Blog di Luciano Muhlbauer
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 16/10/2007, in Scuola e formazione, linkato 927 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 16 ott. 2007 (pag. Milano)
 
Questo fine settimana Formigoni ci ha consegnato l’ennesima sceneggiata contro l’impugnativa della legge regionale n. 19, relativa al sistema di istruzione e formazione lombardo, con un inedito atto di “diffida” rivolto al Ministro dell’Istruzione. Ma è dal 28 settembre scorso, quando il Consiglio dei Ministri decise di ricorrere alla Corte Costituzionale, che non passa giorno senza che il Presidente scagli anatemi o si inventi iniziative di ogni tipo, compresa una mobilitazione di piazza autocelebrativa, alla maniera di Ceausescu, che in realtà radunò solo poche centinaia di persone appartenenti all’universo ciellino, ma che l’abile comunicatore riuscì a vendere a una stampa compiacente come il “sostegno del mondo della scuola”.
C’è davvero da chiedersi quanti cittadini lombardi abbiano capito il vero oggetto dello scontro, dal momento che la legge regionale, approvata in fretta e furia il 27 luglio scorso, è un’emerita sconosciuta per i non addetti ai lavori e che tutta la comunicazione pubblica ripropone il cliché del conflitto tra un Governo nazionale conservatore e ostile e una Lombardia dinamica e produttiva. E così, chiunque osi contraddire le scelte di Formigoni e della sua maggioranza, finisce inevitabilmente sul banco degli accusati per attività anti-lombarde.
Certo, un po’ comprendiamo l’ira del Presidente, avendo egli, a suo tempo, incassato la benevola astensione dell’Ulivo lombardo e, presumibilmente, qualche incauta assicurazione che a Roma avrebbero lasciato fare. E, infatti, l’attuale imbarazzo di molti dirigenti del Piddì regionale, accusati di “sudditanza” a Formigoni persino dall’ulivista Riccardo Sarfatti, è sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia, sarebbe un grave errore pensare che il progetto formigoniano sia a questo punto stoppato o che sia sufficiente affidarsi alle iniziative del Governo, il quale ha agito anzitutto per un elementare senso di tutela del quadro normativo vigente, di fronte alla carica destabilizzante della legge lombarda. Formigoni può, infatti, contare su numerosi e significativi appoggi, a partire dai cosiddetti poteri forti, dalla Compagnia delle Opere a Confindustria, nonché sulla palese non ostilità della maggioranza del Partito Democratico. E nessuno starà a guardare, vista la posta in gioco e i consistenti interessi materiali implicati.
Ebbene sì, perché qui non si tratta semplicemente della tendenza all’accentramento di sempre più poteri nelle mani dell’esecutivo regionale, a scapito sia dello Stato che degli Enti Locali, ma soprattutto di un attacco frontale e consapevole alla scuola pubblica e laica. Il cuore del provvedimento è rappresentato dall’istituzionalizzazione del doppio canale morattiano e dall’invasione del campo dell’istruzione tecnica e professionale, per la quale si prevede un sistema analogo a quello disastroso in vigore dal 2001 nella formazione professionale. Cioè, si stabilisce la piena equiparazione tra pubblico e privato nell’accesso ai finanziamenti e una larga autonomia per i singoli istituti, che comprende addirittura la possibilità di poter assumere direttamente e discrezionalmente il personale docente.
In altre parole, una gigantesca operazione di drenaggio di risorse pubbliche verso soggetti  privati, come peraltro già avviene nella sanità, e un primo passo verso l’apertura del fronte scuola tout court. Che tutto questo possa essere nell’interesse del mondo imprenditoriale, lo possiamo capire, ma ci pare oltremodo arduo sostenere che debba esserlo anche in quello di studenti, insegnanti e famiglie. Ecco perché in troppi preferiscono nascondersi dietro la cortina fumogena della lite sulle competenze tra Stato e Regione.
