Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente n.3, settembre-ottobre 2007
Sicurezza, sicurezza e ancora sicurezza. Il dibattito politico e l’informazione ne sono letteralmente inondati e intossicati. In Lombardia eravamo già abituati, ma a nessuno può sfuggire il salto di qualità di questi ultimi tempi. Non solo l’ansia securitaria ha raggiunto luoghi fino a ieri impensabili, come la tranquilla Firenze, ed è diventata elemento costituente del Partito Democratico, ma scava sempre più a fondo nella coscienza popolare.
Quando, in nome della “sicurezza”, l’inverno scorso a Opera bruciarono le tende della protezione civile che ospitava alcune famiglie rom, molti, anche a sinistra, finsero di non capire. Ora è arrivata Pavia, dove la dinamica di Opera si è riprodotta pari pari, con l’unica differenza che a innescarla è stato un sindaco di centrosinistra.
Ma tra Opera e Pavia è successo di tutto. Dalla specialità milanese del nomadismo degli sgomberi dei rom, cacciati da una parte per finire sotto i ponti da un’altra, fino alla moltiplicazione delle campagne contro le cosiddette “moschee abusive”, salvo poi impedire l’apertura di luoghi di culto regolari. E in mezzo ci sono tutti gli altri, i clandestini, le prostitute, i graffitari, i tossici e così via. Visto il clima, come stupirsi poi che il sindaco di Morazzone, piccolo comune del Varesotto, abbia partorito l’impareggiabile idea di segnalare preventivamente ai carabinieri ogni matrimonio tra cittadini italiani e stranieri?
Tutto quanto per la sicurezza, ovviamente, ma sempre e comunque diretto contro soggetti deboli o marginali o malvisti. Di risolvere i problemi, che ci sono, sembra che non gliene freghi più niente a nessuno, specie ora che anche buona parte del Piddì è salito sul carro. Anzi, le paure e le “percezioni di insicurezza” diventano merce pregiata sul mercato della politica, da utilizzare e da cavalcare per raccattare con ogni mezzo consenso elettorale.
Nel frattempo, però, tutto questo ignobile gioco finisce per scavare profonde ferite nel corpo sociale, legittimando la xenofobia o peggio. Le ronde razziste della Lega o fatti come quelli di Busto Arsizio, dove un ex-partigiano è stato insultato nella pubblica piazza nell’indifferenza generale, stanno lì a dimostrarlo.
Insomma, è giunto davvero il momento che a sinistra –compreso il nostro partito- si prenda atto fino in fondo di quello che sta avvenendo e che si inizi a reagire. La mobilitazione antirazzista di Pavia del 29 settembre è stato un primo passo, certo ancora flebile, ma ci indica la via da percorrere.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 nov. 2007 (pag. Milano)
Come un pugile suonato. Così è apparsa la sinistra nelle sue varie articolazioni, politica e sociale, governativa e antigovernativa, nelle ore e nei giorni seguiti all'omicidio di Giovanna Reggiani. Pochi hanno conservato lucidità, molti hanno scelto il silenzio e altri hanno vacillato. E, diciamoci la verità, il riferimento non è soltanto a dirigenti e nomi noti, ma anche, e forse soprattutto, agli uomini e alle donne che fanno la sinistra nella realtà quotidiana.
Ebbene sì, perché ormai, quando si parla di sicurezza e immigrazione, può essere molto più difficile reggere la discussione con il tuo vicino di casa, che non affrontare lo scontro politico nelle istituzioni. Infatti, se in questi giorni si fosse svolto un referendum popolare sul cosiddetto pacchetto sicurezza, i “no” sarebbero stati ridotti alla dimensione di una specie in via di estinzione.
La misura del disastro politico e civile che si consuma in Italia e in Europa sta tutto qui, cioè nel fatto che le destre hanno conquistato l’egemonia culturale. E così, sempre più spesso risuona la domanda “stai con gli italiani o con gli immigrati?” e a fartela è magari un lavoratore o un inquilino delle case popolari. Insomma, non di borghesi e ricchi si tratta, ma di gente nostra, dei nostri referenti sociali.
