Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Al di là di quello che accerterà o meno la magistratura, risulta evidente che l’arresto dell’Assessore Prosperini apre definitivamente una questione morale grande come una casa, figlia di 15 anni di occupazione continua del potere e di conseguente commistione tra affari pubblici e privati. Proprio per questo e per la gravità delle accuse e dei riscontri mostrati dal Gip, vi è una improrogabile necessità di parole e atti inequivocabili da parte del Presidente della Regione.
E il primo atto urgente e doveroso è la revoca della delega (Giovani, Sport, Turismo e Sicurezza) a Pier Gianni Prosperini, la sospensione in via cautelare del direttore generale e l’apertura di un’indagine interna.
Ci aspettiamo pertanto che domani il Presidente Formigoni si presenti in Aula consiliare per annunciare questi provvedimenti.
Non vogliamo nemmeno immaginare che si voglia ripetere l’atteggiamento indecoroso e irresponsabile tenuto questa mattina, quando il Presidente era assente dall’Aula, ufficialmente perché doveva inaugurare un reparto di un ospedale, ma in realtà perché teneva una conferenza stampa qualche piano più in sù, criticando la magistratura per l’arresto “non sufficientemente motivato”.
Se invece il centrodestra vorrà replicare l’atteggiamento di oggi, limitandosi ad esprimere solidarietà a Prosperini, ebbene, sia ben chiaro, che nessuno ci chieda più di abbassare i toni.
Riteniamo, infatti, determinante l’atteggiamento che si vorrà assumere sulla vicenda Prosperini, poiché essa è il fedele specchio della confusione tra interesse generale e interesse privato che regna al Pirellone.
Intervenire, sul piano politico, culturale ed amministrativo, per ristabilire moralità e, dunque, separazione tra pubblico e privato, è oggi in Regione Lombardia una priorità assoluta. Non sappiamo se Formigoni abbia la volontà o la possibilità di farlo, visto che siede sulla stessa poltrona da 15 anni e si candida ora per il ventennio, ma sappiamo che non c’è alternativa, a meno che non si voglia che l’istituzione venga sommersa dagli avvisi di garanzia e dalla perdita di credibilità.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Formigoni ha scelto di alzare un po’ di polvere con dei paragoni arditi, come quello tra il caso Prosperini e quello Garlasco, per tentare di mascherare la sostanza del suo intervento di stamattina in Consiglio regionale, consistente in una retromarcia rispetto alle incaute e spavalde dichiarazioni di ieri, che accusavano la magistratura di aver effettuato un arresto “non motivato”.
Infatti, quelle accuse non sono state ripetute e, in cambio, Formigoni ha annunciato di aver disposto una serie di misure, in parte già note da ieri pomeriggio, che di fatto indicano che il governo regionale sta mettendo le mani avanti, dopo la lettura delle motivazioni del Gip. Cioè, nell’ordine: ritiro delle deleghe a Prosperini, indagine interna supplementare sull’assegnazione della pubblicità dell’assessorato e fermo amministrativo dei contratti ancora in essere.
Insomma, altro che “giustizia ad orologeria”. Siamo invece di fronte ad un ulteriore –e questa volta pesante- avvisaglia che al Pirellone c’è una questione morale, che richiede ben altro che l’odierna difesa d’ufficio di Formigoni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Anche la più scapestrata delle repubbliche presidenziali si tiene stretta una regola d’oro: nessun presidente può fare più di due mandati. Ma qui siamo in Lombardia, c’è sì il presidenzialismo, ma non quella regola d’oro, visto che praticamente nessuno si scandalizza che Roberto Formigoni ora corra per il 4. (quarto) mandato consecutivo. Eppure, ce ne sarebbe di cui preoccuparsi, perché qui, dopo 15 anni di ininterrotta occupazione di potere da parte di Comunione e Liberazione, la confusione tra privato e pubblico, tra partito e istituzione è ormai totale.