Molte componenti del mondo della scuola, dagli studenti medi a diverse organizzazioni sindacali degli insegnanti -Cgil, Rete Scuole, sindacati di base-, si sono già espressi contro la legge regionale, ma ci pare evidente che questo non basti più e che occorra urgentemente un salto di qualità.
 
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Il 21 dicembre dell'anno scorso, la Giunta regionale ha approvato con delibera il calendario scolastico regionale per l’anno scolastico 2008/2009, fissando l’inizio per il giorno 8 settembre 2008 e la fine per 16 giugno 2009, nel caso della scuola primaria e secondaria, e per il 30 giugno 2009, nel caso della scuola materna.
Tutto normale si direbbe, se non fosse per il piccolo particolare che la delibera introduce nel calendario anche una quota di “almeno sei giorni”, denominata “Oltre la Scuola”, per iniziative extra-curriculari dai contorni fumosi. Cioè, i contenuti e le modalità di attivazione di tale quota vengono rinviati a successivi atti amministrativi della competente Direzione generale di Regione Lombardia, che definiranno una “proposta progettuale”, finalizzata, tra l’altro, a dare “maggior visibilità alla Regione nell’azione di supporto all’innovazione e al cambiamento all’interno delle scuole” (sic).
Questa iniziativa, non solo priva di trasparenza, ma che prefigura un’ingerenza nell’autonomia delle istituzioni scolastiche, aveva provocato non poco disorientamento tra gli insegnati e i dirigenti scolastici. Tanto è vero che l’Ufficio scolastico per la Lombardia (www.istruzione.lombardia.it) è dovuto intervenire con una circolare del 15 gennaio per chiarire che l’iniziativa “Oltre la scuola” si caratterizza “come una opportunità” e “non certo come un obbligo”.
Comunque, considerata l’estrema fumosità del progetto formigoniano, nonché il contesto preoccupante definito dalla legge regionale n. 19/2007, abbiamo presentato oggi un’interrogazione all’Assessore competente, al fine di chiarire i contenuti, i tempi, le modalità e le finalità dell’iniziativa “Oltre la scuola”.
 
Qui sotto puoi scaricare il testo dell’interrogazione, nonché la delibera regionale sul calendario scolastico e la circolare dell’Ufficio scolastico.
 

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Per la seconda volta in otto mesi, il centrodestra ha dovuto fare retromarcia e rinunciare all’abrogazione secca della legislazione regionale sul diritto allo studio, cioè della l.r. 31/1980.
Oggi in Commissione VII è stata stralciata da un provvedimento sull’istruzione la norma che intendeva sostituire l’intera legge con un’unica frase, da collocare nella l.r. 19/2007, trasferendo in sostanza alla sola Giunta il potere decisionale sulla destinazione dei fondi regionali per l’attuazione del diritto allo studio.
Esprimiamo, ovviamente, la nostra soddisfazione, seppure nella consapevolezza che si tratta di una goccia nell’oceano. Ebbene sì, perché da quando la maggioranza di Formigoni aveva forzato, alla fine di luglio dell’anno scorso, l’approvazione della pessima legge 19, è stato un susseguirsi di delibere di Giunta, tese a dare attuazione ai progetti di ridisegno, in senso privatistico, del sistema di istruzione in Lombardia.
La vicenda del diritto allo studio, materia di competenza regionale, è peraltro più che illuminante rispetto allo spirito dell’operazione politica formigoniana, sia dal punto di vista istituzionale, che da quello sostanziale.
La l.r. 19 si propone, infatti, come una sorta di testo unico, che intende riunire tutti gli interventi e, soprattutto, tutti i finanziamenti in materia di istruzione e formazione professionale. Contestualmente, essa opera una progressiva delegificazione, spacciata all’opinione pubblica come “semplificazione”. In realtà, quello che succede è ben altro, cioè si sottraggono alla legislazione regionale, e dunque al confronto politico e pubblico, sempre più materie, comprese quelle attinenti a diritti costituzionalmente tutelati, per poi decidere tutto con atti amministrativi dell’esecutivo.