Il securitarismo xenofobo non è soltanto populismo o furbizia elettorale, ma è anzitutto un paradigma di lettura della realtà, capace di scomporre e ricomporre identità sociali e culturali e di fornire nuovi nemici e colpevoli. È l’ideologia della guerra tra i poveri, che mette al riparo potenti, furbetti e profittatori, mentre istiga alla competizione violenta per gli spazi e i beni alla base della piramide sociale.
La posta in gioco è dunque molto alta, di indubbia valenza strategica, e il tempo stringe terribilmente, come evidenzia l’accelerazione di questi giorni dopo un anno di crescendo incessante di fatti e fattacci. E allora dobbiamo tornare al nostro pugile suonato, cioè a noi stessi.
In ultima analisi, non ci sono che due possibili strade da imboccare. La prima è quella già scelta dal Piddì veltroniano, che postula il superamento storico di ogni ipotesi di alternativa e il primato del governo dell’esistente a ogni costo, compreso il cedimento politico e culturale.
L’altra strada è sicuramente più faticosa, perché è quella della ricostruzione della sinistra e di un orizzonte di cambiamento sociale. E questo significa, oggi e qui, sottrarsi all’abbraccio securitario e reagire, assumendosi anche la responsabilità di scelte non facili e controcorrente. Ma, beninteso, questo non basta, perché l’incitamento al razzismo non avviene nel vuoto, bensì in una situazione di disagio sociale diffuso, di precarietà del lavoro e delle esistenze e di degrado urbano. Ed è qui che la sinistra è ormai troppo assente, spesso anche fisicamente, e non riesce più né a organizzare vertenze e conflitti, né a offrire prospettive di cambiamento credibili.
Insomma, se non vogliamo arrenderci all’aria che tira, ma nemmeno fare la fine di chi dice no al securitarismo, ma poi non ha alternative da offrire, c’è urgente bisogno di un fatto nuovo a sinistra, che non sia un semplice e inutile assemblaggio di ceti politici, ma una sorta di ripartenza dal basso, assumendo come bussola le condizioni e i bisogni dei ceti popolari e un po’ meno gli equilibrismi istituzionali.
Ma appunto, il tempo rimasto è poco e se non vogliamo finire sul tappeto, occorre agire subito.
allegato articolo versione pdf
Il 15 novembre scorso il Parlamento europeo ha approvato, a larga maggioranza, una risoluzione relativa alla direttiva europea n. 38/2004, cioè quella che regola il diritto alla libera circolazione e al soggiorno dei cittadini dell’UE e che era stata invocata, nelle ore seguenti l’omicidio di Giovanna Reggiani, per giustificare il “pacchetto sicurezza” e il clima di caccia al rom e al romeno.
Ebbene, la lettura della risoluzione è molto illuminante. Non solo esprime la preoccupazione del Parlamento europeo rispetto al clima xenofobo innescato da molti esponenti politici italiani, ricordando il dovere di lotta contro la discriminazione e il razzismo, con particolare riferimento alle popolazioni rom, ma rammenta altresì lo spirito e la lettera della direttiva stessa. In questo senso, vengono stigmatizzate alcune dichiarazioni del commissario europeo Franco Frattini di quei giorni e, soprattutto, ribadisce che la direttiva europea non consente la possibilità di espulsione di cittadini europei in base alle sole condizioni sociali ed economiche dei soggetti.
Insomma, una smentita bella e buona di quanto vanno dicendo e proponendo il centrodestra e buona parte del Piddì veltroniano.
qui puoi scaricare la Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007
Abbiamo presentata oggi in Regione un’interrogazione all’assessore alla polizia locale sullo sgombero di alcune baracche abitate da rom in via Pozzobonelli, avvenuto ieri.