E così, succede pure che i capi dell’amministrazione regionale non riescano neanche più a distinguere i ruoli delle diverse parti sociali e che si mettano a organizzare direttamente una petizione tra il personale, al fine di ribaltare ex post l’esito sgradito della consultazione dei lavoratori sul contratto decentrato.
Ma vediamo la dinamica dei fatti. Nell’ultima settimana di gennaio si erano tenute 12 assemblee del personale, convocate per decidere se l’ipotesi di contratto decentrato, firmato da sole 3 sigle sindacali sulle 7 presenti nell’ente, andava bene o no. La maggioranza dei lavoratori ha però detto di “no”.
A questo punto, come insegna la logica, l’esperienza e il buon gusto, ci sono soltanto due possibili strade. Si riapre la trattativa con l’amministrazione oppure, se si ritiene che sia necessaria una consultazione più ampia, si convoca un referendum tra i lavoratori.
Invece no, non è accaduta né l’una, né l’altra cosa, ma a partire dal 1° febbraio è iniziata a circolare sui computer dei dipendenti regionali una curiosa raccolta firme per una petizione che chiede di ignorare il risultato delle assemblee e di applicare l’intesa bocciata. I toni sono i soliti delle polemiche sindacali -cioè se non si firma quella intesa così com’è, allora non avrai nulla ecc.-, con l’aggiunta creativa che se almeno 500 lavoratori sottoscriveranno la petizione, l’esito delle assemblee verrebbe annullato.
Ora, è già piuttosto curioso che alcuni sindacalisti battuti nelle assemblee, si inventino petizioni, invece che fare un referendum democratico, ma se poi si scopre che entra in campo direttamente addirittura la controparte, per dare una mano alla raccolta firme e facendo intendere che con 500 firme sono disposti a truccare il gioco, allora siamo al di là del bene e del male. Siamo, appunto, alla degenerazione prodotta da 15 anni di occupazione del potere.
Infatti, oltre le molte denunce, di fonte sindacale, circa un coinvolgimento diretto dell’amministrazione nell’operazione, ci sono anche degli elementi più concreti, come i messaggi che invitano a firmare la petizione, provenienti direttamente dall’indirizzo di posta elettronica di una funzionaria dell’ufficio personale, peraltro addetta alle relazioni sindacali e regolarmente presente al tavolo delle trattative per conto dell’amministrazione.
Insomma, una vicenda che, nelle sue modalità illecite, ricorda molto quella del convegno con il Ministro Gelmini dell’ottobre 2008, poi annullato in seguito alle nostre denunce, quando l’ufficio personale tentò di precettare 150 dipendenti in orario di lavoro per fare la claque al Ministro.
La morale di questa storia è che il ventennio ciellino è insostenibile. Ma la conclusione immediata è che Formigoni deve dire ai suoi di rispettare le regole, almeno quelle minime. E, soprattutto, che le decisioni dei lavoratori, anche se non piacciono alla corte del principe, vanno rispettate.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Formigoni e le destre trascinano la questione morale dentro una campagna elettorale già segnata da quindici anni di occupazione del potere, da parte dello stesso Presidente e della stessa lobby politico-affaristica, proiettando così pesanti interrogativi sulla prossima legislatura. Questo e non altro significa il via libera di Berlusconi alle liste del Pdl in Lombardia.
Eppure, proprio quando le vicende giudiziarie mostrano anche ai più riluttanti che in questa regione c’è una questione morale grande come una casa, oggi sarebbe necessario un segnale chiaro, netto e inequivocabile, che si intende reagire e fare un po’ di pulizia. Invece no, la montagna partorisce un topolino e ai grandi annunci berlusconiani delle “liste pulite” segue il nulla del “non abbiamo inserito nelle liste nessuna persona che ha un processo in corso”. Un po’ poco, dato che la politica è cosa diversa dal codice penale.
