Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Oggi le opposizioni in Regione Lombardia hanno depositato unitariamente un’interpellanza, a firma dei consiglieri regionali Muhlbauer (Prc), Porcari (Pd), Squassina A. (Sd), Monguzzi (Verdi) e Storti (PdCI), in cui si chiede al Pirellone di intervenire con urgenza nella vicenda della Cartiera di Voghera (PV), al fine di evitare la chiusura del sito produttivo e il licenziamento delle maestranze.
Il gruppo Pro-Gest, proprietario della Cartiera di Voghera, aveva infatti avviato unilateralmente e senza preavviso la procedura di mobilità nel corso della chiusura agostana dello stabilimento. Ora la proprietà si dichiara disponibile non solo a riprendere la produzione, ma persino a moltiplicarla, purché le istituzioni autorizzino in cambio la costruzione di un termovalorizzatore. Tuttavia, la procedura di licenziamento non è stata ritirata, né è stato presentato un piano industriale o un progetto concreto di inceneritore.
 
“Oggi 36 lavoratori della Cartiera, più una ventina dell’indotto, rischiano di pagare il prezzo di una situazione di cui non portano alcuna colpa e responsabilità – dichiara Luciano Muhlbauer, primo firmatario dell’interpellanza. E con loro pagherebbe l’intero territorio vogherese, già colpito da diverse crisi aziendali ed occupazionali”.
“In tutta questa vicenda  - aggiunge Muhlbauer - colpisce la totale assenza di trasparenza e il comportamento per nulla limpido di molti protagonisti. Da una parte c’è la Pro-Gest, che si comporta da padre-padrone che non deve rispondere a nessuno, comunicando durante le ferie il licenziamento collettivo, per poi passare a un vero e proprio ricatto sulla pelle dei lavoratori”.
“Dall’altra - prosegue il consigliere regionale - c’è la strana vicenda della centrale elettrica esistente, la cui costruzione fu  autorizzata nel 2001 anche in virtù delle esigenze energetiche della Cartiera, ma che poi non è mai riuscita a fornire l’energia e il vapore necessari alla produzione. Oppure, potremmo citare l’altrettanto strano caso della proposta di inceneritore avanzata al Comune di Voghera già nel 2006, di cui il Sindaco si dichiara però all’oscuro, sebbene la Pro-Gest abbia reso pubblica la relativa lettera regolarmente protocollata”.
“Insomma - conclude Luciano Muhlbauer - ci sono tutti gli ingredienti perché una storia iniziata male finisca peggio. Per questo riteniamo che oggi sia imprescindibile un intervento urgente da parte di Regione Lombardia, affinché la vicenda sia ricondotta sui giusti binari. Cioè, che la Pro-Gest ritiri immediatamente la procedura di mobilità e che si attivi da subito un confronto trasparente tra azienda, istituzioni locali e organizzazioni sindacali tale da permettere ai lavoratori e alla cittadinanza di conoscere e valutare il piano industriale e il progetto di termovalorizzatore”.
 
Comunicato stampa
 
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza
 

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di lucmu (del 30/06/2008, in Lavoro, linkato 1072 volte)
L’Assessore regionale alla Sanità ha risposto alla nostra interrogazione del 20 maggio scorso (vedi news del 20.5.2008 su questo blog), in cui chiedevamo al governo regionale che azioni intendesse intraprendere per stabilizzare i ricercatori precari degli Irccs lombardi, che rappresentano ormai oltre il 50% del totale. La questione era stata peraltro sollevata dal Coordinamento Nazionale dei Precari degli Irccs pubblici, con una nota inviata a Regione Lombardia in aprile.
Ebbene, l’Assessore regionale gira di fatto il problema al Governo nazionale. Cioè, con una lettera del 18 giugno, indirizzata ai Ministri Saccone e Gelmini, Regione Lombardia chiede di “valutare tutte le possibili azioni per impostare un percorso finalizzato al superamento dei rapporti di lavoro precari di questi lavoratori”.
Una lettera non rappresenta certo una soluzione, ma almeno c’è finalmente una presa di posizione formale di Regione Lombardia contro la piaga del precariato nella ricerca medica. E per averla è stato necessario che gli stessi ricercatori precari si auto-organizzassero e prendessero in mano l’iniziativa.
Ora si tratta di non fermarsi e di continuare a mantenere la mobilitazione, altrimenti il tutto si risolverà nel solito scaricabarile, dove nulla cambia, ma nessuno è responsabile.
 