Un’esautorazione dell’assemblea legislativa, ma anche un crescente accentramento di potere nelle mani del Presidente della Regione, a scapito degli enti locali e della trasparenza. Non a caso, nel corso delle audizioni in Commissione VII di dicembre e gennaio, ottenute soltanto grazie alle nostre proteste e alla correttezza istituzionale del presidente della commissione, l’Anci aveva espresso forti critiche, mentre la conferenza episcopale aveva esplicitamente puntato il dito contro la delegificazione in materie riguardanti i diritti sociali.
Oggi siamo dunque riusciti a stoppare il secondo tentativo, ma sarebbe ingenuo pensare che la cosa finisca qui. Presto, campagna elettorale permettendo, torneranno alla carica. E, comunque, il diritto allo studio è semplicemente uno dei tanti tasselli che compongono il mosaico dell’offensiva contro la scuola pubblica e dell’accentramento di potere in Lombardia.
Occorre pertanto uno scatto urgente e serio, da parte delle forze di opposizione e dei soggetti del mondo della scuola, per impedire che nella nostra regione l’istruzione faccia la stessa fine della sanità.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 12/02/2008, in Scuola e formazione, linkato 1378 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 12 febbr. 2008 (pag. Milano)
 
Formigoni ha finalmente gettato la maschera e quello che, di fatto, era un finanziamento pubblico della scuola privata, ora lo diventa anche di nome. Ci riferiamo al cosiddetto “buono scuola”, mediante il quale ogni anno, dal 2001 in poi, vengono stanziati oltre 40 milioni di euro di fondi regionali per gli alunni che frequentano gli istituti privati.
D’ora in poi, il sussidio si chiamerà “dote per la libertà di scelta” e, dall’anno scolastico 2008-2009, non verrà più erogato a posteriori, in quanto rimborso, bensì come “contributo preventivo”. La novità più significativa sta, però, nella definizione dei beneficiari, dove è stata semplicemente eliminata la dizione “scuola statale” rispetto alla normativa precedente.
Qualcuno potrà obiettare che tanto non cambia nulla, perché da quando il buono scuola esiste le famiglie degli alunni delle scuole pubbliche, cioè del 91,45% degli studenti lombardi, non possono accedervi. Infatti, anche nell’anno scolastico 2006-2007, come dimostra la nostra analisi che oggi pubblichiamo, lo scandalo si è rinnovato e il 99,67% dei 45 milioni di euro assegnati è andato agli studenti delle private. E non è nemmeno cambiato il fatto che buona parte dei sussidi è stata assegnata a famiglie che non ne avrebbero alcun bisogno. Cioè, il 47% è stato erogato a favore di famiglie che dichiarano al fisco un reddito annuo tra 47mila e 200mila euro.
Tuttavia, la novità della “dote” costituisce un’autentica bomba politica, poiché il drenaggio di denaro pubblico verso le private veniva finora garantito con un trucco. Infatti, nel 1999, ai tempi del dibattito sull’introduzione del buono scuola, il governo nazionale intervenne nei confronti della Regione, contestando come costituzionalmente illegittimo il finanziamento esclusivo a favore degli alunni delle private.
Si stabilì quindi, nel comma 121 dell’articolo 4 della legge regionale n. 1 del 2000, che il buono scuola era accessibile agli studenti sia della scuola statale, che di quella non statale. Ma subito dopo, con un decreto applicativo, si determinò un tetto di spesa per la retta scolastica, al di sotto del quale non si poteva fare domanda per il sussidio. E, guarda a caso, quel tetto escludeva esattamente la quasi totalità delle scuole pubbliche.