Vediamo ad esempio lo scandalo delle bonifiche, che aveva portato in carcere Rosanna Gariboldi, ex-assessore provinciale a Pavia e moglie di Giancarlo Abelli, ex-assessore regionale e uomo di fiducia di Formigoni divenuto deputato e dirigente nazionale del Pdl dopo le ultime elezioni politiche.
Ebbene, la Gariboldi ha patteggiato, cioè ha ammesso la sua colpa. Abelli, invece, non è stato indagato, ma i suoi strettissimi rapporti con Grossi, l’imprenditore dei fondi neri delle bonifiche, sono diventati di pubblico dominio. Non solo passavano le vacanze insieme, ma l’On. Abelli aveva a sua personale disposizione la Porsche di Grossi.
Non contento, mentre faceva il deputato, beninteso, Abelli poteva disporre anche dell’auto blu (con autista) del Presidente della Regione, Formigoni, nonché di un ufficio al Pirellone. L’avevamo scoperto noi e la risposta alla nostra interrogazione, del 2008, ce lo confermò. Facemmo subito una seconda interrogazione, chiedendo di avere copia del “contratto di collaborazione a titolo gratuito”, che secondo l’Assessore Colozzi giustificava il tutto. Nonostante i ripetuti solleciti, compreso un richiamo formale al Presidente del Consiglio Regionale, dopo un anno e mezzo stiamo ancora aspettando una risposta. Insomma, che cavolo ci faceva Abelli con l’ufficio e l’auto blu del Presidente della Regione?
Ma i collegamenti tra scandalo bonifiche e governo regionale non finiscono qui, perché ben due assessori in carica, Ponzoni e Buscemi, erano soci in affari con “lady Abelli”, cioè la Gariboldi, fino a pochi mesi prima che esplodesse lo scandalo.
Abelli, Ponzoni e Buscemi, oggi vengono tutti candidati dal Pdl alle regionali con la benedizione di Formigoni e Berlusconi. Anzi, Abelli dice addirittura di avere già in tasca un assessorato. Beninteso, nessuno dei tre risulta inquisito per lo scandalo delle bonifiche e non sappiamo se quanto abbiamo esposto ha o avrà rilevanza giudiziaria. Ma di una cosa siamo certi, cioè che queste cose hanno grande rilevanza politica e morale, specie in questo momento, perché testimoniano di un intreccio insano tra politica e affari, tra cosa pubblica e interessi privati. Un tema su cui potremmo raccontare tante altre storie, del passato e del presente. Ma ci fermiamo qui, per ora.
Morale: altro che “liste pulite”. Se queste sono le premesse, la prossima legislatura è sin d’ora a rischio fine anticipata, causa indagini.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
L’accordo di patteggiamento di 3 anni e 5 mesi di reclusione per Prosperini, raggiunto oggi tra la difesa dell’ex-assessore regionale e i Pm, conferma che al Pirellone esiste una questione morale grande come una casa.
Infatti, patteggiare non significa affatto essere mezzi innocenti, come a volte si cerca di far credere. Anzi, patteggiare significa ammettere di essere colpevoli –in questo caso di corruzione, turbativa d’asta e truffa- e rinunciare dunque al processo, puntando così ad ottenere un pena più lieve.
Ricordiamo questa elementare verità, perché da queste parti ancora riecheggiano le parole del Presidente Formigoni, pronunciate in Consiglio regionale il 18 dicembre scorso, il quale difese Prosperini paragonando il suo caso a quello Del Turco (finito con un’assoluzione) e con quello di Garlasco.
Noi criticammo aspramente le parole di Formigoni e gli applausi a scena aperta del centrodestra in Aula. E in cambio collezionammo un sacco di insulti da parte della maggioranza.
