Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
La Polyù-Polysistem di Sedriano (MI) rischia la chiusura e i 70 dipendenti rischiano la disoccupazione. Un’autentica assurdità, visto che l’impresa è leader di settore e che i suoi prodotti - lastre di policarbonato per uso edilizio - dispongono di mercato e di clienti. Perciò occorre, in tempi stretti, l’intervento congiunto delle istituzioni – Provincia, Regione e Prefettura – a garanzia della continuità produttiva e dell’occupazione.
In questa vicenda la crisi non c’entra, se non come contorno o pretesto. Perché, allora, tutti i lavoratori della Polyù e della Polysistem (quest’ultima dipende integralmente dalla prima) sono in cassa integrazione? La ragione è tanto banale quanto misera: siamo di fronte all’ennesima storia di un’azienda portata sull’orlo del fallimento dalle scelte scellerate dell’attuale proprietario.
Questa mattina i lavoratori si sono recati in corteo fino al Comune di Sedriano chiedendo di poter continuare a produrre, non solo perché ci sono le commesse, ma anche perché c’è un possibile acquirente disposto a rilevare l’attività.
Alla fine si è svolta una riunione negli uffici del Sindaco, alla quale hanno partecipato una delegazione delle maestranze e della Cgil di Legnano, il Vicesindaco di Arluno, dove risiede una parte dei lavoratori, e i Consiglieri regionali Luciano Muhlbauer (Prc) e Francesco Prina (Pd).
Da parte nostra, diamo un giudizio positivo della riunione, perché si è registrata una convergenza attorno alle ragioni e alle richieste dei lavoratori.
Anzitutto, i Comuni di Sedriano e Arluno si sono impegnati a sostenere il reddito dei lavoratori. In secondo luogo, tutti i presenti hanno condiviso la necessità di attivare Provincia, Regione e Prefetto, affinché intervengano per favorire il rapido passaggio dell’azienda a un nuovo soggetto imprenditoriale interessato a mantenere l’occupazione e a rilanciare la produzione.
Ora alle parole devono seguire i fatti. È tempo che ciascuno decida da che parte stare: con i lavoratori in lotta per mantenere in attività un’azienda, o con chi decide di chiuderne i battenti per gretto interesse personale.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Stamattina davanti al Pirellone c’è voluto un blocco stradale e qualche momento di tensione perché i lavoratori della Maflow di Trezzano e della Novaceta di Magenta ottenessero finalmente un appuntamento con il governo regionale.
Eppure, già due giorni fa, era stata inviata una formale richiesta d’incontro al Presidente Formigoni e al suo vice, nonché Assessore al Lavoro, Gianni Rossoni. Ma nessuna risposta è mai arrivata e questa mattina i lavoratori delle due aziende in presidio davanti al Pirellone, in via Fabio Filzi, hanno trovato, come unico segno di interesse tangibile, l’ingresso del Palazzo della Regione blindato dalle transenne.
Un atteggiamento incomprensibile, poi parzialmente superato, anche per la giusta testardaggine degli operai, grazie a un incontro dentro il Pirellone con il dott. Matone, direttore generale dell’Agenzia regionale per il Lavoro (Arifl), il braccio operativo dell’assessorato regionale al Lavoro.
All’incontro hanno partecipato i delegati sindacali delle due aziende, due dirigenti sindacali - Walter Montagnoli della Cub e Marcello Scipioni della Fiom - e il sottoscritto. Il confronto, date le premesse, non poteva che avere carattere interlocutorio, ma alla fine è arrivato il formale impegno che l’Assessore Rossoni riceverà i rappresentanti sindacali sia della Maflow, sia della Novaceta. Le date degli incontri verranno comunicate entro lunedì prossimo.
Siamo ovviamente soddisfatti di queste convocazioni, sebbene i lavoratori abbiano dovuto “conquistarle” sul campoe siano in grave ritardo rispetto non solo all’evolversi della situazione, ma anche agli impegni delle altre istituzioni, come Prefettura ed enti locali. Proprio per questo chiediamo al governo regionale di non perdersi in chiacchiere, ma di utilizzare gli incontri con le parti sindacali per mettere in campo immediatamente degli impegni concreti.
Va infatti ricordato che ambedue le aziende sono presidiate dai lavoratori da ormai molto tempo, che i posti di lavoro a rischio sono complessivamente 500 e, soprattutto, che non si tratta di aziende decotte, bensì competitive, trascinate nell’attuale situazione da ragioni estranee a quelle di mercato.