qui sotto puoi scaricare la risposta all’interpellanza
 

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Esprimiamo la nostra completa solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici dello stabilimento Bonduelle di San Paolo D’Argon (Bg), molti dei quali rischiano ora il licenziamento di fatto. E contemporaneamente chiediamo, mediante l’interpellanza depositata oggi, l’intervento urgente di Regione Lombardia, affinché venga garantito un futuro occupazionale reale a tutti i dipendenti.
Quanto sta facendo la Bonduelle nel bergamasco è inaccettabile sotto ogni punto di vista. Infatti, dal 28 febbraio scorso, giorno in cui un incendio aveva distrutto lo stabilimento della Bonduelle di San Paolo D’Argon, i circa 140 dipendenti vivono in una sorta di incubo.
La multinazionale non solo aveva chiarito che non intendeva riattivare la produzione in loco e pregiudizialmente rifiutato di richiedere la cassa integrazione straordinaria dopo la fine di quella ordinaria, ma il 19 giugno ha annunciato ai sindacati di voler procedere unilateralmente al trasferimento dei dipendenti verso altri stabilimenti del gruppo. E che trasferimenti! Mentre 90 di loro dovrebbero andare a Lallio, sempre in provincia di Bergamo, e 15 rimanere a non meglio specificata “disposizione”, in 30 dovrebbero però prendere servizio, entro il 16 luglio, nello stabilimento di Battipaglia, provincia di Salerno, a quasi mille chilometri di distanza!
Dire a un lavoratore che in pochi giorni deve fare i bagagli e decidere di capovolgere la propria vita e quella della propria famiglia, trasferendosi da Bergamo a Salerno, non si chiama “trasferimento”, bensì licenziamento appena mascherato. E un licenziamento nemmeno giustificato, poiché gli stabilimenti che in provincia di Bergamo fanno capo al gruppo Bonduelle sarebbero tranquillamente in grado di assorbire tutti i lavoratori.
La verità è molto più banale, cioè la Bonduelle vuole liberarsi di un po’ di “rompiscatole”. Di fronte all’indisponibilità al confronto sindacale da parte della multinazionale, infatti, le maestranze di San Paolo D’Argon avevano fatto sentire la loro voce sin dal primo momento, chiedendo pubblicamente un minimo di rispetto e una prospettiva occupazionale dignitosa e reale. Evidentemente troppo per la Bonduelle, che sembra aver scelto la strada del colpirne 30 per educarne 100. E se così facendo si perdono per strada anche un po’ di lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, tanto meglio.
Per questi motivi crediamo sia doveroso che le istituzioni intervengano per richiamare la multinazionale Bonduelle a un comportamento rispettoso dei lavoratori e del territorio. E questo significa anzitutto ritirare i trasferimenti e concordare con la Rsu e le organizzazioni sindacali una soluzione che garantisca un futuro occupazionale reale a tutti i dipendenti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
per info e aggiornamenti sulla lotta dei lavoratori Bonduelle, vai su www.alternainsieme.net
 