Ora sono passati diversi anni e nel frattempo è arrivata la pessima legge regionale n. 19/2007 sull’istruzione, approvata con la benevola astensione del Pd e attualmente impugnata su molti punti davanti alla Corte Costituzionale. E quella legge ha abrogato, tra le altre cose, il comma 121 di cui sopra, rinviando la definizione dell’erogazione del sussidio ad atti amministrativi del solo esecutivo regionale. Così, nel silenzio e senza dover nemmeno più informare il Consiglio, il 12 dicembre scorso la Giunta Formigoni ha licenziato la delibera n. 6114, dove appunto stabilisce in modo esplicito il principio illegittimo del finanziamento esclusivo alle scuole private.
Tutto chiaro? Ormai l’arroganza del potere ciellino in Lombardia sembra considerare la Costituzione carta straccia, pur di canalizzare fondi pubblici verso il privato amico. Da parte nostra, valuteremo ovviamente tutti i passi formali possibili, sebbene l’assenza di un Governo nella pienezza dei suoi poteri e la prospettiva di un nuovo esecutivo nazionale che include Formigoni rendono persino il rispetto della legalità una missione quasi impossibile.
 
qui puoi scaricare l’analisi completa dei beneficiari del buono scuola 2006-2007, nonché la delibera n. 6114 del 12/12/2007
 

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di lucmu (del 16/02/2008, in Scuola e formazione, linkato 912 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 16 febbr. 2008 (pag. Lombardia)
 
Formigoni vorrebbe fare il ministro nel governo che verrà e portare anche a Roma il “modello Lombardia”. E, per capire di che modella si tratta, non c’è modo migliore che raccontare la storia del finanziamento pubblico alla scuola privata.
Il cosiddetto “buono scuola”, cioè un sussidio regionale alle famiglie degli studenti, fu erogato per prima volta nel 2001 e, da allora in poi, viene finanziato ogni anno con oltre 40 milioni di euro. Gli obiettivi di Formigoni erano chiari sin dall’inizio, cioè drenare risorse pubbliche a favore della scuola privata, settore dove, peraltro, la sua area politico-religiosa di riferimento è molto presente.
Ma, siccome a suo tempo intervenne il governo, contestando come costituzionalmente illegittimo il finanziamento esclusivo a favore degli alunni delle private, la legge regionale n. 1/2000 dovette poi stabilire che il buono scuola era accessibile agli studenti sia della scuola statale, che di quella non statale. E così, Formigoni ricorse a un trucco e i decreti applicativi istituirono un tetto di spesa per la retta scolastica, al di sotto del quale non si poteva fare domanda per il sussidio. E, guarda a caso, quel tetto escludeva esattamente la quasi totalità delle scuole pubbliche.
Di conseguenza, le famiglie degli alunni delle scuole pubbliche, cioè del 91,45% degli studenti lombardi, non hanno mai potuto accedervi. Infatti, prendendo l’anno scolastico 2006-2007, il 99,67% dei 45 milioni di euro assegnati è andato agli studenti delle private e, aggiungendo scandalo allo scandalo, buona parte dei sussidi è stata assegnata a famiglie che non ne avrebbero alcun bisogno. Cioè, il 47% è stato erogato a favore di famiglie che dichiarano al fisco un reddito annuo tra 47mila e 200mila euro. Per la cronaca, è utile ricordare che gli stanziamenti regionali per l’attuazione del diritto allo studio, destinati alla totalità degli studenti, raggiungono appena la misera cifra di 7 milioni di euro annui.  (per i dati completi vedi su questo blog la news del 12 febbraio scorso).
Tuttavia, la nostra storia non finisce qui, perché quello che finora era un finanziamento pubblico della scuola privata nei fatti, in futuro lo sarà anche di nome. Ebbene sì, perché nel quadro dell’attuazione della legge regionale n. 19/2007 sull’istruzione, approvata con la benevola astensione del Pd e attualmente impugnata su molti punti davanti alla Corte Costituzionale, la disciplina dell’erogazione del buono scuola è cambiata in un particolare molto significante. Anzitutto, la legge 19 ha abrogato la norma del 2000, rinviando la regolamentazione di “buoni e contributi” ad atti amministrativi dell’esecutivo. Quindi, nel silenzio e senza dover nemmeno più informare il Consiglio, il 12 dicembre scorso la Giunta Formigoni ha licenziato la delibera n. 6114, dove afferma in modo esplicito che il buono scuola non vale per la scuola pubblica.