In altre parole, quelle aziende possono vivere, a patto che tutte le istituzioni si schierino attivamente per raggiungere la soluzione. Fino ad oggi la Regione è mancata all’appello. Auspichiamo che da domani si cambi registro.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Stamattina hanno manifestato davanti al Pirellone i lavoratori di tutte le aziende del settore delle telecomunicazioni (Italtel, Nokia Siemens Network, Alcatel, ecc.), presenti sul territorio milanese. È la prima volta che questo accade e ciò è forse il segno più tangibile della gravità della crisi, che in Lombardia rischia di spazzare via un intero settore, peraltro tecnologicamente maturo e strategicamente importante.
Eppure, nemmeno questa volta il presidente e gli assessori si sono degnati di incontrare i lavoratori e i sindacati. Anzi, la richiesta di incontro, inviata il 2 marzo scorso da Fiom, Fim e Uilm e indirizzata a Formigoni e al sedicente “Assessore all’Industria, Piccola e Media Impresa”, Romano La Russa, non ha nemmeno ottenuto una risposta formale.
E così, stamattina gli oltre mille lavoratori, i sindacalisti e i molti sindaci presenti al corteo, si sono trovati davanti un Pirellone blindato e silente. Alla fine un incontro è stato improvvisato, con il solito dottor Matone, direttore dell’Agenzia regionale per il Lavoro, che ormai è costretto a coprire con una certa regolarità l’assenteismo della giunta, ma che non può fare altro che ascoltare, visto che di mestiere fa il tecnico e non il politico.
Insomma, Formigoni e La Russa hanno snobbato i lavoratori e, evidentemente, se ne strafregano della crisi di un intero settore economico.
Questo comportamento è inqualificabile in sé, ma è ancora più grave alla luce del fatto che la crisi del settore potrebbe essere contrastata, se soltanto ci fosse uno straccio di politica industriale. Cioè, se si iniziasse almeno ad intervenire contro le delocalizzazioni e per sbloccare i fondi per la banda larga. Ma tutto ciò non sembra interessare minimamente Formigoni e i suoi assessori.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Oggi a mezzogiorno una folta delegazione dei lavoratori della Maflow di Trezzano s/n e due sindacalisti della Cub e della Fiom sono stati ricevuti dal Vicepresidente regionale e Assessore al Lavoro, Gianni Rossoni. All’incontro hanno partecipato altresì l’Assessore provinciale all’industria e al lavoro, Del Nero, e il sottoscritto.
È sicuramente un fatto positivo che il Vicepresidente Rossoni abbia finalmente incontrato i lavoratori della Maflow ed è altrettanto positivo che abbia annunciato che Regione Lombardia chiederà formalmente l’intervento del Ministro dello Sviluppo Economico, Scajola, e del Commissario europeo all’industria, Tajani, con l’obiettivo di salvaguardare l’attività e l’occupazione della Maflow.
Tuttavia, riteniamo fondamentale che l’odierno impegno del governo regionale non sia soltanto un fuoco fatuo da campagna elettorale. Cioè, che non si esaurisca con una lettera al Ministro e al Commissario europeo, ma che significhi l’inizio della discesa in campo della Regione a fianco delle ragioni dei lavoratori.
Ci si perdoni il nostro scetticismo, ma è passato oltre un mese da quella question time in Consiglio regionale, quando la giunta regionale aveva sostanzialmente evitato di prendere una posizione chiara in risposta alla nostra interrogazione. E gli operai della Maflow avevano dovuto inscenare delle rumorose proteste davanti al Pirellone il 26 febbraio scorso per poter finalmente ottenere l’incontro odierno.
Ora il tempo rimasto per convincere la Bmw a ripristinare le commesse tagliate -per motivi legati alla politica tedesca e non al mercato- è davvero poco e va quindi utilizzato fino in fondo.
Non vogliamo qui insistere su quanto già detto fino alla nausea, cioè che il governo regionale potrebbe lanciare un segnale netto, buttando sul piatto l’ipotesi della rinuncia alle auto blu della Bmw, utilizzati da Presidente e Assessori. Ma qualche segno concreto e tangibile di pressione sulla Bmw ci vuole, oltre alle lettere al Ministro e al Commissario, e prima della fine del mese.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Gli operai della Mangiarotti Nuclear di Milano, in presidio da natale, rientrano in fabbrica. L’ha deciso il giudice del lavoro, accogliendo il ricorso della Fiom e considerando illegittima la collocazione in cassaintegrazione dei lavoratori del 18 dicembre scorso.
Così facendo, il giudice ha sbugiardato non soltanto l’azienda, ma anche la Giunta regionale, il cui assessorato al lavoro aveva dato incredibilmentre parere favorevole alla Cigs.