Infatti, secondo quanto dichiarato dal vicesindaco di Milano, De Corato, lo sgombero sarebbe stato effettuato autonomamente dai vigili urbani, attraverso il Nucleo Problemi del Territorio. Inoltre, sempre secondo De Corato, si tratterebbe dell’intervento numero 43 contro “aree occupate abusivamente”, nel solo 2007, da parte della polizia municipale
Ebbene, lo sanno tutti che gli amministratori milanesi rivendicano da tempo di poter disporre di una polizia del sindaco, anzi del vicesindaco, e in questo si vedono ormai imitati da numerosissimi sindaci del Piddì, anche se la legge dice una cosa molto diversa.
La legge nazionale assegna, infatti, la competenza della gestione dell’ordine pubblico agli organi di polizia dello Stato e la stessa legge regionale n. 4 del 2003 individua tra i compiti primari delle “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza” della polizia locale quello del semplice “presidio” del territorio.
In altre parole, a Milano –e non solo- si moltiplicano gli sconfinamenti della vigilanza urbana nelle competenze dei corpi di polizia, producendo sovrapposizioni e persino episodi sull’estremo limite della legalità, e contestualmente vengono emarginate le funzioni tipiche della polizia municipale, che nessun altro più svolge.
Con l’odierna interrogazione chiediamo pertanto all’assessore regionale competente di acquisire tutte le informazioni del caso e di intervenire rispetto a questa deriva securitaria. Auspichiamo che questa volta voglia rispondere in tempi celeri e utili, poiché, ahinoi, altre tre interrogazioni su fatti anche più gravi continuano a giacere da lunghi mesi nei suoi cassetti.
qui puoi scaricare il testo dell’interrogazione
C’è del marcio sui colli bergamaschi, o meglio, nel Consorzio del Corpo di Polizia Intercomunale dei Colli, costituito nel 2000, che riunisce i vigili urbani di sette comuni alle porte di Bergamo. La denuncia viene da un’organizzazione sindacale che sicuramente non può essere accusata di estremismo, la Uil, ed è stata promossa anche una vertenza sindacale.
Oggi, abbiamo depositato in Regione un’interpellanza all’assessore alla polizia locale, chiedendogli di promuovere con urgenza gli opportuni accertamenti, relativi anche all’uso dei finanziamenti regionali, e di intervenire per porre fine allo scandalo dei vigili-squillo.
Alle magnificenze proclamate sul sito internet del Consorzio, corrisponderebbe infatti una realtà molto diversa, fatta di sprechi di risorse e, soprattutto, di un’estesa precarizzazione dei rapporti di lavoro dei vigili urbani. Ovvero, un turn-over di personale pazzesco, riguardante in questi anni 30 persone sulle 35 in organico, vigili mandati in servizio senza aver nemmeno svolto la formazione obbligatoria di base e costose apparecchiature inutilizzate perché nessuno ha mai imparato a maneggiarle. Ci sarebbero poi tanti altri fatti, come la violazione della privacy, l’uso prolungato della nuova caserma senza avere l’agibilità e un ampio parco auto chissà perché non impiegato a dovere.
Il Consorzio si presenta come uno specchio fedele di quanto sta avvenendo da un po’ di tempo nelle polizie municipali della Lombardia. Cioè, una progressiva trasformazione in una sorta di polizie dei sindaci, emarginando le funzioni proprie e tipiche del corpo, che intanto nessun altro svolge più. E così, se da una parte imperversa la precarietà del lavoro e i consigli comunali sono esclusi da qualsiasi possibilità di controllo reale, dall’altra il Consorzio si mostra più che zelante nell’elevare multe a tappeto e in controlli asfissianti di giovani e immigrati. Infatti, l’illegittima legge regionale sui phone center, contestata non solo da tutte le sezioni del Tar della regione, ma anche dall’Autorità nazionale garante della concorrenza, qui è stata applicata in maniera talmente integralista da provocare la chiusura forzata di praticamente tutte le attività.
