Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Esprimo massima solidarietà al SULT e, in particolare, ai suoi due segretari nazionali, Andrea Cavola e Paolo Maras, da oggi in sciopero della fame per affermare il rispetto del diritto di sciopero.
Il diritto di sciopero è garantito in Italia dalle disposizioni costituzionali. Tuttavia l’impianto legislativo oggi esistente in tutto il settore dei servizi, cioè la legge 146, piuttosto che regolamentarne l’esercizio, rappresenta in realtà una vera e propria limitazione, cioè un impedimento. A ciò si aggiunga che la Commissione di Garanzia, istituita dalla stessa legge, si è arrogata nel tempo una sorta di podestà normativa de facto, che la colloca al confine delle sue stesse funzioni istituzionali e che ne fa un organismo di parte, praticamente un tribunale speciale sempre schierato contro i lavoratori e le organizzazioni sindacali.
I lavoratori dei trasporti sono oggi le principali vittime di una legge e di una prassi che si basa sulla filosofia della criminalizzazione del conflitto sociale, assunto non come opportunità di progresso sociale e civile, bensì come un problema da reprimere. Come se il diritto alla mobilità dei cittadini non fosse messo a repentaglio dalle politiche di smantellamento dei sistemi di trasporto pubblico, ma dalle rivendicazioni dei lavoratori. Ed ecco che i lavoratori che si battono per la difesa dell’occupazione, dei diritti e del salario sono costretti a diventare “selvaggi”, esposti a sanzioni di ogni tipo. Così era successo agli autoferrotranvieri e così sta succedendo ora ai lavoratori del Sult.
La legge antisciopero 146 e le pratiche punitive e repressive della Commissione di Garanzia e del Ministero dei Trasporti vanno messe in discussione. Si tratta di una questione che non riguarda soltanto qualche sindacato, come il Sult, colpevole unicamente di fare il proprio mestiere di sindacato dei lavoratori, ma riguarda l’insieme del movimento sindacale e delle forze politiche della sinistra. Ecco perché lo sciopero della fame di Cavola e Maras non deve essere semplicemente occasione per una rituale solidarietà, bensì di una iniziativa politica tesa a ristabilire il rispetto di un diritto elementare ed irrinunciabile, come quello del diritto di sciopero.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 18/05/2005, in Lavoro, linkato 3510 volte)
Oggi il Gruppo regionale di Rifondazione Comunista ha incontrato una delegazione della RSU dell’IBM di Vimercate. Al centro della discussione la grave situazione determinatasi a causa dell’annuncio, da parte dell’azienda, di circa 1000 esuberi e della chiusura di attività produttive in Italia e in Lombardia.
Particolarmente grave è il fatto che non ci troviamo di fronte a  una scelta motivata da un calo di vendite sul mercato italiano, bensì esclusivamente dalla ricerca di maggiori margini di profitto. Infatti, non di semplice chiusura di attività si tratta, ma di delocalizzazione in altri paesi, dove i livelli salariali e di tutela dei diritti dei lavoratori sono più esigui. Il centro di calcolo dell’IBM di Vimercate, secondo i piani dell’azienda, verrebbe così trasferito a Brno, nella Repubblica Ceca.
A tutto ciò si aggiunge che l’IBM Italia rifiuta ogni confronto e trattativa con le rappresentanze sindacali e con le istituzioni locali, a partire dal Comune di Vimercate e la Provincia di Milano, limitandosi a “comunicazioni” e altri atti unilaterali. Riteniamo inaccettabile nel metodo e nel merito il comportamento di IBM Italia, che mette a repentaglio un importante insediamento produttivo della nostra regione, dove sono impiegati oltre 4000 dipendenti.
Esprimiamo pertanto totale solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici dell’IBM e sosteniamo la mobilitazione del 23 maggio, l’IBM Action Day, che vedrà coinvolti i dipendenti del gruppo transnazionale a livello internazionale.
Chiediamo che tutti i Gruppi consiliari e la Giunta regionale prendano chiaramente posizione e pretendano dall’IBM l’apertura di un confronto e la rinuncia ad ogni azione unilaterale.
 