Eppure, che la richiesta di Cigs fosse illegittima, perché in palese violazione degli accordi sindacali sottoscritti, e finalizzata esclusivamente a dismettere l’attività produttiva, era stato segnalato formalmente all’Assessore al Lavoro, Rossoni, sia dalla parte sindacale, che da parte nostra in sede istituzionale.
Infatti, nella question time in Consiglio regionale del 12 gennaio scorso, in risposta alla nostra interrogazione che sollecitava l’assessorato ad opporsi alla richiesta aziendale, l’Assessore Rossoni ci aveva risposto che la sua struttura avrebbe invece dato al Ministero “parere non ostativo” alla richiesta di estendere la cassaintegrazione alla totalità degli operai addetti alla produzione. E ciò, aveva aggiunto, “nell’interesse dei lavoratori”, sebbene fossero gli operai stessi a chiedergli all’unisono di non farlo.
Ora il giudice ha fatto chiarezza, dichiarando “antisindacale il comportamento della società” e ordinando “l’immediato reintegro della commessa Westinghouse PRHR nello stabilimento di Milano e la revoca immediata delle sospensioni in Cigs disposte a far data dal 18-12-09, con la conseguente riammissione dei lavoratori in azienda”.
Insomma, i lavoratori avevano ragione e la Regione ha brillato nuovamente per la sua superficialità, per usare un eufemismo, in materia di lavoro.
Che questa sentenza sia dunque una lezione, ma soprattutto un’occasione perché la Regione faccia ora quello che avrebbe dovuto fare prima. Cioè, impegnarsi per mantenere l’attività produttiva e l’occupazione nello stabilimento di viale Sarca.
Il confinante Comune di Sesto San Giovanni –di quello di Milano, purtroppo, non si vede nemmeno l’ombra- si è già dichiarato interessato a lavorare in quella direzione. Ora tocca alla Regione fare la sua parte, questo volta con meno superficialità ed approssimazione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Ieri 10 marzo, il giudice del lavoro ha dato ragione allo Slai Cobas dell’Alfa di Arese, ordinando il reintegro immediato di Carmelo D’Arpa, uno dei due licenziati politici dell’Innova Service, società attiva all’ex-Alfa di Arese. A breve ci si aspetta anche la sentenza sul caso del secondo licenziato, Renato Parimbelli.
Una sentenza che dà ragione a quanti avevano denunciato il carattere politico e illegittimo dei licenziamenti dei due delegati Rsu, ma che getta anche una luce non buonissima sull’azione della Prefettura.
Infatti, sulla situazione all’Innova Serve si erano tenuti diversi incontri con il Prefetto, il quale si era assunto anche l’impegno di intervenire affinché il licenziamenti venissero revocati e si tornasse a un clima di relazioni sindacali perlomeno normali. Successivamente, l’11 febbraio scorso, la Prefettura aveva comunicato informalmente ai responsabili dello Slai dell’Alfa che il reintegro dei due licenziati era imminente, ma poi, all’improvviso, tutto è cambiato. Alla fine, infatti, la “proposta” era la seguente: soltanto Parimbelli sarebbe stato riassunto, ma in un’altra azienda, mentre D’Arpa rimaneva fuori.
Questa proposta, ovviamente, è stata respinta dai lavoratori e dallo Slai. E, da allora in poi, dalla Prefettura non si è saputo più nulla. Anzi, nemmeno chi scrive è più riuscito a parlare con il Viceprefetto Zappalorto, che aveva seguito la vicenda.
A proposito, il giudice ha dato ragione ai lavoratori, ma la vicenda è non chiusa. Ne è esempio il fatto che, guarda caso, proprio ieri sera è stata tagliata la linea telefonica della sede dello Slai all’ex-Alfa…
 
Qui di seguito, il comunicato dello Slai Cobas Alfa Romeo sulla sentenza del giudice del lavoro:
 
“Alfa Romeo di Arese: il Tribunale di Milano reintegra Carmelo  nel posto di lavoro.
 
Il tribunale di Milano, in via d'urgenza ex art. 700, ha reintegrato nel posto di lavoro Carmelo D'Arpa, delegato RSU Slai Cobas di Innova Service, l'azienda spionistica che gestisce le portinerie e i servizi dell'area dell'Alfa Romeo di Arese.
Sempre oggi, presso il Tribunale di Milano, si è tenuta l'udienza per il licenziamento di Renato Parimbelli, delegato RSU Slai Cobas della stessa ditta, delegato del sito Alfa Romeo e dell'esecutivo provinciale di Milano dello Slai Cobas; nei prossimi giorni uscirà la sentenza.