Un fulgido esempio di come l’ideologia securitaria provochi di tutto, tranne che sicurezza, sia per gli agenti, che per la cittadinanza.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui puoi scaricare l’interpellanza
L’Assessore alla Polizia Locale ha finalmente risposto all’interpellanza, del luglio scorso, circa le azioni e gli impegni della polizia locale, cioè dei vigili urbani, in materia di sicurezza del lavoro nel settore edile.
Un’interpellanza che si era resa necessaria di fronte alla progressiva marginalizzazione di questa -come di altre- funzione tipica della polizia municipale, contestualmente alla tendenza verso la militarizzazione dei corpi. Come esempi di questa dinamica possiamo ricordare che nel 2005 l’Istituto regionale di formazione per la pubblica amministrazione (IReF) aveva completamente “dimenticato” specifiche azioni formative oppure che la polizia locale di Milano ha assegnato al compito di polizia edilizia soltanto tre (3) agenti…
Una volta tanto, l’assessorato è stato piuttosto esaustivo nella sua risposta alla nostra interpellanza, impegnandosi inoltre, per l’anno 2008, a intensificare le proprie azioni e a aumentare le risorse finanziarie.
Tuttavia, giusto per non perdere il vizio, ha evitato di rispondere a una delle domande principali -e, dunque, di assumersi degli impegni conseguenti-, cioè, se e come intendeva intervenire rispetto a quei Comuni, come quello di Milano, che marginalizzano tale attività, non assegnando sufficiente personale. Insomma, si è limitato a dire che queste sono competenze e responsabilità degli enti locali “e non della Regione”. Cosa senz’altro vero sul piano formale, ma non certamente su quello politico.
Per saperne di più, puoi scaricare qui sotto sia l’interpellanza, che la risposta dell’Assessore Ponzoni.
L’Assessore regionale alla Polizia Locale, Massimo Ponzoni, ha risposto alla nostra interrogazione relativa all’impiego degli agenti della P.L. di Milano –cioè dei vigili urbani- nello sgombero forzoso delle baracche abitate da rom in via Pozzobonelli, eseguito il 5 dicembre scorso.
L’interrogazione si era resa necessaria perché in quella occasione il vicesindaco De Corato, che detiene altresì la delega alla Sicurezza, aveva pubblicamente rivendicato il fatto che gli agenti della vigilanza urbana erano intervenuti in piena autonomia, cioè non in funzione di appoggio alle forze dell’ordine (vedi anche la news su questo blog del 6-12-2007).
Ebbene, la risposta dell’assessore conferma anzitutto che lo sgombero era stato realizzato in piena autonomia dalla P.L., cioè “direttamente, da sola”. Tuttavia, ritiene che tale intervento autonomo non sia in contrasto con le vigenti leggi nazionali, che assegnano la gestione dell’ordine pubblico agli organi di polizia dello Stato, né con le leggi regionali, che riconoscono alla P.L esclusivamente “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza”.
L’argomento invocato per giustificare tale impiego della vigilanza urbana risiede nella considerazione che si era trattato di un intervento relativo a un fenomeno di abusivismo di “piccole dimensioni”. Cita a sostegno di questa tesi altresì una circolare del Prefetto di Milano, del 16 novembre scorso, in cui effettivamente si riconosce alla P.L. la facoltà di poter procedere in autonomia all’”allontanamento forzoso di persone” in certe condizioni.
Insomma, la tendenza alla militarizzazione dei vigilanza urbana e alla sua trasformazione in polizia del sindaco, invocato da amministratori sia di destra che del Pd, continua imperterrita, anche a costo di interpretazioni della legge a dir poco discutibili. Questo e non altro significa, infatti, voler distinguere le funzioni di pubblica sicurezza e di ordine pubblico da quelle che non lo sono in base a un criterio meramente quantitativo, cioè in base alla “dimensione” dell’intervento repressivo.