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza
 

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di lucmu (del 18/06/2008, in Lavoro, linkato 903 volte)
Oggi in Commissione VII del Consiglio regionale si sono tenute le audizioni in relazione al progetto di legge n. 204, “Contrasto dello sfruttamento del lavoro irregolare in Lombardia”, presentato da 14 consiglieri regionali dell’opposizione (Muhlbauer, Squassina O., Agostinelli, Squassina A., Civati, Valmaggi, Saponaro, Monguzzi, Storti, Spreafico, Fabrizio, Sarfatti, Zamponi, Prina). Sono state dunque ascoltate le parti sociali - sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Sdl intercategoriale, Cub), Ance e Confindustria -, le istituzioni e gli organi di vigilanza.
Tutto ciò sarebbe un’ottima notizia, se non fosse per il fatto che i rappresentanti del centrodestra le hanno disertate, queste audizioni, salvo una presenza part-time della Lega. Un segnale estremamente preoccupante, considerato che il pdl in questione era stato presentato già nel lontano 2006 e che ci sono voluti 17 mesi, un ordine del giorno votato nel 2007 all’unanimità dal Consiglio e innumerevoli richiami in sede di conferenza dei capigruppo, per arrivare finalmente a questo atto iniziale dell’iter legislativo.
Chiunque è consapevole di come la piaga dello sfruttamento del lavoro irregolare sia ampiamente diffusa in Lombardia, a partire dall’edilizia e dai servizi, e di come il numero terrificante di infortuni, spesso mortali, sui luoghi di lavoro sia strettamente connesso al fenomeno. Non ci può essere dunque alcun dubbio circa l’opportunità e l’urgenza di un intervento legislativo e istituzionale finalizzato al contrasto e alla repressione dello sfruttamento del lavoro nero, anche in vista dei numerosi cantieri che si apriranno per l’Expo 2015.
Siamo consapevoli che in democrazia decide la maggioranza e non abbiamo quindi la pretesa che la proposta delle opposizioni debba essere presa così com’è, anche se dobbiamo prendere atto che si tratta dell’unica proposta in materia finora avanzata. Pretendiamo però che se ne discuta e, soprattutto, che si arrivi in tempi certi e brevi all’approvazione di una legge regionale efficace e adeguatamente finanziata.
Chiediamo alle forze politiche di maggioranza e all’assessore regionale al lavoro di rompere il silenzio e dire chiaramente se ritengano o meno che in Lombardia occorra un’azione urgente contro il diffuso sfruttamento del lavoro nero e irregolare. Se la risposta è sì, siamo pronti al confronto di merito, a condizione però che si faccia in fretta e senza ulteriori perdite di tempo.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer (Prc) e Arturo Squassina (Sd)
 
 
di lucmu (del 10/06/2008, in Lavoro, linkato 1177 volte)
Oggi le opposizioni hanno depositato in Consiglio regionale una mozione urgente sul caso Eutelia S.p.a., al fine di esprimere la solidarietà con i lavoratori e le lavoratrici della società e di impegnare la Giunta regionale a dispiegare tutte le azioni atte a garantire il mantenimento dei siti produttivi sul territorio, in primis quello di Pregnana Milanese, e i livelli occupazionali. La mozione porta le firme dei consiglieri Muhlbauer, Mirabelli, Squassina O., Agostinelli, Squassina A., Cipriano, Civati, Prina, Oriani, Valmaggi, Monguzzi, Fabrizio e Zamponi.
Secondo quanto previsto dalla procedura e dalla prassi del Consiglio, la mozione potrà essere discussa e votata non prima della seduta del 24 giugno prossima e soltanto se ci sarà il consenso di tutti i gruppi politici, cioè anche della maggioranza, affinché venga messa all’ordine del giorno.
Il nostro auspicio è che questo accada e soprattutto che nel frattempo il governo regionale si attivi comunque e con urgenza. Infatti, Eutelia ha avviato la procedura per la cassa integrazione straordinaria per 772 dipendenti (su un totale di 2717), di cui ben 240 nel sito di Pregnana Milanese (su un totale di 550).
La società Eutelia, di proprietà della famiglia Landi, è attiva nei settori delle telecomunicazioni e dell’informatica e rappresenta un caso tipico di crisi aziendale provocata dalle scelte finanziarie del management. Peraltro, la società era entrata in questi mercati in seguito all’acquisizione di due società in difficoltà, la Getronics e la Bull, e non dispone, di fatto, di un piano industriale degno di questo nome.
Per il 18 giugno prossimo è già convocato un tavolo istituzionale sulla crisi del sito di Pregnana Milanese, con la partecipazione della Provincia e del Comune di Milano, del Comune di Pregnana e dell’Assessore regionale al Lavoro.
 