NELLE SETTIMANE SCORSE I LAVORATORI HANNO FATTO 10 SCIOPERI CON PRESIDI DELLE PORTINERIE CONTRO I LICENZIAMENTI E CONTRO LE CONTINUE VESSAZIONI DI INNOVA SERVICE: SOLO NEGLI ULTIMI GIORNI SONO STATI RECAPITATI 120 PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI (uno più pretestuoso e assurdo dell'altro) ai 69 lavoratori ex Alfa Romeo.
Il capo del personale di Innova Service "è stato arrestato dalla squadra mobile di Firenze, in un troncone dell'inchiesta telecom, per corruzione: avrebbe pagato, con soldi, auto e viaggi, un maresciallo dei carabinieri per farsi accreditare in Procura e ottenere appalti per le intercettazioni"; "secondo l'accusa, l'imprenditore avrebbe comprato informazioni attinte da banche dati riservate del ministero dell'Interno. Inoltre sarebbe stato aiutato da poliziotti per fare pedinamenti e indagini su alcune persone" (LaRepubblica, 28-11-2009).
E Angela Di Marzo, titolare di Innova Service e "titolare dell'agenzia investigativa comasca Adm, secondo il PM Stefano Civardi avrebbe piazzato una microspia sotto il tavolo del city manager Giuseppe Sala" (del comune di Milano)" (LaRepubblica, 28-11-2009).
 
L'AREA DELL'ALFA ROMEO DI ARESE NON PUO' ESSERE AFFIDATA AD UN'AZIENDA CHE E' LI' SOLO PER LICENZIARE I LAVORATORI EX ALFA ROMEO.

NO ALLE SPECULAZIONI SULL'AREA DELL'ALFA !
NO ALLA DEPORTAZIONE DEI LAVORATORI FIAT A TORINO !
NO AL LAVORO PRECARIO, SOTTOPAGATO E SENZA E DIRITTI !
 
ARESE, 10 MARZO 2010
SLAI COBAS ALFA ROMEO”
 
 
Le dichiarazioni del Sindaco di Rho, Zucchetti, a proposito delle proteste degli operai dell’ex-Alfa di Arese nel Consiglio comunale di ieri sera (“mi sembra di essere ritornato agli anni '70: stesso clima di violenza e prevaricazione”, “…la città, che certamente non vuole ricadere nel clima degli anni di piombo”, ndr) sono molto gravi e dimostrano ancora una volta la sua inadeguatezza rispetto al ruolo che ricopre.
L’attuale Accordo di Programma sull’area ex-Alfa differisce, infatti, notevolmente da quello concordato e firmato anni fa con i territori e con le organizzazioni dei lavoratori. Quello di allora, tanto strombazzato da Formigoni nella campagna elettorale di cinque anni fa, prevedeva un piano di reindustrializzazione, quello di adesso soltanto centri commerciali, posteggi e poco chiare operazioni immobiliari.
Considerati, inoltre, gli annunci della Fiat di voler “trasferire” a Torino oltre 300 operai, non solo è comprensibile, ma ampiamente giustificato che i lavoratori siano preoccupati e anche un po’ arrabbiati.
Peraltro, non sono gli unici. Ci risulta che anche molti commercianti della città di Rho abbiano espresso forti preoccupazioni circa quello che succederà nell’area ex-Alfa. Zucchetti considera dei “violenti” anche loro?
Zucchetti, invece di praticare la politica degli insulti e dare dei violenti agli operai, dovrebbe chiedere al suo compagno di corrente (leggi: Comunione e Liberazione) Formigoni, di modificare l’AdP, affinché vengano rilanciate le attività produttive e l’occupazione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Stamattina, poco dopo le ore 11.00, quasi mille lavoratori dell’Italtel in sciopero, al termine del corteo partito dallo stabilimento, hanno occupato il centro direzionale del gruppo, a Castelletto (Settimo Milanese).
La straordinaria adesione allo sciopero nazionale dell’Italtel e l’occupazione in massa della sede della direzione del gruppo per tutta la giornata rappresentano un avvertimento chiaro e netto non solo al management, ma anche alle istituzioni.
Infatti, se non interviene un fatto nuovo da parte delle istituzioni, da domani 16 marzo 400 lavoratori Italtel finiranno in cassa integrazione a zero ore, anticamera del licenziamento. Ma non basta, l’intero settore delle telecomunicazioni è in grave crisi (vedi anche Nokia Siemens Network), a causa principalmente dell’assenza di una politica industriale a livello regionale e nazionale, che rischia di compromettere seriamente il futuro di questo settore strategico e teconologicamente maturo della nostra economia.