Comunicato stampa di Mario Agostinelli, Luciano Muhlbauer e Osvaldo Squassina
 
 
Cimoli ha scelto di comportarsi come il sottosegretario Sacconi ai tempi delle vertenze dei tranvieri e degli operai di Melfi, negando l’evidenza dei fatti e additando i lavoratori come causa di tutti i mali.
Non sono stati certo i lavoratori a portare la compagnia di bandiera sull’orlo del disastro, bensì le politiche aziendali miopi e sbagliate. Così come oggi il problema non sta nell’esistenza del Sult, ma nel fallimento del Piano Cimoli. È questo ultimo dato, infatti, che la direzione di Alitalia sta cercando di mascherare, prima negando i più elementari diritti sindacali all’organizzazione maggioritaria e poi estremizzando lo scontro con i propri dipendenti, scaricando i disagi sull’utenza.
Il comportamento della direzione di Alitalia è irresponsabile e inaccettabile, così come lo sono la complicità del Ministro Lunardi e i troppi silenzi di buona parte del mondo della politica. I lavoratori e le lavoratrici della compagnia di bandiera sono la più importante risorsa per il rilancio e pertanto va riaperto immediatamente il tavolo di trattativa, con la presenza di tutte le organizzazioni sindacali, a partire da quella più rappresentativa, cioè il Sult.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Il Consigliere regionale di Rifondazione Comunista, Luciano Muhlbauer, parteciperà al presidio indetto domani dai lavoratori del SinCobas alle ore 13.30, davanti alla sede della Hupac Spa di Via Dogana, a Busto Arsizio. I lavoratori protesteranno contro il licenziamento avvenuto il 25 luglio scorso dell’attivista sindacale Natalino Nicita.
Sulla questione Muhlbauer ha presentato un’interpellanza alla Giunta, firmataria di un Accordo di programma a beneficio della Hupac, sollecitando perciò anche un intervento di monitoraggio e la subordinazione degli impegni regionali al rispetto della normativa sulla sicurezza e dei diritti dei lavoratori.
“Alla presenza di molti esponenti istituzionali - afferma Muhlbauer - si inaugurerà domani in pompa magna il terminal Hupac di Busto Arsizio. Ma fuori ci saranno anche i lavoratori, a ricordare l’altra faccia della medaglia, quella che l’azienda cerca di nascondere con ogni mezzo.
Il sindacalista Nicita ha denunciato ripetutamente il mancato rispetto delle norme di sicurezza e l’aggravarsi delle condizioni di lavoro e infine ha proceduto a una azione di protesta eclatante. A tutta risposta, Hupac Spa lo ha licenziato in tronco. Si tratta di un licenziamento politico in piena regola.
Hupac Spa è beneficiaria di un Accordo di Programma con Regione Lombardia in relazione al potenziamento del terminal intermodale. E’ pertanto imprescindibile che l’amministrazione regionale intervenga immediatamente al fine di verificare le condizioni di lavoro e di sicurezza e che subordini qualsiasi suo impegno al rispetto della normativa in vigore.
Hupac Spa, proprio nel giorno dell’inaugurazione, farebbe bene a chiarire quanto avviene nell’azienda e a revocare il licenziamento politico nei confronti di Nicita.”
 