Inoltre, d’ora in poi, il sussidio cambierà nome, diventando “dote per la libertà di scelta”, e, dal prossimo anno scolastico, non verrà più erogato a posteriori, in quanto rimborso, bensì come “contributo preventivo”.
Qualcuno potrà obiettare che tanto non cambia nulla, visto che i soldi andavano alle private anche prima. Verissimo. Tuttavia, sarebbe un tragico errore non vedere il salto di qualità politico nella mossa di Formigoni. Cioè, è un chiaro segnale che il sistema di potere formigoniano ritiene che i tempi siano maturi per mettere in discussione apertamente e sfacciatamente il dettato costituzionale.
E Formigoni rischia pure di avere ragione, visto che l’unica voce che si è levata per denunciare il misfatto era la nostra, mentre il Pd è rimasto nel silenzio più totale. Ma, in fondo, anche questo fa parte del “modello Lombardia”.
 
 
Il 20 febbraio scorso il Presidente Formigoni ha annunciato alla stampa di aver raggiunto un accordo con il Ministro Fioroni e che, pertanto, il Governo avrebbe ritirato il ricorso, giacente presso la Corte Costituzionale, contro la legge regionale n. 19/2007 sull’istruzione e dato il via libera all’attuazione della riforma del centrodestra. E l’accordo comprenderebbe persino la “chiamata diretta” del personale docente e non docente da parte degli istituti, aggirando così le graduatorie e i concorsi pubblici previsti dalla legge.
Una notizia che, qualora confermata, rappresenterebbe un capovolgimento secco delle posizioni del Ministero della Pubblica Istruzione, che nell’autunno scorso aveva impugnato la legge regionale su molti punti centrali. Ecco perché abbiamo sollecitato, per giorni, il Ministero a chiarire se tale accordo esista e cosa preveda. Ebbene, è passata una settimana e dal Ministero non è arrivato altro che silenzio.
Chiediamo dunque pubblicamente al Ministro Fioroni di precisare formalmente se esiste un accordo con il Presidente Formigoni e se intende ritirare il ricorso contro la legge 19.
Non si tratta di una questione di dettaglio, ma di sostanza politica e istituzionale. Come, infatti, aveva riconosciuto lo stesso Ministero, all’atto della formulazione del ricorso, la legge del centrodestra lombardo viola numerose leggi e precetti costituzionali, invadendo pesantemente le competenze dello stato in una materia delicata e di primaria importanza, come la scuola.
La ratio della riforma formigoniana dell’istruzione ripropone pari pari quanto avvenuto già nella sanità lombarda. Cioè, non si tratta soltanto di accentrare più poteri nelle mani dell’esecutivo regionale, a scapito dello Stato e degli enti locali, ma anzitutto di aprire anche l’istruzione alla privatizzazione.
Non a caso, in uno dei decreti applicativi della l.r. 19/2007, la Giunta lombarda ha trasformato il “buono scuola”, che ogni anno gira 45 milioni di euro alla scuola privata, in “dote per la libertà di scelta”, mutando l’esclusione de facto delle famiglie della scuola pubblica in un’esclusione de iure, cioè spavaldamente rivendicata in spregio alla legalità costituzionale.
Quella legge è una vera e propria bomba a orologeria contro la scuola pubblica e laica, non solo lombarda. Riteniamo che il governo avesse fatto semplicemente il suo dovere istituzionale quando l’aveva impugnata. Ritirare il ricorso in piena campagna elettorale, e scoprire un’improvvisa passione per i disegni formigoniani, significherebbe invece ben altro, cioè l’ennesimo mercanteggiamento politico tra il PD e il PdL.