qui sotto puoi scaricare il testo della mozione depositata
 

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La piaga del precariato non conosce proprio confini, regnando sovrana persino nei luoghi che la vulgata ufficiale chiama di ”eccellenza”. Ed è il caso anche della ricerca biomedica in Lombardia, svolta negli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs), dove oltre il 50% degli addetti è costretto a contratti precari di ogni tipo e specie, dalle co.co.co. alle borse di studio, dalle collaborazioni professionali al tempo determinato.
Questo è il quadro desolante che emerge dalla denuncia del Coordinamento nazionale dei precari degli Irccs pubblici, che un mese fa ha inviato una lettera alle Regioni e alle amministrazioni sanitarie, chiedendo con urgenza l’apertura di una trattativa al fine di stabilizzare i ricercatori. Non sappiamo se in altre Regioni vi sia stato o meno un riscontro a tale richiesta, ma per quanto riguarda Regione Lombardia il silenzio è assordante.
Eppure, dovrebbe essere proprio la Lombardia a preoccuparsi più di altri, visto che su 41 Irccs esistenti in Italia, ben 17 si trovano nella nostra regione, di cui quattro pubblici: l’Istituto Nazionale Tumori, il Besta e  la Mangiagalli a Milano e il San Matteo a Pavia.
E per capire ancora meglio di cosa stiamo parlando, basti prendere l’inchiesta interna realizzata dal Coordinamento Precari dell’Istituto Nazionale Tumori sugli oltre 100 ricercatori precari che vi lavorano: l’età media è di 34 anni e la durata media del precariato accumulato nell’Istituto è di 6,6 anni.
Considerato che l’Italia, com’è risaputo, si trova agli ultimissimi posti in Europa per investimenti sulla ricerca scientifica e per numero di ricercatori sul totale di persone economicamente attive, aggiungere pure la diffusa insicurezza lavorativa e professionale rasenta la negligenza istituzionale. Insomma, mentre il Presidente Formigoni non perde occasione per esibire il presunto carattere di “eccellenza” della Sanità lombarda, la realtà dietro la facciata è ben diversa.
Oggi Rifondazione Comunista ha presentato in Regione un’interpellanza al Presidente e all’Assessore alla Sanità, sollecitando che venga con urgenza convocato un incontro con il Coordinamento Precari e, soprattutto, che vengano messe all’ordine del giorno azioni concrete per la stabilizzazione dei ricercatori precari.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza
 