Nell’esprimere la nostra completa solidarietà ai lavoratori dell’Italtel e il nostro sostegno alle loro rivendicazioni, chiediamo ancora una volta al governo regionale di rompere il suo silenzio e di intervenire con urgenza nella vertenza.
Anzitutto, chiedendo al governo di non concedere al management la collocazione in Cigs di 400 lavoratori, sospendendo dunque la scadenza di domani. E, in secondo luogo, di concerto con il governo, di farsi carico di definire una politica industriale di rilancio del settore Tlc, a partire dallo sblocco dei finanziamenti per la banda larga.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Dopo Carmelo D’Arpa, reintegrato al lavoro dal giudice il 10 marzo scorso, ora anche il secondo delegato sindacale della Slai Cobas, Renato Parimbelli, licenziato illegittimamente dall’azienda “Innova Service”, ha vinto la causa e ritorna quindi al lavoro. Così ha deciso, il 16 marzo, il tribunale di Milano, annullando il suo licenziamento.
Esprimiamo, ovviamente, la nostra soddisfazione per questo esito. Tuttavia, sarebbe ingenuo pensare che la vicenda finisca qui e che la “Innova Service” si rassegni a dover rispettare le regole e la legge. Infatti, a chi gestisce questa azienda importa una cosa soltanto: spingere i lavoratori ad andarsene, con ogni mezzo. E così, hanno già ricominciato con la solita tattica, inviando decine di lettere ai dipendenti, in cui si dispongono 3 giorni di sospensione dal lavoro per ogni sciopero effettuato.
Si tratta, ovviamente, di iniziative del tutto illegali, ma che costringono sindacato e lavoratori a riattivare le estenuanti vie legali.
La domanda a questo punto è: ma il Prefetto vuole continuare a guardare dall’altra parte oppure si decide ad intervenire?
 
 
Dall’alba fino a mezzogiorno in cima a una gru, a 60 metri di altezza, non per impedire la chiusura di una fabbrica, ma semplicemente per ottenere sei mesi di cassa integrazione in deroga. Questa è la morale -o meglio, l'immoralità- della vicenda dei due operai della Raimondi Gru di Legnano, che stamattina si erano arrampicati sulla gru del cantiere del nuovo palazzo della Regione.
La vicenda era nata da un’interpretazione un po’ troppo rigorosa da parte del giudice fallimentare di Milano di una legge un po’ troppo ambigua. Cioè, il tribunale fallimentare aveva negato il via libera alla richiesta di cassa in deroga, perché questa incide sul Tfr di cui un’azienda fallita, cioè la Raimondi Gru, non poteva farsi carico.
Conclusione: 21 operai, con la cassa straordinaria in scadenza proprio oggi 9 aprile, vengono condannati alla mobilità (leggi: licenziamento) e all’impossibilità di rientrare un domani nell’azienda. Infatti, quest’ultima, dopo il fallimento, era stata rilevata dalla Ramco Group, impresa con sede nel Qatar, che ha riavviato l’attività, assorbendo 40 dei 61 dipendenti e impegnandosi ad riprendere anche altri in caso di ripresa degli affari.
Una vicenda assurda, insomma, che ha trovato una soluzione soltanto grazie alla clamorosa protesta degli operai, che stamattina sono saliti sulla gru costruita peraltro da loro stessi nell’azienda di Legnano. Infatti, prima è arrivata una nuovo interpretazione del tribunale fallimentare, che finalmente dava il nulla osta per la richiesta di cassa in deroga, e poi anche l’Agenzia regionale per il Lavoro ha formalizzato l’impegno di concedere la cassa in deroga a partire da lunedì prossimo.
Tutto bene quel che finisce bene, si direbbe. Tuttavia, non possiamo non cogliere alcuni pesanti quesiti. In primo luogo, l’anno scorso si saliva sui carroponti e sui tetti per salvare un’attività produttiva, ora ci si arrampica a 60 metri di altezza per sei mesi di cassa in deroga. In secondo luogo, visto anche com’è finita la vicenda stamattina, è chiaro ed evidente che gli operai avevano ragione sin dall’inizio. Eppure, per vedersi riconosciuta questa ragione dovevano salire sulla gru del cantiere di Formigoni.
In altre parole, si pone in maniera sempre più urgente la necessità di una proroga generalizzata dei termini di validità degli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari –proposta che per ora incontra il veto del governo- e della contestuale definizione di una politica industriale attiva. Altrimenti i prossimi mesi, quando scadrà la cassa di tantissimi lavoratori, si annunceranno drammatici.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
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