Comunicato stampa
 
 
di lucmu (del 21/10/2005, in Lavoro, linkato 1358 volte)
Oltre mille lavoratori e lavoratrici del gruppo Zucchi-Bassetti-Standartela, provenienti da tutta Italia, hanno oggi manifestato a Milano per il ritiro dei 742 licenziamenti, di cui 500 soltanto in Lombardia, e per chiedere un nuovo piano industriale.
L’atto unilaterale dell’azienda di scaricare sui lavoratori e sui territori, licenziando 742 dipendenti, gli errori del management è stato giustamente respinto dalle maestranze e dalle rappresentanze sindacali, che oggi chiedono un impegno diretto delle pubbliche amministrazioni per favorire la riapertura del tavolo di trattativa e il ritiro della procedura di mobilità. Un appello raccolto da molte istituzioni, presenti oggi in piazza, a partire dai Comuni toccati dai licenziamenti e dai piani di deindustrializzazione della Zucchi, alla Provincia di Milano, fino alla Regione Basilicata. Nemmeno l’ombra, invece, della Regione Lombardia.
E’ davvero triste constatare che l’assessore alle attività produttive della Regione Basilicata, che ha già sollecitato il Governo ad aprire un tavolo nazionale, non abbia avuto difficoltà ad affrontare un lungo viaggio pur di essere presente oggi a Milano, mentre nessun assessore regionale lombardo sembra aver trovato il tempo di fare qualche centinaio di metri per interessarsi ai 500 licenziamenti in Lombardia.
Difficile pensare a una semplice svista, poiché non è stata nemmeno data una risposta alla lettera inoltrata il 13 ottobre scorso al presidente Formigoni e all’assessore Corsaro, in cui i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto un incontro urgente per affrontare i licenziamenti della Zucchi.
Un silenzio e un’assenza  non soltanto stucchevoli, ma inaccettabili da ogni punto di vista. Rifondazione Comunista chiede che la Giunta Formigoni apra subito un tavolo con le organizzazioni sindacali, si coordini con gli altri enti locali e aggiunga la sua voce a quella della Regione Basilicata, per sollecitare l’intervento del Ministero.
Lunedì tutti i gruppi regionali dell’Unione depositeranno un’interpellanza urgente, affinché la Giunta regionale prenda subito iniziative atte a evitare i licenziamenti e riaprire il tavolo di trattativa.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Le crisi occupazionali sempre più numerose in Lombardia non sembrano proprio interessare la Giunta Formigoni. Quanto emerso oggi, durante l’audizione delle rappresentanze sindacali della Zucchi-Bassetti nelle commissioni consiliari IV e VII, è la goccia che fa traboccare il vaso.
Sono 742 i lavoratori della Zucchi-Bassetti, di cui 500 in Lombardia, che rischiano il posto. E licenziare il 70% degli operai significherebbe chiudere definitivamente ogni attività industriale. E’ passato quasi un mese da quando, il 17 ottobre scorso, i segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil ha chiesto al Presidente Formigoni e all’assessore Corsaro un incontro su questa vicenda. Risultato? A oggi, nemmeno lo straccio di una risposta e un’audizione praticamente disertata dai consiglieri di Forza Italia e di Alleanza Nazionale.
Questo atteggiamento fa il paio con quanto avviene sull’Alfa di Arese. Settimane fa, in seguito a un’altra audizione, quella volta con le organizzazioni sindacali dell’Alfa, i presidenti di commissione, rispettivamente di Forza Italia e Lega, accettarono la proposta delle opposizioni di convocare la Giunta Formigoni entro il 10 novembre. Risultato? E’ arrivato il 10 e nemmeno l’ombra della Giunta, mentre nei corridoi si mormora che “forse il 22 novembre”…
E’ ora di finirla. Il centrodestra lombardo deve assumersi finalmente le proprie responsabilità. La Giunta Formigoni venga in Commissione a spiegare cosa intende fare sull’Alfa e convochi subito un tavolo di confronto con i sindacati sulla Zucchi-Bassetti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer, Mario Agostinelli e Osvaldo Squassina
 
 
Oggi i Consiglieri Regionali di Rifondazione Comunista, Mario Agostinelli, Luciano Muhlbauer e Osvaldo Squassina, hanno depositato un progetto di legge regionale sulle modalità di accesso alla previdenza integrativa, che prevede l’obbligatorietà dell’acquisizione del consenso del lavoratore per il trasferimento del Tfr ai fondi pensionistici complementari.
Il decreto legislativo che il Governo prepara per il trasferimento del Tfr ai fondi pensionistici integrativi, sulla base della legge 243/2004 non rappresenta soltanto un vero e proprio scippo ai danni dei lavoratori, ma contiene altresì il meccanismo truffaldino del silenzio-assenso. Ovvero, se il lavoratore non dichiara esplicitamente e di sua iniziativa di non voler trasferire il suo Tfr, rischia di svegliarsi una bella mattina e scoprire che la sua liquidazione non c’è più. Insomma, oltre il danno, anche la beffa.
Il pdl presentato oggi da Rifondazione in Consiglio Regionale della Lombardia prevede invece l’obbligatorietà della corretta informazione e l’acquisizione del consenso esplicito del lavoratore da parte delle imprese.
In pratica, senza assenso, niente trasferimento. Una norma elementare di trasparenza e democrazia, si direbbe, ma non sembra pensarla così il Governo, visto che cerca di sottrarre la liquidazione ai lavoratori, senza nemmeno l’obbligo del consenso.
L’articolo 117 della Costituzione, così come riformato, riconosce alle Regioni competenza concorrente in materia di previdenza complementare e integrativa. Di fronte all’inaccettabilità di quanto previsto dal Governo riteniamo quindi imprescindibile che la Regione intervenga con le proprie competenze, affinché venga tutelato adeguatamente il sacrosanto diritto di ogni lavoratore di poter decidere liberamente e senza raggiri sul destino del suo Tfr.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui puoi scaricare il testo del pdl
 