Qualcuno potrà dire che si tratta di piccole cose e che non vale la pena perderci tempo, ma noi pensiamo che l’esperienza insegni che spesso sono proprio i “dettagli” a dare la misura delle involuzioni in atto in materia di sicurezza e securitarismo.
qui sotto puoi scaricare sia l’interrogazione, che la risposta dell’Assessore
Formigoni predica bene, ma razzola male. Mentre risuonano ancora le sue parole di mezza presa di distanza dallo sgombero della baraccopoli della Bovisasca, stamattina è piombato in Consiglio un provvedimento della Giunta regionale, di segno diametralmente opposto.
Infatti, la Commissione II era chiamata ad esprimere il suo parere sulla delibera di Giunta che definisce “criteri e priorità per l’assegnazione del finanziamento ai progetti in materia di sicurezza urbana” per il biennio 2008-2009. In altre parole, si tratta dei finanziamenti regionali da destinare alle polizie municipali, in base ai progetti presentati dagli enti locali, dall’importo compreso tra 30mila e 500mila euro.
Ebbene, la delibera introduce una novità rispetto al biennio precedente, cioè la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei progetti finanziati in base a una serie di indicatori. E che indicatori! Infatti, accanto a quelli sacrosanti, come il numero di controlli di sicurezza sui luoghi di lavoro o quello dei controlli con l’alcooltest, abbiamo trovato delle voci più che sconcertanti, come il “numero di sgomberi di campi nomadi effettuati” e il “numero di soggetti irregolari extracomunitari fotosegnalati”.
E allora cerchiamo di capirci. Per fare punteggio e avere una valutazione positiva dell’investimento, le vigilanze urbane dovrebbero sgomberare tanti rom - a prescindere da dove finiscono- oltre che rincorrere tutte le persone con sembianze non italiane e fotografarle, nella speranza di individuare tanti irregolari. Altro che sicurezza urbana, qui siamo all’istigazione alla xenofobia istituzionale!
E tanto per ribadire il concetto, il documento elencava, sotto la voce “sviluppo di iniziative per interventi di mediazione culturale e reinserimento sociale”, i seguenti acquisti finanziabili: “monitor, videoproiettori, videocamera digitale, macchina fotografica digitale”. Cioè, l’inserimento sociale si fa con le foto segnaletiche?
Che non si trattasse di bazzecole, è stato poi confermato dal diffuso imbarazzo che si è fatto largo in Commissione in seguito alle nostre veementi proteste. E così, è seguito lo stralcio totale dell’indicatore sugli immigrati da fotosegnalare, la riscrittura di quello sugli sgomberi, con la sostituzione del criterio etnico “campo nomadi” con quello di “insediamenti abusivi”, e la cancellazione delle videocamere e macchine fotografiche dagli strumenti finanziabili per il “reinserimento sociale”. Una scelta condivisa all’unanimità dalla Commissione, compresi i consiglieri di Lega e An.
La nostra opinione sull’insieme del provvedimento rimane negativa, poiché si continua a stimolare la trasformazione delle vigilanze urbane in una sorta di polizia del sindaco. Ma aver evitato l’introduzione dei criteri etnici voluti dalla Giunta regionale è sicuramente una piccola vittoria di civiltà, che fa onore al Consiglio.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Non vedo, non sento, non parlo. Sembra essere questo il senso della risposta dell’Assessore regionale alla polizia locale, Massimo Ponzoni, alla nostra interpellanza del gennaio scorso sul Consorzio del Corpo di Polizia Intercomunale dei Colli (Bg).
Una risposta strana, quella pervenutaci oggi, diversa da molte altre, che solitamente si basano su una raccolta di informazioni in loco. In questo caso, invece, l’assessorato non solo afferma di non essere a conoscenza dei fatti, ma soprattutto che non intende promuovere specifici accertamenti, come aveva richiesto la nostra interpellanza. Anzi, rimanda semplicemente alle ordinarie verifiche previste dalla legge, che possono tardare anche anni e che si basano sull’esame della rendicontazione fornita dal Consorzio.