Per tutti questi motivi, riteniamo doveroso e urgente che il Ministero chiarisca immediatamente la sua posizione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer (Prc), Bebo Storti (PdCI) e Arturo Squassina (Sd)
 
 
Un “debutto” e una “novità”, anzi un “tesoretto” che Regione Lombardia consegna alle famiglie lombarde. Il forse-Ministro e tuttora Presidente della Regione Lombardia, Formigoni, non ha risparmiato parole roboanti per annunciare che da oggi, 21 aprile, possono essere presentate le domande per la “dote scuola”.
Peccato però che quelle parole faticano terribilmente a trovare un qualche riscontro nella realtà dei fatti, poiché l’unico debutto è quello del termine “dote”. Infatti, le tre tipologie di doti introdotte, in applicazione della legge regionale n. 19/2007, altro non sono che un nome nuovo per finanziamenti vecchi, di provenienza sia statale, che regionale.
E così, la “dote per la permanenza nel sistema educativo”, destinata a quel 91,45% di studenti lombardi che frequentano la scuola pubblica, riunisce semplicemente i diversi contributi statali per i libri di testo e per gli assegni e le borse di studio. In altre parole, la Regione, in quanto ente erogatore, non ci mette un soldo e si limita unicamente a cambiare denominazione a finanziamenti vincolati dello Stato.
Per quanto riguarda i fondi regionali, cioè quelli decisi autonomamente dalla Giunta Formigoni, va anzitutto sottolineato che le quantità economiche erogate corrispondono quasi esattamente a quanto stanziato l’anno precedente. In secondo luogo, si riproduce pari pari la pesante discriminazione delle famiglie i cui figli frequentano la scuola pubblica. Infatti, la “dote di merito”, destinata agli studenti meritevoli delle scuole statali e private, è finanziata con appena 4,2 milioni di euro, mentre la “dote per la libertà di scelta” -cioè il vecchio “buono scuola”-, destinata in maniera esclusiva a quel 8,55% di studenti lombardi che frequentano le private, dispone uno stanziamento di ben 46 milioni di euro.
Cioè, per avere diritto a qualche sostegno da parte della Regione, le famiglie della scuola pubblica devono versare in condizioni economiche sfavorevoli e i figli sono tenuti a dimostrare un ottimo rendimento scolastico, mentre le famiglie delle private possono disporre anche di redditi superiori –fino a 200mila euro di reddito dichiarato al fisco!- e il rendimento scolastico dello studente può essere anche pessimo o nullo.
Insomma, più che di una novità si tratta di un’operazione pubblicitaria, tesa a vendere fumo alla grandissima maggioranza delle famiglie lombarde, mentre i soliti amici del Presidente, cioè le scuole private, si accaparrano quasi tutto il finanziamento pubblico della Regione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 23/04/2008, in Scuola e formazione, linkato 1308 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 23 aprile 2008 (pag. Milano)
 
Quanto sta accadendo nella scuola elementare di via dei Narcisi, a Milano, dovrebbe essere preso molto sul serio. Infatti, come rilevato ieri anche dal quotidiano la Repubblica, 30 capifamiglia maghrebini, genitori di 60 alunni, hanno chiesto il licenziamento del mediatore culturale di origine marocchina, Mouchen, perché lo accusano di voler allontanare i loro bambini dagli insegnamenti dell’Islam.
Sottovalutare la vicenda o, peggio, riproporre la ormai abituale valanga di dichiarazioni anti-islamiche sarebbe la reazione più miope possibile. Ebbene sì, perché crediamo che a nessun osservatore attento possa sfuggire il fatto che gli avvenimenti di via dei Narcisi rappresentano una sorta di preavviso di quello che potrebbe succedere su scala più ampia in un futuro più o meno prossimo, qualora la politica cittadina continui sulla strada finora seguita.