Ora la vita e la giustizia si sono incaricati a fare chiarezza. Forse, a questo punto, Formigoni deve qualche scusa. E soprattutto, dia da subito delle garanzie chiare e nette rispetto alla trasparenza e la moralità della prossima giunta regionale, qualora egli dovesse vincere le elezioni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Ecco due dei tanti lanci delle agenzie di stampa sul patteggiamento:
TANGENTI: PROSPERINI PATTEGGIA A 3 ANNI E 5 MESI, A REGIONE CIRCA 400 MILA EURO
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - Accordo raggiunto tra i magistrati milanesi e la difesa di Piergianni Prosperini, l'ex assessore della Regione Lombardia arrestato per corruzione nell'ambito di un'inchiesta sul marketing del turismo regionale, per un patteggiamento a 3 anni e 5 mesi piu' altri 1.500 euro di multa.
Nell'intesa tra le parti, inoltre, e' stato pattuito un risarcimento di circa 400.000 euro a favore della Regione Lombardia. Intanto i legali dell'ex assessore hanno chiesto la revoca della misura cautelare in carcere con i domiciliari. Richiesta sulla quale i pm hanno dato parere favorevole.
(Cri/Zn/Adnkronos)
12-MAR-10 16:01
NNNN
Omnimilano-PROSPERINI, NO RISARCIMENTO MA CONFISCA PER 400MILA EURO
(OMNIMILANO) Milano, 12 mar - L'accordo di patteggiamento a 3 anni e 5 mesi di reclusione di Pier Gianni Prosperini non prevede il risarcimento di 400mila euro, ma in caso di accoglimento da parte del gup Gloria Gambitta determinerà la confisca della stessa cifra. È quanto si apprende in merito all'accordo tra accusa e difesa depositato oggi nella cancelleria dell'Ufficio gip.
Dei 400mila euro, 230mila corrispondono ai cinque conti correnti dello stesso valore della tangente contestata all'ex assessore sequestrati il 18 dicembre. Il resto corrisponde agli assegni contenuti in cinque cassette di sicurezza, pure sequestrate.
Abe
121625 mar 10
L’arresto del segretario personale di Prosperini testimonia il rapido allargamento dell’inchiesta a nuovi fatti criminosi, come quelli sui rapporti ambigui tra l’ex assessore e il regime dittatoriale dell’Eritrea, consumati sempre negli uffici dell’assessorato regionale.
Appare, dunque, sempre più incredibile e insostenibile l’assordante silenzio da parte di Formigoni, che rischia di rasentare la complicità se non interviene un’urgente iniziativa ufficiale da parte della Presidenza della Regione.
Il 18 dicembre scorso, cioè a meno di 48 ore dall’arresto di Prosperini, nel suo intervento in Consiglio regionale, Formigoni non solo paragonò il suo assessore ad Alberto Stasi e Ottaviano Del Turco, tutti e due assolti nei rispettivi processi, ma dichiarò altresì la totale estraneità dell’apparato regionale rispetto a ogni eventuale fatto illecito.
Insomma, un’inchiesta interna superveloce, che ha portato all’autoassoluzione lampo dei vertici politici e amministrativi di Regione Lombardia.
Ebbene, quanto sta emergendo in questi giorni, con il patteggiamento e l’allargamento dell’inchiesta ad altri reati, consumati sempre negli uffici di Prosperini al Pirellone, rende sempre più incredibile l’autodifesa e l’autoassoluzione di Formigoni.
Ma com’è possibile che tutte queste cose potessero accadere, nonostante la Guardia di Finanza abbia perquisito gli uffici dell’assessorato già un anno prima dell’arresto, senza che nessun assessore e nessun dirigente centrale si rendesse conto di nulla?
Delle due l’una: o il sistema dei controlli è assolutamente inefficace e inconsistente oppure esiste un’omertà all’interno dei vertici politici-amministrativi di Regione Lombardia.