Eppure, quanto denunciato dalle organizzazioni sindacali dei vigili urbani e ripreso in più occasioni dalla stampa locale, di ordinario non ha proprio nulla. Riguarda, per citare solo alcuni esempi, un turn-over di personale assolutamente fuori dalla norma, un ricorso a rapporti di lavoro precari sproporzionato e l’acquisto di costose apparecchiature poi rimaste sostanzialmente inutilizzate. (vedi anche news su questo blog del 7/1/08)
Ma la stranezza della risposta appare ancora più evidente se consideriamo il fatto che il Consorzio è stato beneficiario di cospicui finanziamenti regionali. Infatti, come conferma l’assessorato, questi ammontano a ben 1.239.004 euro nel periodo 2000-2007.
In altre parole, sebbene Regione Lombardia avesse concesso al Consorzio un consistente finanziamento pubblico, l’assessore non ritiene opportuno né acquisire informazioni, né promuovere accertamenti specifici.
Delle due l’una: o le denunce sono inconsistenti e non corrispondono al vero e allora Regione Lombardia lo dica formalmente, oppure le denunce non sono campate per aria e in tal caso occorre intervenire con urgenza, accertando le eventuali responsabilità. Ma, l’unica cosa non ammissibile è che, di fronte a oltre 1,2 milioni di euro di finanziamenti regionali, l’assessore si chiami fuori.
Riteniamo che tutto ciò non sia serio e responsabile, anzitutto nei confronti dei cittadini dei Comuni coinvolti e degli operatori della Polizia Locale del Consorzio. Pertanto, chiediamo nuovamente che il governo regionale contribuisca, nell’ambito delle proprie competenze, a fare chiarezza in tempi brevi e certi.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza e la risposta dell’assessore
Le continue capriole politiche del Presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, sembrano averlo portato finalmente a destinazione. Ormai parla come un leghista doc, anzi di più, poiché chiede la cacciata dei rom non solo dalla città di Milano, bensì dall’intera area metropolitana.
In questi giorni di annunci di pacchetti sicurezza e di poteri speciali per i Prefetti, tutti sembrano parlare in coro, non si riesce più a distinguere le voci, se non per l’ignobile gara tra chi la spara più grossa. Ma la cosa che colpisce maggiormente è che nessuno sembra più interessato a trovare soluzioni ai problemi e tanto meno a interrogarsi su dove possa portare questo continuo soffiare sul fuoco.
Ormai siamo al trionfo dell’ipocrisia e del più puro degli opportunismi politici, nel tentativo di rincorrere le destre sul loro terreno. Difficile pensare che le parole di Penati, che sostengono l’esatto contrario di quanto diceva fino a un anno fa, siano ispirate a profonde meditazioni sul merito della questione e non, molto più banalmente, all’avvicinarsi della scadenza elettorale del 2009 e all’illusione di poter salvaguardare in questo modo la propria poltrona.
E non si tratta soltanto del Presidente della Provincia, bensì di un vero e proprio smottamento politico. Per averne conferma, basta volgere lo sguardo a un comune dell’hinterland come Rozzano, dove un sindaco di centrosinistra fomenta le ronde e il locale “assessore alla pace” le capeggia.
La netta vittoria elettorale del centrodestra e la centralità del discorso sulla sicurezza testimoniano una forte egemonia culturale delle destre, così come la gravità del fallimento dell’esperienza governativa del centrosinistra, incapace di offrire risposte reali ai lavoratori e ai ceti popolari colpiti dalla crisi. Ma concludere, ora, che la soluzione del problema stia nell’assomigliare alla destra e nell’abbandonarsi al gattopardismo significa semplicemente cacciarsi in un vicolo cieco, poiché, come dimostra l’esperienza, alla fine si sceglierà sempre l’originale e non la fotocopia, specie se quella dimostra di non disporre nemmeno di un po’ di coerenza.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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