In altre parole, l’episodio appare come figlio legittimo di quelle tendenze della politica cittadina che affrontano l’affacciarsi di una società multietnica e multiculturale esclusivamente in termini di contrapposizione tra culture, religioni e nazionalità. Una siffatta politica non riesce a costruire un futuro condiviso tra vecchi e nuovi cittadini, ma rischia seriamente di seminare gli anni a venire con sempre più incomprensioni e conflitti.
Ne è esempio lampante la politica seguita da troppi amministratori in relazione ai fedeli musulmani. Se si riuniscono in preghiera in capannoni o altri spazi, allora si grida alla “moschea abusiva” e si chiede lo sgombero. Se invece intendono costruire un luogo di culto formale, allora scatta la campagna “no alla moschea”. Insomma, qualsiasi cosa facciano non va bene e alla fine non rimane che la contrapposizione religiosa e culturale, terreno di coltura ideale per integralisti religiosi e opportunisti politici di ogni risma.
Noi abbiamo sempre difeso la scuola pubblica, laica e libera contro le ingerenze confessionali e privatistiche che tentano di imporre un credo piuttosto che un altro. E lo facciamo anche ora, nel caso della scuola elementare di via dei Narcisi, esprimendo la nostra decisa solidarietà a Bendaoud Mouchen.
Siamo certi che così la pensa anche tantissima parte dei cittadini e delle cittadine di origine maghrebina che vivono e lavorano nella nostra città.
Ma per difendere la libertà di insegnamento e il carattere laico e libero della scuola non basta opporsi alla cacciata del mediatore culturale: occorre contemporaneamente iniziare a spezzare la follia delle campagne xenofobe e islamofobiche. E un primo passo dovrebbe essere un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche cittadine, cioè la rinuncia al solito rito delle dichiarazioni da guerra di civiltà e l’apertura di una seria riflessione e di un vero dialogo.
 
 
Chi sostiene che la pubblica amministrazione sia lenta evidentemente non conosce la vicenda della “Cascina Valcarenga” di Crema, area sulla quale la Fondazione Charis intende costruire un polo scolastico privato. Nel caso in questione, anzi, Regione Lombardia rischia di stabilire il nuovo record mondiale dell’efficienza. Ma cominciamo dall’inizio, cioè dal 26 marzo scorso, quando il Sindaco di Crema, il forzista Bruno Bruttomesso, manda un fax a Regione Lombardia in cui segnala due interventi di edilizia scolastica in scuole non statali, secondo lui meritevoli di ricevere contributi regionali.
Dopo soli due giorni, il 28 marzo mattina, i rappresentanti di Regione Lombardia, Comune di Crema e Fondazione Charis sono già seduti attorno un tavolo e firmano un protocollo d’intesa che prevede la partecipazione della Regione al finanziamento del nuovo edificio scolastico con 4,5 milioni di euro, su una spesa totale di 14 milioni. Molto efficiente si dimostra intanto anche la Giunta comunale, che non solo si assume l’onere di fungere da ente attuatore, ma ratifica il protocollo nella stessa giornata. Altri 12 giorni più tardi, cioè il 9 aprile, la Giunta regionale approva la delibera n. 7030, relativa a tutti gli interventi e finanziamenti in Lombardia per il 2008 in materia di edilizia scolastica, che contiene anche la prima tranche, di un milione di euro, per il progetto della Fondazione Charis.
Ovviamente non si tratta dell’unico finanziamento pubblico per interventi di edilizia scolastica destinata ai privati. Sul totale di oltre 22 milioni stanziati da quella delibera, metà di provenienza statale, 2,9 milioni sono andati a 5 progetti non statali (a Milano, Como, Varese e ben due a Crema). Una “possibilità” introdotta nel 2006 da un voto a maggioranza del Consiglio regionale, che permette di utilizzare una quota fino al 25% dello stanziamento complessivo per interventi di “programmazione negoziata”, cioè una sorta di trattativa privata tra Regione, ente locale e privato.