Riteniamo pertanto che sia indispensabile un’iniziativa urgente del Presidente Formigoni, tuttora in carica, perché venga avviata immediatamente un’inchiesta interna, a 360 gradi, la cui direzione sia affidata a personalità e tecnici indipendenti.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Qui sotto uno dei lanci di agenzia sull’arresto odierno del segretario personale di Prosperini:
TANGENTI:SEGRETARIO PROSPERINI ACCUSATO DI ESSERE 'SPALLONE'
(ANSA) - MILANO, 16 MAR - Il segretario dell'ex assessore regionale lombardo Pier Gianni Prosperini, Jonatha Soletti, finito oggi agli arresti domiciliari per riciclaggio, avrebbe
fatto da 'spallone' portando in Italia circa 800 mila euro in contanti, che erano depositati su un conto svizzero riconducibile al politico, arrestato nel dicembre scorso per un giro di mazzette sulla promozione televisiva del turismo.
Tra il 2008 e il 2009, stando alle indagini coordinate dai pm di Milano Alfredo Robledo e Paolo Storari e all'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Andrea Ghinetti, Soletti, 44 anni e segretario personale di Prosperini (ma non dipendente della Regione), avrebbe ritirato circa 800 mila euro da una società di servizi svizzera, la Silgocom, che aveva il compito di 'monetizzare' i soldi depositati su un conto fiduciario elvetico riconducibile all'ex assessore. Sarebbero state proprio le dichiarazioni di un funzionario della società svizzera a mettere gli inquirenti sulle tracce di Soletti.
A quanto si e' appreso, Soletti avrebbe fatto da 'spallone', prendendo fisicamente i contanti e portandoli in Italia. Dei soldi però si e' persa traccia. A Prosperini, nel filone principale dell'inchiesta, viene contestato di aver incassato 230 mila euro come mazzetta per la promozione del turismo. Soldi che sono stati sequestrati al fine della confisca sulla stesso
conto svizzero dove erano presenti anche gli altri 800 mila euro di depositi. Prosperini, nei giorni scorsi, ha raggiunto un accordo con la Procura per patteggiare 3 anni e 5 mesi per le accuse di corruzione, truffa e turbativa d'asta. E il gip Ghinetti nelle prossime ore dovrebbe decidere sull'istanza di concessione dei domiciliari per l'ex assessore. Prosperini
risulta, pero', indagato anche per corruzione internazionale per aver mediato nella vendita di alcuni pescherecci al governo eritreo. E, secondo l'accusa, per quella mediazione avrebbe incassato proprio 800 mila euro.
Inoltre, come riporta oggi La Repubblica, il nome di Prosperini emergerebbe anche in una recente inchiesta del procuratore aggiunto Armando Spataro, su un traffico di armi verso l'Iran. (ANSA).
Y6N-FL/LP
16-MAR-10 13:36 NNNN
Questa mattina, l’ex assessore regionale Prosperini, agli arresti domiciliari, ha tentato il suicidio nella sua abitazione di corso Garibaldi a Milano. Allo stato è ricoverato in ospedale e non è grave. Ecco di seguito il nostro comunicato sull’accaduto:
Ci dispiace di fronte a ogni tentativo di togliersi la vita, anche se non va oltre un codice verde, e sentiamo rispetto e umanità per la persona. Ma non per questo possiamo assolvere Prosperini e tanto meno riteniamo che ora sia lecito chiedere clemenza per lui.
Anzi, auspichiamo che Prosperini trovi la forza di affrontare le sue responsabilità con dignità e che non cerchi la fuga in un gesto inconsulto.
Prosperini non ha il diritto di chiedere clemenza, perché egli non ha mai concesso clemenza a nessuno. Ha insultato e offeso le persone soltanto perché immigrate, gay o di un'altra religione. Egli ha istigato all’odio con scientifica determinazione e ha condannato senza processo. Ha chiesto punizioni esemplari per delle quisquilie.
L’ex assessore è amico del dittatore eritreo, ha trafficato con lui (e anche per questo è indagato) ed è andato a cena con lui. Prosperini ha insultato e minacciato i profughi eritrei di Milano, quando hanno protestato perché costretti a dormire per strada, fregandosene allegramente del fatto che quegli uomini e quelle donne erano profughi grazie alla feroce repressione del suo amico dittatore.