Scarica Allegato
 
di lucmu (del 01/12/2005, in Lavoro, linkato 1050 volte)
Un intervento urgente sui Ministeri del Lavoro e delle Attivita' produttive e sui commissari dell'amministrazione straordinaria per determinare il ritiro immediato dei licenziamenti decisi per il 31 dicembre 2005 e la prosecuzione della cassa integrazione straordinaria, peraltro possibile a costo zero per l'azienda.
E' questo l'impegno assunto dalle Commissioni IV e VII che hanno affrontato oggi in una seduta congiunta il caso della Postalmarket.
Il provvedimento  in questione riguarda 330 lavoratori la cui età media è di 45 anni, con l’80% di donne. Un provvedimento che i commissari hanno preso nonostante nel mese di giugno sia stato raggiunto un accordo sindacale, in cui erano state coinvolte la Provincia di Milano e la Regione Lombardia, la quale si era impegnata a finanziare con 350 mila Euro un progetto finalizzato alla ricollocazione del personale. Perché allora non viene  neanche concesso il tempo necessario alla realizzazione di questo progetto?
Le due commissioni consiliari si sono oggi impegnate a sollecitarne la conclusione entro il 2006, ad attivare la Regione nei confronti dei nuovi centri commerciali per il riassorbimento del personale formato e a risolvere il problema drammatico del sostegno economico alle lavoratrici e ai lavoratori della Postalmarket.
Il Gruppo del Prc sarà impegnato, al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, affinché gli impegni assunti vengano effettivamente mantenuti".
 
Comunicato stampa di Osvaldo Squassina e Luciano Muhlbauer
 
Ancora una manifestazione degli operai dell’Alfa Romeo di Arese davanti al Pirellone. Dopo i presidi di Slai-Cobas e Cub delle ultime settimane, oggi è la volta di Fiom, Fim e Uil. E la richiesta è sempre la medesima, cioè che la Giunta regionale dia seguito agli accordi firmati un anno fa.
Formigoni aveva speso fiumi di parole e promesse sull’Alfa, per dire che lui aveva la soluzione in tasca e che la Regione si sarebbe attivata per la reindustrializzazione dell’area, con tanto di polo per la mobilità sostenibile, e per la ricollocazione degli operai. Era stato persino siglato un accordo che traduceva queste parole in impegni precisi.
Ma appunto, questo accadeva un anno fa ed eravamo alla vigilia delle elezioni regionali. Nel frattempo l’Alfa di Arese comincia ad assomigliare ogni giorno di più a una delle tante aree dismesse, senza che si veda anche solo l’ombra delle nuove attività produttive annunciate, mentre agli operai non rimane che la cassa integrazione e un futuro fosco. Infatti, Sviluppo Italia, che doveva acquisire l’area dell’Alfa secondo gli accordi, non l’ha ancora fatto, mentre l’ultima Finanziaria del governo Berlusconi ha ulteriormente decurtato i relativi fondi. Ora la Giunta regionale fa sapere che l’acquisizione dovrebbe avvenire entro il 15 marzo, mentre sul piano della ricollocazione dei lavoratori tutto rimane segnato dall’assenza di tempi e modi certi.
Dopo un anno di silenzi e in un quadro di incertezza continua, la Giunta Formigoni non ha nemmeno sentito il bisogno di convocare i soggetti firmatari dell’accordo, così come continua a negarsi alle commissioni 4° e 7° del Consiglio Regionale, che sin dal novembre scorso le chiedono di relazionare sullo stato dell’attuazione degli accordi firmati.
A questo punto è lecito domandarsi cosa si nasconda dietro questa reticenza e questi silenzi. Pertanto Rifondazione Comunista, oltre a ribadire la sua piena solidarietà agli operai dell’Alfa, chiede che il presidente Formigoni si presenti immediatamente nelle competenti commissioni del Consiglio Regionale, al fine di fornire tutte le informazioni del caso e chiarire quali iniziative concrete intende prendere per garantire un futuro occupazionale agli operai dell’Alfa.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 07/03/2006, in Lavoro, linkato 939 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 2 marzo e su il Manifesto (pag. Milano) del 7 marzo 2006
 