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di lucmu (del 08/05/2008, in Lavoro, linkato 1002 volte)
La sospensione di quattro dirigenti della Fiom di Milano, tra cui la segretaria generale Maria Sciancati, è un atto di estrema gravità, il cui significato va ben oltre le questioni interne della Cgil.
Basta avere anche solo un minimo di dimestichezza con il mondo sindacale, per capire che qui non c’entrano le regole organizzative, bensì la politica, come dimostrano sia i futili motivi alla base del provvedimento, sia la scelta dei tempi. La verità è che la Fiom viene ormai guardata come un nemico interno e che ogni mezzo, anche quello più antidemocratico e stalinista, è considerato lecito per eliminarlo. Insomma, o ti adegui agli ordini del capo oppure ti faccio fuori, con tanti saluti a quel poco che è rimasto della democrazia sindacale nel nostro Paese.
Pare di assistere a una triste replica di quanto già avvenuto a livello politico. Cioè, dopo aver eliminato la sinistra dal parlamento, ora tocca alle voci indipendenti del mondo del lavoro.
Qualcuno potrebbe obiettare che le mie parole sono inopportune, perché ora faccio il consigliere regionale, mentre la mia militanza sindacale si è sempre svolta nel sindacalismo di base, il Sincobas (ora SdL intercategoriale) per la precisione. Ma si tratta di un’obiezione insostenibile, poiché se dovesse passare la normalizzazione all’interno della Cgil, con annesso affossamento del contratto nazionale, il prezzo lo pagherebbero tutti i lavoratori, visto che all’assenza di democrazia sui luoghi di lavoro si aggiungerebbe pure il divieto di discutere nel maggior sindacato italiano.
Ecco perché il tentativo di epurazione in atto riguarda tutti i lavoratori e le lavoratrici e perché noi esprimiamo oggi la nostra piena solidarietà ai quattro dirigenti della Fiom milanese.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Prima del 25 aprile De Corato annunciò che ben 900 telecamere comunali avrebbero ripreso ogni angolo del corteo, al fine di identificare quel vero e proprio esercito di “imbrattatori” che secondo lui sarebbe calato su Milano. Stando ai fatti, risulta che tutto questo dispiegamento di forze ha portato alla denuncia di un’unica persona, colpevole del grave reato di aver fatto una scritta su un muro. Ora siamo alla vigilia del 1° Maggio e De Corato, deluso dal magro bottino del 25 aprile, riparte all’attacco, annunciando che domani 30 videocamere e delle apposite squadre di vigili urbani si incaricheranno a sorvegliare passo dopo passo le decine di migliaia di manifestanti della MayDay Parade, considerati tout court dei potenziali delinquenti.
Ci sarebbe da ridere, se De Corato non fosse il vicesindaco di quella città dove oltre il 70% delle nuove assunzioni sono precarie e dove la stessa amministrazione comunale ha largamente fatto ricorso al precariato. Ma, evidentemente, il suo zelo nel condurre le sue guerre private per mezzo delle istituzioni è pari soltanto al suo menefreghismo rispetto ai problemi che i lavoratori, specie quelli giovani, vivono a Milano.
Se Milano fosse quella città moderna e internazionale che i suoi amministratori strombazzano in giro per il pianeta, allora il Sindaco ascolterebbe quei tanti giovani che ogni 1° Maggio gli ricordano che le cose in città non vanno tanto bene. Invece, ci troviamo con il suo vice che non fa altro che criminalizzare e insultare decine di migliaia di cittadini e cittadine. Complimenti!
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
L’Assessore regionale al lavoro, Rossoni, ci ha dato ragione, confermando l’illegittimità delle esclusioni di alcune categorie di lavoratori precari dalla possibilità di accedere a posti di lavoro temporanei nelle pubbliche amministrazioni (cosiddette “chiamate art. 16”). Questo è il succo della risposta alla nostra interpellanza di tre mesi fa (vedi news su questo blog del 9/1/08).
Il problema era sorto con la delibera della Giunta regionale n. 4890 del 15 giugno 2007, che conteneva delle formulazioni non univoche, e con la successiva applicazione della normativa da parte dei Centri per l’Impiego delle Province. Infatti, a partire dal settembre dell’anno scorso, molte persone si vedevano all’improvviso rifiutate le loro domande di lavoro.
Il diavolo, come al solito, si nascondeva in un dettaglio, cioè nella nuova e più restrittiva interpretazione della categoria “persona priva di occupazione”. Fino ad allora, infatti, quest’ultima comprendeva anche i lavoratori precari con un reddito annuo inferiore a 8.000 euro, come peraltro previsto dalla vigente normativa nazionale e dalla prassi delle Regioni limitrofe.
Fino ad oggi nessuno sembrava interessarsi alla vicenda, nonostante le sollecitazioni di diversi operatori del settore, e soltanto in seguito alla nostra interpellanza sembra muoversi qualcosa, poiché l’Assessore regionale scrive testualmente:
la definizione di ‘persona priva di occupazione’ deve essere interpretata in modo estensivo e va riferita, oltre ai ‘disoccupati in senso stretto’, anche alle persone in condizione lavorativa in possesso dei requisiti di legge (d.lgs. 181/00) per il mantenimento dello stato di disoccupazione (reddito annuo da lavoro non superiore a quello minimo esente da imposizione fiscale: 8.000 Euro lordi per i redditi da lavoro dipendente e assimilati ed Euro 4.800 per quelli da lavoro autonomo). Le persone ‘prive di occupazione’ possono pertanto partecipare a tutte le selezioni, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Inoltre, la risposta all’interpellanza indicherebbe che a breve dovrebbero essere diramate nuove indicazioni alla Province. Cioè, “per fornire una soluzione adeguata alle criticità emerse in fase di prima attuazione della delibera regionale, gli uffici stanno definendo, di concerto con le Province, puntuali indicazioni tecnico-operative relative alle nuove procedure”.
Insomma, ci auguriamo che ora alle parole seguano i fatti e che venga ristabilita, nel più breve tempo possibile, la corretta applicazione della normativa nazionale.
 
qui sotto puoi scaricare il testo integrale della risposta all’interpellanza
 

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La lotta paga! I 400 operai delle Officine FFS di Bellinzona hanno raggiunto una prima vittoria. Infatti, dopo un mese di sciopero totale, appoggiato dalla popolazione locale, le ferrovie svizzere hanno ritirato il piano di ristrutturazione, che prevedeva la liquidazione dello stabilimento ticinese e dei posti di lavoro.
Questa mattina l’assemblea dei lavoratori ha deciso la fine dello sciopero e la ripresa del lavoro. Ora si aprirà il negoziato e la strada sarà ancora lunga, ma intanto non c’è più la spada di Damocle del piano di ristrutturazione.
Ricordiamo il sito web dei lavoratori delle Officine: www.officine.unia.ch
 
 
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