Prosperini ha diritto alla pietas, cioè a quella cosa che lui ha sempre negato agli altri, ma lui non ha diritto alla clemenza.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
L’indagine per corruzione nei confronti dell’ex-assessore e attuale consigliere regionale del Pdl, Massimo Ponzoni, è uno scandalo ampiamente annunciato e l’unica cosa che sorprende è che egli sia stato eletto, soltanto due settimane fa, nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio senza che nemmeno l’opposizione sollevasse la sua protesta.
Insomma, il problema non è chiedere oggi le sue dimissioni, cosa peraltro sacrosanta e doverosa, bensì affrontare di petto e senza ulteriori tentennamenti la questione morale che Formigoni e Lega hanno trascinato nella quarta legislatura dell’era formigoniana. Cioè, l’opposizione appare in questo inizio legislatura troppo timida e conciliante.
Eppure, tutto quanto era già scritto. Lo sapevano anche i sassi che, una volta passate le elezioni, i magistrati avrebbero ripreso il loro lavoro e che proprio Ponzoni si trovava nell’occhio del ciclone. Non per quel comprovato abuso edilizio dell’allora assessore all’ambiente, bensì per i suoi molteplici affari con la moglie di un altro ex-assessore regionale, nonché deputato del Pdl, Giancarlo Abelli.
Infatti, Ponzoni e altri politici del centrodestra lombardo (Buscemi e Pozzi), oltre ad occuparsi di politica, erano anche soci in affari con lady Abelli. Tutte queste cose emersero in seguito all’arresto della moglie di Abelli per lo scandalo delle bonifiche. Non a caso, l’attuale indagine di corruzione nei confronti di Ponzoni è un filone che affonda le sue origini in quella vicenda
Lo stesso centrodestra, al di là dei proclami pubblici, è peraltro ampiamente consapevole della delicatezza della situazione. Proprio per mettere in salvo la sua persona e il suo sistema di potere, Formigoni ha sacrificato due uomini legati strettamente a lui, ma a rischio: Massimo Ponzoni, al quale è stata negata la riconferma come assessore, e Giancarlo Abelli, ex-signore delle nomine nella sanità lombarda per conto di Formigoni, che si è già dimesso da consigliere regionale, per continuare a fare il deputato a Roma, cioè lontano da Milano.
Infine, potremmo ricordare il silenzio pubblico imposto già durante la campagna elettorale sulla vicenda Prosperini, il quale sembra aver fatto la fine di quei oppositori di Stalin, che furono eliminati persino dalle fotografie. Insomma, non sono mai esistiti…
Tuttavia, la questione morale aperta al Pirellone non si limita, ahinoi, a quanto ricordato. E i guai giudiziari non finiranno qui. Ma anche questo dovrebbero saperlo tutti gli addetti ai lavori. La domanda è dunque se tutto il lavoro debba essere lasciato alla sola magistratura oppure se la politica intende fare la sua parte attiva.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Vi ricordate della vicenda dell’indennità ex-legge regionale 38/81, di cui più volte abbiamo parlato su questo blog?
Si tratta di quella strana storia per cui, in spregio al buon senso, all’equità e alle sentenze della magistratura, Regione Lombardia aveva deciso, prima, di non erogare più ai propri dipendenti un’indennità da loro maturata e a loro quindi dovuta e, poi, dopo tanti anni e tanti pronunciamenti in sede legale, di concedere l’erogazione, ma solo nella misura del 75%. Comunque, se volete approfondire l’argomento o rinfrescarvi la memoria, rileggetevi alcuni post vecchi di questo blog, in particolare questo e quello (che contengono una spiegazione della questione e della truffaldina mossa passata in Consiglio regionale), oppure anche questo, relativo alle indebite pressioni esercitate sui dipendenti regionali perché accettassero la soluzione del 75%.