Non ci stupisce naturalmente che la Giunta Formigoni faccia largo uso di questa “possibilità”, essendo nota e rivendicata la politica a favore della scuola privata, come peraltro dimostrano lo scandalo reiterato dei 46 milioni di euro annui per il  “buono scuola” e la legge regionale n. 19/2007.
Tuttavia, qui c’è qualcosa di più. Anzitutto, nel 2008, per l’adeguamento strutturale delle scuole pubbliche di tutta la Provincia di Cremona sono stati stanziati soltanto 400mila euro, mentre per soli due istituti privati di Crema sono stati stanziati 1 milione per la “Cascina Valcarenga” e 150 mila per il “Paola di Rosa”. In secondo luogo, il progetto della Fondazione Charis è l’unico tra i cinque interventi a favore di privati che non consista in ristrutturazioni, bensì in una nuova costruzione. Infine, c’è la questione dei tempi ultraveloci, per nulla normali e abituali, che rendono estremamente arduo pensare che Regione Lombardia abbia verificato la sussistenza dei criteri per poter accedere ai contributi regionali.
Insomma, tanti soldi alla scuola privata e poca o nulla trasparenza. Chissà perché? Sarà perché la Fondazione Charis fa parte dell’impero di Comunione e Liberazione, esattamente come chi comanda in Regione? Oppure sarà perché l’assessore regionale forzista all’istruzione, nonché vicepresidente della Regione, abita a pochi chilometri da Crema? Comunque sia, a noi pare che in questa vicenda c’entrino poco le esigenze della scuola e molto invece le amicizie politiche.
Per questo oggi abbiamo depositato un’ interrogazione in Regione.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’interrogazione
 

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Quante parole aveva speso il Ministro dell’Istruzione, Gelmini, per dire che chi contestava i piani governativi sulla scuola era capace soltanto di protestare, ma non di proporre, né di discutere. Peccato però che discutere con il Ministro sia mica cosa facile, anzi sembra quasi cosa proibita.
Infatti, oggi a Sirmione (Bs) è iniziato, per concludersi l’8 ottobre, il seminario nazionale dedicato all’autonomia scolastica, organizzato dall’Ufficio scolastico per la Lombardia. Ma basta dare una rapida occhiata al programma per accorgersi che c’è qualcosa di strano. Intervengono il Ministro Gelmini, ovviamente, ma anche l’Assessore regionale Rossoni e quello comunale di Milano, Moioli. Insomma, ci sono tutte le istituzioni del territorio interessate all’istruzione, tranne una: le Province lombarde.
Eppure, le Province ne hanno di competenze, anche se la legge regionale n. 19/2007 ne ha messe in discussione parecchie. E non si può nemmeno sostenere che i tempi del seminario non permettessero di allargare loro l’invito, poiché interviene un po’ di tutto. Ci sono anche numerose rappresentanze di enti privati, come la Fondazione Cariplo o la Fondazione per la Sussidiarietà, espressione della Compagnia delle Opere, oppure di associazioni legate alla scuola privata, come la Fidae e l’Agesc.
Insomma, come mai le Province lombarde non sono state invitate? Una risposta ce l’avremmo, cioè il coordinamento delle province lombarde per l’istruzione è affidata alla Provincia di Milano ed era lecito aspettarsi che qualche parola critica sul taglio di 8 miliardi di euro per la scuola pubblica sarebbe arrivata. E così, sono stati invitati soltanto soggetti amici, o presunti tali.
Se si trattasse di un’iniziativa politica del PdL o della Lega non avremmo nulla da obiettare, ma qui si tratta di un seminario organizzato dall’Ufficio scolastico, cioè di un’articolazione territoriale del Ministero. In altre parole, questa iniziativa è organizzata da un’istituzione pubblica ed è pagata con denaro dei contribuenti.
Altro che proposte e dibattiti! Il Ministro Gelmini, o chi per lei, non si ferma nemmeno davanti all’abuso istituzionale, perché di questo si tratta, pur di assicurarsi una platea compiacente e plaudente.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
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