La legge 30, impropriamente detta legge Biagi, è sbarcata in Regione Lombardia in piena campagna elettorale e nel momento di lancio dell’offensiva neocentrista del presidente-senatore Formigoni. Il progetto di legge applicativo del centrodestra lombardo ha iniziato il suo iter istituzionale due settimane fa e la sua approvazione in aula è programmata per il 21 marzo. Anche se quest’ultima data è ormai destinata a slittare al dopo elezioni politiche, stupisce il silenzio un po’ irreale che circonda l’intera operazione. La stampa non ne parla e dallo stesso mondo sindacale, se escludiamo forze come il SinCobas o la Fiom, non provengono finora segnali di mobilitazione.
Eppure, vi sarebbe l’urgente necessità di accendere i riflettori e far suonare un campanello d’allarme, considerato che si tratta non soltanto dell’applicazione di una delle peggiori leggi berlusconiane, bensì di una sua interpretazione iperliberista, in omaggio alla sussidiarietà secondo Formigoni. E il ruolo della legislazione regionale è tutt’altro che marginale, poiché ad essa è demandata la definizione del regime di accreditamento delle agenzie di somministrazione e intermediazione di manodopera.
Come si sa, il vecchio collocamento pubblico è stato abolito dalla legge 30 e dal decreto legislativo 276/03 e sono subentrati i centri per l’impiego gestiti dalla Province. Ora il centrodestra lombardo propone di fatto l’emarginazione di questo residuo ruolo pubblico, prevedendo un “sistema di servizi per l’impiego aperto alla partecipazione di operatori pubblici e privati”. Dunque, non vi saranno più funzioni svolte in esclusiva dai centri provinciali, ma questi ultimi, per poter operare, dovranno accreditarsi presso la Regione ed entrare nella rete “in concorrenza con i soggetti privati”. Ogni operatore accreditato, pubblico o privato che sia, potrà accedere a finanziamenti regionali, certificare lo stato di disoccupazione, gestire le liste di mobilità e le graduatorie dei disabili, fare intermediazione di manodopera e avviare la selezione presso le pubbliche amministrazioni. E, tanto per ribadire il concetto, è previsto un forte accentramento delle politiche del lavoro nelle mani del Pirellone, trasformando così le Province in semplici terminali della programmazione regionale. Possiamo infine aggiungere che il progetto contempla un uso estensivo di alcune forme contrattuali come il tirocinio e l’apprendistato e della Bottega-scuola.
Non è necessario avere il master in economia per capire che si tratta di un’operazione di devastazione di ogni ruolo pubblico e dell’avvio del grande affare del mercato delle braccia. Insomma, il caporalato elevato al rango di politiche del lavoro e il lavoratore ridotto a merce pura e semplice, come se si trattasse di una scatoletta di tonno. L’impatto sociale di un siffatto sistema sarebbe devastante in una regione in cui la precarietà del lavoro e della vita rappresenta ormai uno dei principali problemi. Già oggi, a Milano, oltre il 70% dei nuovi contratti di lavoro avviati sono di tipo precario.
Ecco perché questo assordante silenzio non ci convince. Anzi, lo leggiamo con viva preoccupazione, specie alla luce delle ripetute aperture al “riformismo” formigoniano da parte della Margherita e di settori dei DS lombardi, anche di questi ultimi giorni. Per quanto ci riguarda, come Rifondazione Comunista, abbiamo presentato un nostro progetto di legge, incentrato sul rilancio del ruolo pubblico e sul rafforzamento delle strutture delle Province, nonché su una politica regionale di contrasto attivo della precarizzazione. Ma soprattutto occorre rompere il silenzio e far uscire la discussione dal palazzo. Per questo crediamo sia giunto definitivamente il momento che le forze della sinistra sociale e politica e dei movimenti facciano sentire la loro voce. Per impedire che apra il supermercato della precarietà, magari sotto il segno di un altrettanto devastante neocentrismo lombardo.
 
 
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