkato 1174 volte)
I lavoratori dipendenti hanno perso 1.900 euro di stipendio reale negli ultimi sei anni, se prendiamo come riferimento una busta paga da 25.890 euro. Questo è il dato forse più eloquente sulla condizione salariale in Italia, che emerge dal rapporto dell’Ires-Cgil su “Salari e produttività 2002-2007”, reso pubblico oggi.
Ma, andate a leggervi tutti i materiali prodotti dalla ricerca Ires, perché scoprirete quello che in realtà già sappiamo. Cioè, solo i lavoratori hanno perso, mentre le imprese e i dirigenti hanno migliorato la loro situazione economica. E così, una famiglia di operai ha perso circa 2.600 euro dal 2002 ad oggi, ma quella di professionisti e imprenditori ha guadagnato mediamente 12mila euro. Una vera e proprio redistribuzione alla rovescia, confermata anche dal fatto che sul 16,7% di crescita della produttività nel periodo 1993-2006, soltanto il 2,2% è andato al lavoro, mentre il restante 14,5% è stato assorbito dalle imprese.
I materiali completi della ricerca Ires li trovi qui: www.ires.it
e qui puoi scaricare direttamente il file con i dati relativi alla dinamica salariale:
Oggi si è tenuta in Consiglio regionale l’audizione di Federparchi e dell’Anci Lombardia, come richiesto dalle opposizioni, in relazione all’emendamento alla l.r. 12/2005 sui parchi regionali (nuovo art. 13bis), presentato dall’Assessore Boni in Commissione V.
La rappresentanza degli enti gestori dei parchi lombardi non ha lesinato parole forti, come ‘aggressione’ o ‘assolutamente negativo’, per definire l’emendamento presentato dall’assessore Boni, mentre i rappresentanti dell’Anci, pur non disponendo ancora di una posizione formale, hanno sottolineato che di un provvedimento del genere non sentono alcuna necessità.
Naufraga così miseramente la giustificazione ufficiale della Giunta regionale, che presentava la modifica della legge urbanistica come una mera operazione di modernizzazione della normativa nell’interesse di enti locali e parchi. E trova ulteriore conferma la nostra preoccupazione, cioè che si tratti soltanto di un marchingegno per aprire il territorio verde dei parchi agli appetiti dei costruttori.
Infatti il nuovo articolo 13bis introduce il principio secondo il quale la Giunta regionale potrà imporre agli enti gestori dei parchi, anche contro il loro parere, delle varianti richieste da un Comune, il cui territorio ricada in quello del parco. Ovvero, per fare un esempio concreto, se il Sindaco Moratti volesse far edificare una parte del parco Sud nonostante il parere negativo dell’ente gestore, allora le sarebbe sufficiente accordarsi con il Presidente Formigoni e la Giunta regionale garantirebbe la buona e celere riuscita dell’affare con un atto d’imperio. E i cittadini con le loro esigenze di vivibilità oppure la Provincia con le sue competenze? Loro, chiaramente, non sono contemplati dalla norma.
Insomma, qualora questo emendamento, il cui voto è previsto nella Commissione V di domani, venisse approvato nelle sue linee essenziali, porterebbe a una riduzione delle superfici verdi in Lombardia, a partire da quelle situate nelle aree metropolitane, dove la pressione edificatoria è più forte. Di fronte a quanto emerso anche oggi in audizione, chiediamo nuovamente che il centrodestra lo ritiri.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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