Ebbene, ora che vi siete rinfrescati la memoria, arriviamo al punto. È passato quasi un anno dall’imposizione della norma del 75% e nel frattempo molti/e dipendenti regionali, in servizio o in pensione, hanno ceduto alle pressioni e accettato il 75% (e, di conseguenza, rinunciato a ogni rivendicazione presente e futura sul 100% di quanto dovuto). Ma qualcuno non ha voluto cedere, come quelle due lavoratrici, sostenute dal sindacato SdL intercategoriale (ora Usb), alle quali il giudice del lavoro del Tribunale di Milano ha comunicato ieri che hanno pienamente ragione. Cioè, il magistrato ha condannato l’amministrazione regionale lombarda a pagare non soltanto il 100% del dovuto, ma anche tutte le spese legali.
Sebbene siamo ancora in attesa della motivazione del giudice, che come sempre tarda una pochettino, ci pare sin d’ora una sentenza di estrema importanza, perché ribadisce il ragionamento già fatto a suo tempo dalla Corte di Cassazione in presenza delle modifiche di legge regionale pienamente vigenti. In altre parole, è stato confermato esattamente quanto avevamo sostenuto nel corso nostra battaglia in Consiglio regionale: quella del 75% era da interpretarsi unicamente come una “possibilità”, ma non certo come un’alternativa obbligatoria al 100%. Tutto il resto erano soltanto bugie e pressioni indebite contro i lavoratori e le lavoratrici.
Questa sentenza ristabilisce la giustizia e sbugiarda quanti ai vertici dell’amministrazione lombarda, anzitutto a livello politico, hanno voluto, approvato e gestito questa norma truffaldina. Ma purtroppo arriva troppo tardi per molti dipendenti o pensionati, che hanno già accettato “liberamente” –a volte su consiglio persino di qualche sindacalista poco serio- l’erogazione di cifre inferiori a quella che a loro spettava di diritto.
Benvenuti nel paese dell’ipocrisia e del doppiopesismo!
Per esponenti di primo piano del governo di centrodestra, oltre che per Marchionne, ovviamente, una delle prove più schiaccianti della tendenza al fancazzismo e all’assenteismo degli operai italiani della Fiat sarebbe la loro pretesa di poter guardare le partite della nazionale di calcio, invece di lavorare.
In seguito alla partita Italia-Paraguay erano volate parole grosse, in particolare sugli operai Fiat di Termini Imerese, ma Marchionne aveva subito specificato che il discorso valeva per tutte le fabbriche italiane della Fiat.
Erano i giorni che precedevano il referendum voluto dalla Fiat a Pomigliano e dipingere gli operai come fannulloni sembrava un’ottima maniera per vendere all’opinione pubblica un volgare ricatto come se fosse un’opera di beneficenza.
Ora il referendum è passato e arriva la prossima partita della nazionale. E, guarda un po’, laddove comanda incontrastato quel centrodestra che aveva sostenuto le accuse di Marchionne con la bava alla bocca, viene ritenuto assolutamente normale anticipare di un’ora la fine del lavoro, derogando così al normale orario di lavoro, e mettere a disposizione dei propri dipendenti una sala e uno schermo per vedersi la partita Italia-Slovacchia di domani 24 giugno.
Infatti, con una nota inviata oggi a tutti i dipendenti, l’amministrazione di Regione Lombardia, ha annunciato che domani l’orario di lavoro obbligatorio terminerà eccezionalmente alle 15.30, anziché alle 16.30, e che l’Auditorium Giorgio Gaber, situato nel Pirellone, sarà a disposizione per vedere la partita. Ergo, l’amministrazione pubblica regionale domani si fermerà alle 15.30.
Beninteso, non ce l’abbiamo affatto con quella decisione, che anzi ci sembra persino ispirata al buon senso, visto il ruolo del pallone nel nostro paese, ma quello che riteniamo insopportabile è la nauseabonda l’ipocrisia di Formigoni, PdL e Lega, che farebbero bene a chiedere scusa ai metalmeccanici della Fiat.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
|